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Luca Molinari per la Stampa
«Nessun edificio veramente italiano è a disagio in Italia, collocato in modo naturale come le pietre, gli alberi e i declivi dei giardini che costituiscono tutt' uno con esso».
Nell' estate toscana del 1910, Frank Lloyd Wright, giovane architetto americano già considerato come uno dei pionieri della cultura moderna, si perdeva in lunghe passeggiate per le dolci colline tra Fiesole e Firenze.
Al suo fianco Mamah Borthwick Cheney, amante e compagna per cui Wright aveva abbandonato la famiglia a Chicago, scatenando uno scandalo che lo aveva costretto a soggiornare a lungo in Europa.
Si tratta di un' esperienza centrale in questo momento della sua vita, perché oltre a offrire una parentesi di pace e serenità personale, rappresenta la scoperta del nostro paesaggio e del Rinascimento che incideranno sottilmente su una visione dell' architettura che già aveva offerto prove di grande maturità, aprendo la strada a un' idea di modernità originale che avrebbe pesantemente influenzato il dibattito internazionale nei decenni a seguire.
Lungo tutto il secolo appena passato l' Italia è stata uno di quei luoghi in cui alcuni grandi architetti moderni hanno cercato ispirazione e contatto con quei caratteri originali necessari a sognare opere per un tempo nuovo, quasi a dispetto di un' ideologia della modernità che predicava il grado zero e l' annullamento di ogni tradizione.
Ed è proprio dal viaggio del 1910 che comincia la mostra «Frank Lloyd Wright tra Italia e America», che si apre oggi alla Pinacoteca Agnelli di Torino, dove resterà fino al 1° luglio, curata da Jennifer Gray in collaborazione con la Columbia University di New York. Si tratta di un percorso costruito in sei sezioni tematiche che si concludono con il secondo, importante passaggio del maestro americano in Italia in occasione del grande evento dedicato al suo lavoro nel 1951, a Firenze presso Palazzo Vecchio.
L' Italia e molti degli intellettuali e autori profondamente influenzati dall' opera di Wright diventano un' originale chiave di lettura per ripensare il pensiero e il lavoro di questo «campione» americano che sedusse l' Europa attraverso un ideale «organico» di architettura moderna che mutò radicalmente lo sguardo delle nuove generazioni di architetti.
L' appuntamento torinese è l' occasione per osservare da vicino una serie di progetti originali che raccontano uno dei disegnatori d' architettura più talentuosi e visionari del '900, ma anche per riprendere contatto con quelle opere che diedero forma concreta a una visione coraggiosa, marcata da un forte individualismo e dalla possibilità di costruire ambienti moderni, armoniosi e in diretto contatto con la natura.
Intuizione che si concretizzò inizialmente nella famosa serie delle «Praire House», abitazioni moderne costruite soprattutto nella periferia residenziale di Chicago all' inizio del '900, in cui linea orizzontale della casa, paesaggio circostante e spazi interni si fondono in un' unica visione.
Quest' intuizione diventa il primo vero contributo originale americano alla cultura figurativa del '900, e rappresenta l' alternativa a una lettura industriale, meccanizzata e standardizzata del Movimento moderno che si stava affermando in Europa, garantendo la possibilità di un dialogo originale tra essere umano, natura, progresso e forme dell' abitare.
L' ideale «organico» portato avanti da Wright si oppone a quella che Le Corbusier definisce come «la macchina per abitare», producendo effetti importanti in Italia e nel Nord Europa a partire soprattutto dal secondo dopoguerra. Quello che impressiona nel lungo percorso creativo di questo maestro dell' architettura moderna è la capacità di modellare coerentemente le opere progettate intorno a una visione radicale che non cerca mediazioni come per la Casa sulla Cascata del 1934, gli uffici per la Johnson Wax del 1936 o il Guggenheim Museum a New York realizzato tra il 1943 e il 1959.
Si tratta d' icone che ebbero un peso enorme sulla cultura europea e italiana del secondo dopoguerra che cercava opere moderne capaci di rappresentare la misura dell' uomo e costruire un dialogo inedito con il paesaggio naturale. Figure centrali come quella di Bruno Zevi, fondatore dell' Associazione per l' Architettura Organica e uno degli intellettuali centrali nella cultura italiana post-fascista, Giancarlo De Carlo, Carlo Scarpa e Giuseppe Samonà, architetti e professori raccolti nella Facoltà di Architettura di Venezia, sono tra gli autori maggiormente influenzati dal lavoro di Wright e ambasciatori della sua visione.
La mostra del '51 a Firenze è una delle tappe di un tour europeo che raccontava Wright come il campione delle libertà individuali e dell' American Way of Life in un clima montante da Guerra fredda. Ma la tappa italiana diventa un momento importante di ritorno alle origini e di messa a punto di una linea culturale ormai condivisa. Da Firenze Wright si sposta a Venezia, dove accetta l' incarico per la progettazione del Memoriale Masieri, un piccolo palazzo sul Canal Grande che viene progettato ma non sarà costruito. Un sogno italiano di modernità nel cuore della Laguna che rimane uno dei lasciti più emozionanti dell' opera di un autore che ha insegnato alla modernità a riconciliarsi con Madre Terra.
WRIGHT 2WRIGHT CASA SULLA CASCATA
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