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1 - PREFAZIONE DI ALDO GRASSO AL LIBRO DI STEFANO DISEGNI "UNA RISATA LI SPEGNERÃ"
Per alcune stagioni ho convissuto con Stefano Disegni, io sopra lui sotto. A scanso di equivoci, la disposizione riguarda solo l'impaginazione di "Sette" (prima "Magazine") il magazine, appunto, del Corriere della sera. Coabitare con uno più severo di te, che per giunta si occupa di televisione, non è facile. Così ho sempre cercato di occuparmi d'altro.
Ho detto severo, con cognizione.
Come dovrebbe essere la satira: non avere indulgenze per i personaggi presi di mira, specie per quelli che abitano il mondo televisivo e ne traggono notorietà , successo e censo. Così mi sono sempre divertito a immaginare le reazioni dei protagonisti: i dialoghi fra Claudia Mori e Adriano Celentano, lo sconcerto di Beppe Bergomi, la telefonata di Maurizio Costanzo, la stizza della contessina Beatrice Borromeo, l'ira di Alda D'Eusanio, lo stupore di Barbara D'Urso, la presunzione ferita di Mario Tozzi, il sorriso amaro di Cristiano Malgioglio, l'incazzatura di Piero Chiambretti...
Il bello della televisione è che ogni programma si presenta come un inesauribile Liber Monstrorum, fonte inesauribile di ammirato stupore e di panico da parte del quaresimalista medievale Stefano Disegni. Sì, questo libro è un moderno Bestiario: le sue mirabili difformità sono un paesaggio mentale, minacciosi e insieme cordiali effigi reinventate da una mano vendicatrice.
Sono una sequenza di graffi, di graffiti che ci permette di vivere in continuità dentro quel simulacro perenne che un tempo si chiamava vita e ora si chiama televisione. Nell'introdurre il suo "Manuale di zoologia fantastica", Jorge Luis Borges ci raccomanda di comportarci come bambini che per la prima volta visitano un giardino zoologico. Solo che qui, il giardino mitologico non è composto di leoni, elefanti, tigri, ma di "mostri" nati per combinazione di elementi di esseri reali. E le possibilità dell'arte combinatoria sono quasi infinite.
Ma torniamo alla severità , l'abito buono della cattiveria. La condizione essenziale per fare satira in televisione è la cattiveria. L'ironia, nella sua fascinosa complessità , è l'arsenale di luce di chi ha patito tutto il patibile: in Italia, invece, quelli che si vogliono ironici, dissacranti e alternativi hanno della cattiveria una concezione buonista. Sembrano non sapere che, nella satira, la cattiveria è il solo risarcimento possibile per qualcosa di molto importante che ti viene strappato via.
La satira politica dipende troppo dal suo oggetto: c'è sempre il pericolo che per il bene dell'umanità o, più modestamente, per riconquistare voti perduti qualcuno ti chieda di non disturbare il manovratore; c'è sempre qualcosa di contingente che la rende estremamente effimera.
La satira vera non sceglie né conosce i suoi oggetti. Come scrive Karl Kraus, «nasce nella fuga da essi, che le premono addosso». Ma se questi oggetti hanno un volto troppo conosciuto e familiare (per via della televisione), c'è il rischio che l'ironia svapori: ci vuole qualcosa di più, un surplus di severità . Col cappello da buffone non si possono fare riverenze, diceva Stanislaw J. Lec. Bisogna stare fuori della tv, non dentro. Bisogna cozzarci contro, con incoscienza e ingratitudine.
Giusto per ritrovare il sorriso di Franti.
Ha ragione Pietrangelo Buttafuoco: «L'uso della vignetta presuppone una reciprocità speciale: l'intelligenza del lettore. à un virtuosismo della cattiveria la vignetta, il modo più eversivo del dire tra i tanti modi del dire, ma necessita di una facilità di consumo affidata alla spericolata lealtà della metafora altrimenti negata alla propaganda. La vignetta è solo un'esemplificazione icastica, leggera e malvagia della rappresentazione».
Il disegni di Disegni sono una maschera dietro cui amiamo nasconderci. In ognuno di noi vive un commediante, un uomo con più volti, la teatralità che agisce all'interno del singolo. Dietro il sorriso di superiorità di Antonello Piroso, dietro l'allegria funeraria di Pippo Baudo, dietro il faccino imbronciato di Enrico Mentana facciamo capolino noi: la maschera guarda noi che guardiamo la maschera, cercando complicità . Solo per i severi sarà il regno dei cieli.
