Melania Mazzucco per Robinson - la Repubblica
VAN GOGH
Vincent van Gogh ha venduto un solo quadro nel corso della sua vita, La vigna rossa: Anna Boch lo comprò nel 1890 per quattrocento franchi dopo l’Expo di Bruxelles. Cento anni dopo, il Ritratto del dottor Gachet è stato acquistato per 82,5 milioni di dollari. E ormai il suo nome funziona come un brand: la mostra più visitata in Italia nel 2015 è stata “Van Gogh a Milano”.
E l’esibizione multimediale itinerante “Van Gogh alive — the experience” percorre il mondo dal 2011 e in venticinque città (da Singapore a Berlino, Seul, Medellín, Shanghai, Almaty, Firenze, Cracovia, solo per nominarne qualcuna) ha attirato tre milioni di persone. E trentaseimila l’hanno già visitata a Roma, dove è approdata appena un mese fa al Palazzo degli Esami.
vincent host di airbnb
Perfino in un triste lunedì di novembre condivido il percorso con una folla di famiglie, ragazzi, coppiette, pensionati, maestre, scolari.
Appassionati di van Gogh e profani, curiosi, scettici e ignari. Fin dall’ingresso veniamo invitati ad abbandonare “l’idea di camminare in punta di piedi nelle gallerie d’arte e di osservare le opere da lontano”, perché qui si propone una sinfonia di luci, colori e suoni che rivoluziona il modo di fruire dell’arte. L’inizio può sconcertare: la ricostruzione della camera del pittore è fasulla come una casa di bambola. I pannelli introduttivi, tradizionali, sono semplici e però singolarmente efficaci. La biografia di van Gogh in trenta righe, la riproduzione di quattordici quadri per raccontarne la sfortunata carriera. Forniti dei rudimenti indispensabili, entriamo nel cuore dell’esposizione e subito si fa silenzio.
Dimenticate gli schiamazzi e i commenti mortificanti dei visitatori davanti ai quadri nei musei: qui si tace. Il buio e l’oscurità inducono a un atteggiamento rispettoso, come a teatro o durante una cerimonia. In piedi, seduti sulle panche o sdraiati sui cuscini rossi, guardiamo le tremila immagini che i cinquanta proiettori ad alta definizione accendono sugli schermi disposti sulle quattro pareti. Praticamente tutte le opere che van Gogh ha dipinto fra il 1880 e il 1890 — la Camera ad Arles, la Sedia, il Caffè di notte, i Girasoli, gli Iris, la Notte stellata, Campo di grano con volo di corvi… — accostate per analogia cronologica, tematica o cromatica. Il cambio radicale di scala esalta i dettagli, la tecnologia, la brillantezza dei colori.
VAN GOGH 2
Scorrono sugli schermi in un flusso ritmato (ogni sequenza, o “movimento”, è preceduta da una breve didascalia che la colloca in un periodo e in luogo della vita dell’artista), accompagnate da frasi sulla vita, l’arte, l’amore, tratte dalle lettere di van Gogh. Le musiche di Vivaldi, Barber, Bach, Satie, Saint-Saëns (e degli altri autori della colonna sonora in surround), montate con abilità, indirizzano e guidano le emozioni. La proiezione non si interrompe mai, e chi vuole può godersela daccapo, soffermandosi sulle immagini (i quadri e i bellissimi disegni), le parole o la musica. Insomma, il visitatore trascorre un’ora o due, o quanto preferisce, con l’arte di van Gogh e in compagnia della “voce” che si leva dai suoi scritti, senza essere davanti a neppure uno dei suoi quadri.
Idea espositiva indubbiamente geniale, dati i costi di allestimento di una mostra vera (le difficoltà di spostare i quadri dai musei, assicurarli, muoverli) e destinata a un luminoso futuro. Infatti “Van Gogh alive” rappresenta il prototipo della “mostra senza quadri” e ha generato imitazioni e repliche. Non si contano più le installazioni multimediali a tema. Penso al “Caravaggio experience” di Palazzo delle Esposizioni e al “Jardín infinito” del Prado, immersione sensoriale nel Giardino delle Delizie di Bosch ideata dall’artista Álvaro Perdices e dal film-maker Andrés Sanz. Esse hanno spesso suscitato la diffidenza degli esperti. Che le accusano di commercializzare l’arte, banalizzandola ad attrazione da luna park. In effetti, il primo scopo dei produttori è esattamente questo.
La società che produce “Van Gogh alive” — l’australiana Grande Exhibitions — è specializzata nella “creation, design, production, commercialization and placement of select international traveling exhibition and fixed exhibition that have broad cultural appeal”. E infatti oltre al “Van Gogh alive” vanta una mostra sul pianeta degli squali e ha in cantiere “Alice nel paese delle meraviglie”. Nella schietta vocazione commerciale questa e le altre “mostre senza quadri” sono la versione aggiornata dell’American Museum di Barnum. Anche l’impresario americano esibiva nel suo “circo” qualunque cosa avesse broad cultural appeal.
Vera, falsa, o in copia virtuale: i “diorami” e “cosmorami” mostravano paesaggi, città e opere d’arte lontane che il pubblico di massa non avrebbe mai potuto conoscere. Inoltre la riproducibilità perfetta che giunge perfino a migliorare l’originale non è priva di conseguenze.
autoritratto di van gogh
Smaterializzata, separata dai supporti concreti (non esistono più tele, oli, vernici), sovvertita nelle dimensioni (non viene data nessuna idea delle misure reali dei quadri), l’arte di van Gogh procura un incantamento simile a quello del prigioniero di Platone davanti alle ombre nella caverna. Il rischio è che il visitatore scambi le ombre per la cosa, e preferisca il simulacro all’autentico.
Ma mi piace credere che potrebbe accadere il contrario. È l’idea dell’arte, non l’arte, che siamo invitati a riscoprire. E allora, vista la lontananza siderale che ormai ci divide dall’arte e dai suoi creatori, vista la nostra incapacità di decifrare un linguaggio di cui abbiamo perso il codice e la chiave, questo godimento estetico sensoriale, questa esperienza pedagogica che propone una didattica elementare e mira a risvegliare emozioni intorpidite, potrebbe essere, invece che dannosa, assai utile. Perché dell’arte ti lascia il desiderio e la nostalgia.
Alla maggior parte dei visitatori da me interpellati piacerebbe vedere coi propri occhi i quadri appena ammirati nella “caverna”. Se qualcuno un giorno lo farà, le ombre colorate avranno generato l’esperienza che promettono. Perché si può diffondere in surround il verso dei corvi e il battito delle loro ali: ma è un effettaccio, una trovata. Invece la visione ravvicinata dell’immagine fa capire che il grumo nero pennellato da un artista può far rabbrividire evocando, del volo dei corvi, il sinistro fruscio.
La pittura, ci ha insegnato Plinio nella Storia Naturale, è nata per tracciare il contorno di un’assenza. Paradossalmente, questi spettacoli di ombre (non chiamiamoli più mostre) riportano la pittura alla sua origine e forse alla sua essenza.
stanza van gogh su airbnb VAN GOGH VAN GOGH van gogh