oprah winfrey

A METÀ DELL’OPRAH - ARRIVA LA BIOGRAFIA DI OPRAH WINFREY, LA PIÙ FAMOSA ANCHORWOMAN D’AMERICA - NATA POVERA, FU VIOLENTATA A NOVE ANNI E POI HA CREATO UN IMPERO EDITORIALE DA TRE MILIARDI DI DOLLARI

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1 - HA CREATO UN IMPERO DAL NULLA

Federico Rampini per “la Repubblica

 

Il pubblico italiano l’ha vista recitare come moglie del maggiordomo, nel film che racconta la storia vera di un servitore nero alla Casa Bianca, The Butler ; qualcuno la ricorda nel Colore Viola di Steven Spielberg nel 1985, che le valse un Oscar. Eppure per Oprah Winfrey quello di attrice è solo il sesto o settimo mestiere.

DAVID LETTERMAN E OPRAH WINFREY DAVID LETTERMAN E OPRAH WINFREY

 

Anchorwoman, magnate della tv, imprenditrice, filantropa e attivista, a sessant’anni è l’unica miliardaria nera di tutto il Nordamerica, maschi inclusi. Si è fatta davvero da sola, partendo da un’infanzia misera: nata nel Mississippi durante l’èra della segregazione razziale, a nove anni fu violentata, a quattordici ebbe il primo e unico figlio, morto subito. Oggi è alla guida di un impero, ma non dimentica le sue origini, è una portavoce combattiva per gli afroamericani e per le donne. Il suo trampolino verso la celebrità, The Oprah Winfrey Show , trasmesso dal 1986 al 2011, ha polverizzato i record di audience.

 

OPRAH WINFREY FOTO DI CHUCK CLOSE PER VANITY FAIR OPRAH WINFREY FOTO DI CHUCK CLOSE PER VANITY FAIR

Lei ha usato quella tribuna televisiva per promuovere le cause che le stanno a cuore. Tra cui figura il lancio di Barack Obama: alle primarie democratiche del 2008 la Winfrey da sola gli portò un milione di voti, spostando gli equilibri nella battaglia tra Obama e Hillary Clinton. Del successo economico (patrimonio di tre miliardi, cinque case sontuose dalle Hawaii alla California alla Florida) lei fa un vanto e un simbolo: nei suoi libri e nelle sue riviste (è anche editrice) non si stanca di contrastare le sotto-culture vittimiste; esorta neri e donne a lanciarsi nel mondo del business.

 

È un ciclone di energia positiva, una versione aggiornata dell’American Dream, capace di trasformare in modelli anche le tragedie personali come la lotta contro l’obesità e gli abusi sessuali. Ne è nato il termine “Oprahfication”: designa un’auto-terapia che usa la confessione pubblica in tv dei propri problemi più intimi.

 

2 - OPRAH OMNIA

Brano del libro di Oprah Winfrey, “Tutto ciò che conta”, pubblicato da “la Repubblica” - Traduzione di Chicca Galli

 

Oprah Winfrey non era tagliata per la tv Oprah Winfrey non era tagliata per la tv

NON importa chi siamo o da dove veniamo, facciamo tutti il nostro viaggio. Il mio iniziò un pomeriggio dell’aprile 1953, nelle campagne del Mississippi, dove sono stata concepita fuori dal matrimonio da Vernon Winfrey e Vernita Lee. Il loro incontro di quel giorno, non esattamente una storia d’amore, provocò una gravidanza indesiderata, che mia madre tenne nascosta fino a quando venni alla luce.

 

OPRAH WINFREY AL MATRIMONIO DI TINA TURNER OPRAH WINFREY AL MATRIMONIO DI TINA TURNER

Nessuno era preparato al mio arrivo, niente feste per la neonata, niente di quell’allegria che vedo nelle facce delle mie amiche incinte che si accarezzano la pancia. La mia nascita fu segnata da rimorso, segretezza e vergogna.

 

Ero l’unica bambina nel giro di chilometri, quindi ho dovuto imparare a stare con me stessa. Avevo libri e bambole fatte in casa, animali da fattoria con cui spesso parlavo. Sono sicura che quel tempo da sola è stato determinante per l’adulta che sarei diventata.

 

SUPERARE LA VERGOGNA

Per anni, ho custodito un segreto di cui quasi tutti erano all’oscuro. Perfino Gayle, che sa tutto di me, ne venne a conoscenza dopo anni di amicizia. Lo stesso vale per Stedman, il mio compagno. L’ho tenuto nascosto finché non mi sono sentita abbastanza forte per condividerlo: gli abusi sessuali che ho subito dai dieci ai quattordici anni, il conseguente periodo di promiscuità e la mia gravidanza.

 

Alfonso Cuaron Oprah Winfrey e David Heyman ai Bafta Alfonso Cuaron Oprah Winfrey e David Heyman ai Bafta

Provavo così tanta vergogna che la tenni nascosta finché il medico non si accorse delle caviglie gonfie e della pancia. Ho partorito nel 1968, e il mio bambino è morto all’ospedale qualche settimana dopo. Io tornai a scuola e non dissi niente a nessuno. Avevo paura che, se fossi stata scoperta, mi avrebbero espulsa.

