Marco Giusti per Dagospia
THE IDOL
Cannes. Volano gli stracci contro “The Idol”, la nuova serie HBO di Sam Levinson con Lily-Rose Depp, Abel Tesfaye, Jennie Kim, presentato l’altra sera a Cannes e pesantemente massacrato dalla critica. Solo il 20% di gradimento su Rotten Tomatoes.
Ma sono più pesanti le accuse di misoginia, sordida fantasia maschilista, exploitation del corpo femminile (ti pareva), di megalomania del regista, che si crede Lars Von Trier (perché gli altri no?). Ma la voce più pesante è quella che riguarda la prima regista della serie, la Amy Seifitz di “The Girlfriend Experience”, che qualcuno di voi avrà visto, cacciata, si dice, perché vedeva la storia troppo dalla parte di lei e sostituita dallo stesso Sam Levinson di “Euphoria” che, assieme al protagonista, Abel Tesfaye, in arte The Weeknd, ha modificato il tutto e ne ha fatto quello che abbiamo visto.
THE IDOL
Insomma, un pasticcio. Anche se io me lo sono visto con gran piacere e se mi avessero invitato alla festa (no, non mi hanno invitato), avrei parecchio gradito. Anche perché ha portato, oltre ai cubetti di ghiaccio nelle mutande di Lily-Rose Depp, un po’ di vitalità alla situazione che oggi era piuttosto moscia.
THE IDOL
Ho visto anche un paio di film di Un Certain Regard. “Los colonos”/”The Settlers” di Felipe Cazals è una sorta di ambizioso horror storico sulla costruzione della nazione cilena ottenuta col sangue degli indios della Patagonia. Un film che è stato girato a pezzi e bocconi nel corso di nove anni, data anche la natura del set, cioè la Cordigliera delle Ande e l’Isola della Terra del Fuoco.
Los colonos - The Settlers
L’azione si svolge ai primi del 900 con un gruppo di tre personaggi, un soldato inglese che si fa chiamare Tenente, un killer di indiani americano e un mezzo indio, chiamato Segundo, che vengono mandati dal ricco padrone delle terre, Menendez, interpretato da Alfredo Castro, a sistemare il pericolo degli indios.
L’idea è quello del western truculento moderno e del picaresco alla Cormac McCarthy. Solo che per povertà di mezzi e complessità di riprese, il film alterna momenti incredibili di scene girate in questi posti incontaminati a una confusione narrativa dovuta a mancanza di scene di raccordo, scene che non finiscono, non costruzione di personaggi che rimangono per lo più stereotipi, come Segundo il Tenente. Una delle cose più belle del film è la lunga sequenza delle riprese mute del Cile durante il suo primo centenario.
Los colonos - The Settlers
Mi è sembrato decisamente più riuscito l’altrettanto interessante “Terrestrial Verses” scritto e diretto da due registi iraniani, Ali Asgari and Alireza Khatami, una serie di vignette a macchina fissa da Camera Café sulla realtà di Teheran in questo periodo complesso. Ma l’idea è quella di cercare anche in questa situazione pesante una sorta di commedia satirica, visto che le situazioni partono tutte o quasi da un’idea se non comica, almeno amaramente ironica legate alla morale e alla leggi del paese.
Un neo-padre all’anagrafe cerca di chiamare suo figlio appena nato col nome di David, ma il funzionario non può. David non rientra nell’elenco dei nomi permessi. Una ragazza è stata ripresa dalle telecamere mentre guidava la sua macchina senza hijab. Ma dalle riprese si vede che alla guida dell’auto c’è un uomo. Un altro ha una t-shirt con Mickey Mouse, cosa non gradita agli ufficiali, ma il corpo è tatuato con versetti.
Terrestrial Verses
Una signora non trova più il suo cane (in Iran non si potrebbero avere cani), un chihuahua, e chiede alla polizia di ridarglielo. E gliene danno un altro. Un regista che ha scritto un film dedicato all’odio per il padre, si vede cambiare tutto il copione da un funzionario censore che dovrebbe difendere il cinema.
Terrestrial Verses 3
Asgari e Khatami trovano il modo di fare dell’ironia su situazioni da Ai confini della realtà per noi occidentali, ma che sono assolutamente reali e dimostrano come sta vivendo in questi ultimi mesi l’Iran tra rivolta e repressione.
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