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LE LETTERE DI CORRADO AUGIAS
Da “la Repubblica”
Caro Augias, in Eva contro Eva di Mankiewicz, 1950, una giovane attrice disposta a tutto finisce tra le braccia di un potente critico teatrale. Trascorso oltre mezzo secolo non molto sembra cambiato, a parte che i critici contano meno di un assistente alla produzione e che se prima il valzer tra i letti prevedeva un minimo di talento artistico, oggi sapendoci fare, anche un cane riesce a fare una duratura carriera (non sembra vero quel che si dice sulle meteore incapaci, a giudicare dal riproporsi dei cast).
Preso tristemente atto che il fenomeno della violenza del più forte, o della prostituzione del più debole, questione tutta da chiarire, è vivo più che mai, un pensiero di solidarietà va a tutte e a tutti coloro che la loro ribellione al sistema l' hanno pagata da subito, tagliandosi fuori da un mondo che non accettavano. Per loro nessun titolo, nessuna intervista, ma l' anonimato di piccoli teatri di quartiere, se passione vera era, o di una vita familiare monotona e purtroppo, spesso abitata da altri compromessi.
Marco Lombardi - lombardimarco77@libero.it
Risposta di Corrado Augias
In una lontana intervista Marilyn Monroe confidò: «Quando ho cominciato questo mestiere ho passato un sacco di tempo in ginocchio, e non era per pregare». Sophia Loren: «Mi sono sposata per proteggermi, per non dover passare attraverso esperienze molto negative». Eccetera. Si potrebbe continuare, non c' è attrice che a un certo punto non abbia confidato quali strumenti di difesa aveva dovuto mettere in campo per riuscire a lavorare senza perdere troppo in dignità e autostima.
Ci sono anche casi diversi, però. Un regista di teatro da poco scomparso mi raccontò un giorno che un' attrice da lui convocata a Milano per un provino, al momento del classico salto in camerino, schivò la presa e disse: «Dottore, sono venuta qui solo per il provino ». Prese la borsetta e uscì. Non ebbe la parte (non ho capito se per il rifiuto o perché inadatta al ruolo) però il regista a distanza di anni raccontava ancora l' aneddoto con ammirazione, era stato l' unico rifiuto in una lunga carriera.
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Per la cronaca: l' attrice ha in seguito sposato un uomo ricchissimo e potente. Nel 1991 la Mondadori mandò in libreria un volume molto citato in questi giorni, non so quanto davvero letto, Il sofà del produttore. Lo pseudonimo Selwyn Ford maschera i nomi dei due veri autori. Quello che conta più del titolo è l' appropriato sottotitolo: Il rito del " pedaggio sessuale" nella storia di Hollywood. Rito cioè pratica così abituale da essere formalizzata. Infatti era stata la legge del teatro, passò al cinema e poi alla televisione.
Quando anni fa la Rai produsse un programma pieno di ragazzine vocianti, ho visto con i miei occhi più d' una madre fare gli occhi dolci perché la sua bambina ottenesse un primo piano di cinque secondi, il sottinteso era trasparente. Ha scritto Natalia Aspesi: «Il sofà era il mobile più importante nell' ufficio del produttore, era il despota inanimato che poteva decidere della carriera di un' attrice; riluttanti o contentissime ci dovevano passare tutte ». Harvey Weinstein sta avendo quello che si merita. Non avrebbe mai immaginato, credo, che il rito del sofà diventasse quello del capro espiatorio.
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