 

Quindi ho mantenuto il segreto anche in seguito, sempre nel timore che se altri avessero saputo ciò che mi era successo sarei stata espulsa dalla loro vita. Perfino quando trovai il coraggio di rivelare pubblicamente gli abusi, per la vergogna non menzionai la gravidanza. Quando un membro della mia famiglia, ora defunto, ha passato questa storia ai tabloid, tutto è cambiato. Ero sconvolta, ferita, tradita. Come aveva potuto farmi questo?

 

Non facevo che piangere. Ricordo che Stedman entrò in camera quella domenica pomeriggio. Era immersa nel buio perché avevo tirato le tende. In piedi di fronte a me, con l’aria di uno che avesse pianto a sua volta, mi disse: «Mi dispiace tanto. Non te lo meriti».

THE BUTLER OPRAH WINFREY E FORREST WHITAKER THE BUTLER OPRAH WINFREY E FORREST WHITAKER

Quando mi trascinai dal letto al lavoro, il lunedì mattina dopo l’uscita della notizia, ero abbattuta e spaventata. Mi immaginavo che ogni persona per strada mi avrebbe indicata: «Incinta a quattordici anni, sei una poco di buono... vattene!».

 

Eppure nessuno disse una parola, né gli sconosciuti né le persone che conoscevo. Ero scioccata. Nessuno mi trattava in modo diverso. Per decenni avevo atteso una reazione che non è mai arrivata. Da allora, sono stata tradita da altre persone; ma anche se è sempre un pugno nello stomaco, non mi fa più piangere né nascondere sotto le coperte. Cerco di non dimenticare mai il passo di Isaia, 54,17: «Nessun’arma affilata contro di te avrà successo».

OPRAH WINFREY E GAYLE KING IN SVIZZERA PER IL MATRIMONIO DI TINA TURNER OPRAH WINFREY E GAYLE KING IN SVIZZERA PER IL MATRIMONIO DI TINA TURNER

 

Ogni momento difficile ha il suo risvolto positivo, e presto mi resi conto che rivelare il segreto mi aveva liberata da un peso. Quando non hai nulla di cui vergognarti, quando sai chi sei e cosa rappresenti, sei nel giusto. La gonna che portavo costava 40 dollari – più di quanto avessi mai speso per un capo d’abbigliamento – ma ci tenevo ad averla per la mia prima intervista con un personaggio famoso: Jesse Jackson. Lui doveva parlare in una scuola vicina per dire agli studenti «no alla droga, sì alla speranza!».

 

THE BUTLER OPRAH WINFREY E FORREST WHITAKER THE BUTLER OPRAH WINFREY E FORREST WHITAKER

Il direttore del notiziario non pensava che l’evento meritasse il nostro tempo, ma io avevo insistito (o meglio, supplicato), assicurandogli che sarei tornata con un pezzo degno del notiziario delle sei. E così feci. Adoravo raccontare le storie delle altre persone, per ricercare la verità nella loro esperienza e distillarla in sapienza con cui avrei potuto ispirare e informare qualcun altro.

OPRAH WINFREY E GAYLE KING IN SVIZZERA PER IL MATRIMONIO DI TINA TURNER OPRAH WINFREY E GAYLE KING IN SVIZZERA PER IL MATRIMONIO DI TINA TURNER

 

Tuttavia, non ero sicura su che cosa dire a Jackson, né come dirlo. Se avessi saputo allora ciò che so adesso, non avrei sprecato neanche un minuto per dubitare sul da farsi. Perché quando si tratta di sentimenti, emozioni, legami reciproci, e di parlare di fronte a un pubblico numeroso, io do il meglio di me stessa.

 

Scatta qualcosa con chiunque stia conversando con me: sento la loro presenza e ho l’impressione di una perfetta armonia. Questo perché so per certo che qualunque cosa io abbia passato, o provato, è successa anche a loro, e probabilmente in maniera più intensa. Il forte legame che sento con chiunque mi parli si origina dalla consapevolezza che siamo tutti sullo stesso cammino, e vogliamo le stesse cose: amore, gioia e comprensione.

 

UNA VITA A DIETA

LANCE ARMSTRONG OSPITE DI OPRAH WINFREYLANCE ARMSTRONG OSPITE DI OPRAH WINFREY

La quantità di tempo che ho trascorso pensando al mio pasto successivo è incalcolabile: cosa mangerò, cosa ho appena mangiato, quante calorie o grammi di grasso contiene, quanto esercizio fisico dovrò fare per smaltirlo, cosa succederà se non faccio esercizio, quanto ci vorrà perché si vedano i chili in più e via dicendo. Intorno al 1995, dopo quasi vent’anni di yo-yo, mi resi conto finalmente che essere grata per il mio corpo, indipendentemente dalla sua forma, era la chiave per amare di più me stessa.

