DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Maridì Vicedomini per il settimanale VISTO
Renzo Arbore è al centro di un nuovo libro, Bontà Vostra, edito da Rai Libri. L’abbiamo incontrato.
Renzo Arbore, che libro è Bontà Vostra?
«La cronaca della mia carriera minuto per minuto. Il libro è stato scritto da Gianni Garrucciu che mi ha sempre seguito con enorme attenzione e contiene tanti episodi che mi riguardano e che persino io non ricordavo».
Dalla laurea di Giurisprudenza a Napoli allo spettacolo… Com’è avvenuto questo passaggio?
«Ero uno studente mediocre perché me la prendevo molto comodamente: ho preso la laurea in sette anni anziché in quattro... Mi dividevo tra i miei studi e le mie velleità artistiche, in quanto dirigevo il Circolo Napoletano del Jazz insieme con altri personaggi famosi di allora. Inoltre coltivavo un’amicizia molto simpatica con Roberto Murolo e la sua cerchia di amici napoletani borghesi eredi di Ernesto Murolo, di Salvatore di Giacomo, di Libero Bovio, appassionati delle canzoni napoletane antiche.
mariangela melato renzo arbore
Trascorrevo gran parte del mio tempo frequentando la Galleria Umberto, gli amici dei night club ed ero uno dei ragazzi della funicolare del Vomero, perché lì vicino c’era un altro piccolo cenacolo di artisti, tutti i musicisti che cercavano scritture per i locali notturni o della Costiera o anche in città.
Nonostante questa forte attrazione per la musica, mi sono laureato in Legge e a quel punto mio papà, dentista, mi regalò un anno sabbatico: avrei dovuto riflettere su quale strada intraprendere. Quella del professionista esperto di diritto o quella dell’artista e musicista? Mi diede la possibilità anche di trasferirmi a Roma, il tempio dello spettacolo.
Ricordo che ero abbastanza preoccupato perché non riuscivo a trovare la mia via. Finalmente, quando stava per terminare l’anno di riflessione e io ero piuttosto scoraggiato, una mattina andai agli studi Rai di Napoli e un’impiegata mi disse che proprio quel giorno scadeva il termine di presentazione delle domande come Maestro Programmatore di Musica Leggera, esortandomi a inviarla. Andai subito a casa di Armando Romeo, l’autore del celebre brano Malatia e con la sua macchina da scrivere preparai la domanda che inoltrai alla Rai. Ebbi la fortuna di essere chiamato immediatamente e quindi assunto».
La sua brillante carriera artistica è stata segnata non solo dal talento ma anche dal destino quindi?
«Assolutamente sì. Forse tutto il mio percorso artistico era scritto nel mio destino! Con tanto affetto ricordo che in occasione della prova scritta del concorso in Rai, il mio compagno di banco era Gianni Boncompagni. Superai brillantemente le prove di esame che vertevano su tutti i generi musicali e arrivai al primo posto. Ho cominciato a lavorare subito e dopo qualche mese io e Boncompagni inventammo il programma Bandiera Gialla, rinnovando del tutto la radio, che a quell’epoca appariva come la sorella anziana della Tv».
Con Boncompagni fu un bellissimo sodalizio affettivo e professionale.
«Vero. A parte Bandiera Gialla, abbiamo anche fatto insieme, sempre in radio Alto gradimento. Poi nel tempo abbiamo intrapreso due carriere diverse, ma tutte di successo, rimanendo sempre molto legati».
E come passò radio alla televisione?
«Sì, sono passato alla televisione inizialmente con due programmi importantissimi. Il primo fu Speciale per voi, in cui ho presentato per la prima volta leggende come Lucio Battisti o Patty Pravo. Poi ho fatto per tre anni e mezzo L’altra domenica con Roberto Benigni e di seguito Indietro tutta, Quelli della notte e così via, fino ad arrivare a 21 format televisivi».
Qual è la sua fonte d’ispirazione?
