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Aldo Grasso per il “Corriere della Sera”
Non ci sono dubbi, la partecipazione di Bonolis alla Leopolda è stata l' evento tv più significativo del fine settimana. Perché è un capitolo ulteriore del processo di televisizzazione della politica, persino un po' fuori tempo massimo in epoca di social, ma non per questo meno importante.
Ora che Matteo Renzi fa parte della scuderia di Lucio Presta (come Paola Perego, Antonella Clerici, Amadeus, Ezio Greggio, Teo Mammucari, Lorella Cuccarini, Roberto Benigni e altri), ripeto, ora che Renzi fa parte della «scuderia Presta», ora che lo stesso Presta gli ha generosamente prodotto il documentario su Firenze, la modesta partecipazione di Bonolis alla Leopolda assume un profondo significato. Televisivo, prima che politico (Renzi slitta da un campo all' altro).
RENZI INTERVISTA PAOLO BONOLIS ALLA LEOPOLDA 9
Intanto c'è l' inversione dei ruoli: Renzi conduttore e Bonolis ospite, quasi a sottolineare il fatto che la non competenza non è solo prerogativa dei nuovi arrivati. Le battute di Bonolis su Salvini e Di Maio come coppia comica, al pari di Totò e Peppino o Franco e Ciccio, servono solo a gratificare la platea dell'ex stazione ferroviaria, ma sanzionano tristemente il fatto che i due, in termini comunicativi, sono giunti al capolinea. Così come l' offerta del poncho («Tieni, questo è un poncho degli Intilimani. Così c'hai ancora qualcosa di sinistra») è una di quelle trovate che si rivoltano contro, quando la spalla sovrasta il comico.
Se in un programma televisivo, dovessimo giudicare le battute dell'incontro (Bonolis: «Pure tu hai voluto cancellare delle cose, ad esempio il Senato. E mo' sei senatore, perché l'Italia ti vuole bene. Ma lo sapete che si frega il ciambellone al bar del Senato?». Renzi: «È vero, ma lo pago»), ci troveremo in grave imbarazzo. La televisizzazione della politica interviene non solo a modificare la narrazione politica, ma la stessa rappresentazione. Con esisti spesso sconfortanti.
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