OPRAH WINFREY IN SVIZZERA PER IL MATRIMONIO DI TINA TURNER OPRAH WINFREY IN SVIZZERA PER IL MATRIMONIO DI TINA TURNER

 

Tuttavia, pur avendo ben chiaro il concetto, la vita era un’altra storia. Solo all’incirca sei anni più tardi, dopo sei mesi di inspiegabili palpitazioni cardiache, finalmente capii. Cessai di dare il mio cuore per scontato e iniziai a ringraziarlo per ogni volta che aveva battuto per me. Per tutti quegli anni l’avevo tradito negandogli il sostegno di cui aveva bisogno. Mangiando troppo. Stressandomi troppo. Affaticandomi troppo.

 

Ogni dieta intrapresa aveva come unico scopo di farmi andare bene un indumento, o solo di andare bene io. Prendermi cura del mio cuore, la forza vitale del mio corpo, non era mai stata una priorità. Seduta sul letto, in un frizzante mattino di sole, promisi di amarlo. Di onorarlo e rispettarlo. Di mantenerlo e educarlo finché morte non ci avesse separato. E una sera, mentre uscivo dalla vasca da bagno, gettai un’occhiata nello specchio. Per la prima volta, non mi lanciai nella mia solita autocritica. Provai in realtà un confortante senso di riconoscenza per ciò che vedevo.

 

GRAZIE, MORK

Molti anni fa, quando ero una giovane reporter alla WJz di Baltimora, mi assegnarono quello che era considerato un incarico importante, un vero colpo di fortuna: un viaggio a Los Angeles per intervistare alcune star della televisione. All’inizio ero molto eccitata perché avevo l’occasione per dimostrare la mia bravura di intervistatrice e aggiungere qualche nome celebre al mio curriculum. Una volta a Hollywood, invece, mi sentivo come un pesciolino rosso calato in un acquario tropicale. Iniziai a dubitare di me stessa.

 

Chi ero io per pensare di entrare nel loro mondo e aspettarmi che parlassero con me? Erano stati invitati i reporter di tutto il Paese. C’era una folla di noi speaker locali e di cronisti di spettacolo e costume. A ognuno erano concessi cinque minuti per intervistare un attore protagonista della stagione televisiva imminente. Iniziai a sentirmi nervosa. A disagio. Inetta. Non abbastanza brava per essere lì insieme a tutti gli altri reporter di città molto più grandi della mia e con più esperienza di me.

TINA TURNER E IL MARITO con OPRAH WINFREYTINA TURNER E IL MARITO con OPRAH WINFREY

 

A peggiorare le cose, l’agente di Priscilla Presley, che era lì per presentare un nuovo spettacolo, mi disse (ero l’undicesima della fila per parlare con lei): «Puoi chiederle qualsiasi cosa, ma non menzionarle Elvis. Ti pianterà in asso». Adesso non ero solo intimidita da questo nuovo mondo di star e di manager, mi sentivo completamente inibita. Facevo la reporter in TV da quando avevo diciannove anni.

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Avevo intervistato centinaia di persone in situazioni difficili ed ero orgogliosa di me per essere capace di rompere il ghiaccio e stabilire una relazione con i miei interlocutori. Ma non ero abituata alle vere «stelle». Pensavo che possedessero una sorta di aura mistica, che essere famosi li rendesse non solo diversi da noi gente comune, ma anche migliori. E avevo difficoltà a immaginarmi come me la sarei cavata con solo cinque minuti a disposizione senza poter sfoderare la vera domanda.

 

Per qualche ragione – voi potete chiamarla una coincidenza; per me fu un intervento della grazia – fui dirottata dalla fila di Priscilla Presley a intervistare un giovane attore che stava per iniziare una serie intitolata Mork & Mindy. Quelli che seguirono furono i cinque minuti d’intervista più esilaranti, pazzi, incredibili che abbia mai avuto, con l’essere umano appartenente alla razza delle celebrità più disinibito, creativo, incontrollabile che abbia mai incontrato. Non ricordo una parola di ciò che dissi (ma so che quasi non aprii bocca).

OPRAH WINFREY FOTO DI CHUCK CLOSE PER VANITY FAIR OPRAH WINFREY FOTO DI CHUCK CLOSE PER VANITY FAIR

 

Lui era un geyser di energia. Ricordo di aver pensato: «Chiunque sia questo tizio, diventerà un GRANDE». Mi divertii un sacco a scherzare con Robin Williams, e imparai proprio in quella circostanza ad andare dove ti porta l’intervista. Saltava da un argomento all’altro e io dovevo seguirlo. Quando venne il mio turno di intervistare Miss Priscilla, è certo che avevo imparato la lezione: non realizzi nulla inibendo te stesso. Le chiesi di Elvis. Non mi piantò in asso. Anzi, mi fece la cortesia di rispondere. Se la vita non vi insegna altro, sappiate questo: quando vi si presenta un’occasione, coglietela.

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