«Io sono un grande lettore e sono alternativo, nel senso che ho fatto sempre l’altra radio, l’altra televisione, l’’altra musica. Ho rilanciato circa trent’anni fa le canzoni napoletane che venivano considerate superate e definite “canzonette”, interpretate solo da qualche pianista di pianobar un po’ andato. Oggi che sono anziano, mi rendo conto di avere costruito i miei programmi televisivi da regista cinematografico che si inventa una storia, la anima con tutti i personaggi, addestrandoli uno a uno».
Di talenti lei ne ha scoperti tanti….
«Ben cento. Benigni, Marisa Laurito, Milly Carlucci, Nino Frassica... Sempre partendo dall’idea che un artista vero è colui che sa improvvisare, che è già spiritoso di suo. Laurito ad esempio è un’attrice che proviene dalla scuola di Eduardo, nata con il copione in mano e io l’ho arricchita con la tecnica dell’improvvisazione».
La sua formazione giuridico-economica ha inciso sulla sua carriera artistica?
«Tantissimo. È stata un prezioso valore aggiunto: per fare i programmi televisivi, radiofonici, perfino per fare cinema ho usato i criteri con i quali si studiano i Codici e le Pandette, partendo dall’individuazione della “ragione sociale” di ogni format che desideravo creare. Ad esempio Quelli della notte era partito dalla necessità di fare un programma di relax notturno per tutti i telespettatori stanchi dopo una giornata di lavoro».
Nonostante la sua popolarità, lei è sempre riuscito a tutelare la sua privacy.
«Ho avuto compagne con personalità molto diverse. Mariangela Melato per esempio aveva un temperamento straordinario. Alcune erano appassionate di musica, altre, come Mara Venier, avevano un carattere spiritoso. In ogni caso sono sempre stato molto riservato, riuscendo a vivere le mie storie amorose lontano dai riflettori».
Lei è di origine foggiana.
«Mi sento radicalmente pugliese. Sono nato a Foggia, dove fino a diciotto anni sono stato cresciuto ed educato con il culto dei valori pugliesi, con la mentalità della mia terra. Sono un gran lavoratore e mi ha umanamente
molto arricchito anche il fatto di vivere in provincia».
Perché?
renzo arbore gianni boncompagni- cari amici vicini e lontani
«Ho avuto la possibilità di vivere a stretto contatto con esponenti di strati sociali diversi, dal barbiere all’artigiano al professionista e questo mi ha forgiato caratterialmente, schivando ogni forma di ridicolo snobismo».
(…)
Ha qualche rimpianto?
«Ho 87 anni ed ho avuto gravi lutti; tanti miei amici, da Luciano De Crescenzo a Boncompagni, sono passati a miglior vita e della mia cerchia di amici sono sopravvissuti in pochi. I rimpianti sono tanti. Alcuni riguardano tante cose che non ho fatto insieme a loro.
Qualche rimpianto riguarda la mia città d’origine, nel senso che mi pento di non essere tornato a Foggia in alcuni momenti in cui forse c’era bisogno della mia presenza. Nel privato, forse rimpiango di non essermi creato una famiglia, ma per fortuna ho mia sorella Sabina e i miei cari nipoti cui do tutto il mio affetto. Non si può avere tutto dalla vita e ho girato il mondo facendo migliaia di spettacoli».
Perché non si è mai sposato?
«Diciamo che mi sono “distratto”, nel senso che ho sempre dato priorità assoluta alla mia grande passione, la musica, lo spettacolo, evitando qualunque forma di condizionamento esterna».
Come trascorre il tempo libero ?
«Facendo musica, leggendo, guardando la televisione e andando al cinema perché rimango molto legato al mondo dello spettacolo».
Renzo Arbore, cosa farà da grande?
«Da grande desidero fare ordine tra le tutte le mie cose che custodisco a casa. Possiedo delle collezioni meravigliose di modernariato che andranno tutte a Foggia, nella mia città, dove gli architetti Alida Cappellini e Giovanni Licheri stanno edificando una costruzione, uno spazio culturale espositivo articolato su tre piani che si chiamerà “Casa Arbore”. Dal 9 gennaio inoltre andrà in onda su Raidue, in seconda serata, un programma che si chiamerà Come ridevamo in cui saranno raccontati i personaggi che hanno fatto più ridere in Italia».
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