2 - PREFAZIONE DI GIANCARLO MAGALLI AL LIBRO DI STEFANO DISEGNI "UNA RISATA LI SPEGNERÃ"
Ogni libro di Stefano Disegni che esce conferma quello che io penso di lui da anni: non è una persona per bene! Badate bene, non è una cattiva opinione che mi sono fatto ora. Sarebbe troppo facile esecrarlo per la sua storia recente! Può essere per bene un uomo che trasforma il suo Presidente del Consiglio in un gigantesco pene? O il suo pene in un minuscolo Presidente del Consiglio? (non ho mai capito bene come è andata...)
Può essere per bene un uomo che trasforma l'ottimo Ministro Bondi in una petecchia tremolante che declama poesie orripilanti al Pene di cui sopra? Bondi! Una persona che anche le zanzare si rifiutano di pungere, un po' per rispetto ed un po' perché anche l'animale ha i suoi limiti.
Non mi sono fatto una cattiva opinione di Disegni perché svillaneggia e maltratta figure istituzionali di grande rilievo come Bossi o Calderoli, l'uomo che i musulmani portano a passeggio nei luoghi dove non vogliono che siano costruiti i porcili.
No: la mia cattiva opinione parte da molto più lontano, dal 1973.
In quell'epoca io ero il migliore animatore di villaggi turistici italiani, solo in parte aiutato dal fatto che ero l'unico animatore dell'unico villaggio turistico in Italia. In estate deliziavo i fortunati avventori della ridente località balneare, mentre in inverno mi occupavo di attività promozionali e commerciali. Vale a dire rubavo uno stipendio stando a Roma nella sede della società ENI che gestiva la ridente località .
La società ENI aveva sede nel quartiere dell'EUR, in un grattacielo che ha ispirato grandi capolavori, tra cui "Fantozzi", "Le mie prigioni" e "I Miserabili". In una delle mille stanze inesplorate del palazzo c'era l'Ufficio Tecnico: uno stanzone pieno di ingegneri tutti uguali (capelli cortissimi, maniche di camicia e matita nel taschino) che passavano il tempo a progettare motel e pompe di benzina. Al centro della stanza spiccava come una cacca su una torta di nozze o, se vi sembra poco elegante il paragone, come un girasole in un bouquet di rose, Stefano Disegni.
Aveva capelli lunghi e ricci, a nuvola. Sembrava la risposta italiana a Marcella Bella. Non indossava camicie ma in compenso sfoggiava un orecchino antevendola e degli zoccoli da portantino. Inutile dire che non ha mai disegnato motel o pompe di benzina in vita sua, ma solo feroci caricature dei superiori.
L'ingegnere capo ogni volta che lo vedeva (che corrispondeva ad ogni volta che entrava nella stanza), si metteva a piangere e si inginocchiava davanti alla sacra immagine del cane a sei zampe, pregandolo di far scomparire quell'individuo dalla faccia della terra o, in subordine, dalla sua stanza, dato che qualcuno degli ingegneri per bene cominciava già a farsi i ricci.
Il cane a sei zampe non lo accontentò, ma io sì. Presi il Curioso Individuo e lo portai al villaggio vacanze, intenzionato a farne il secondo migliore animatore italiano. Disegni mi seguì docilmente, ma presto feci una scoperta terribile: il Curioso Individuo amava l'umanità ma odiava la gente! Tentò di mordere dei ragionieri durante una caccia al tesoro e sosteneva che le clienti culone andassero chiamate culone, anche ad alta voce.
I clienti del villaggio erano 2000 e lui, democraticamente, li odiò tutti, senza favoritismi. Dovetti quindi inventarmi per lui un lavoro che potesse svolgere da solo e che fosse socialmente utile. La soluzione fu il Giornalino!
Io ogni giorno (anzi, ogni notte) scrivevo un giornalino di una pagina in cui raccontavo quello che era successo nel villaggio il giorno prima e quello che sarebbe successo il giorno dopo. Affidai a Disegni il retro del Giornalino, che normalmente restava una pagina bianca. Lì iniziò a fare strisce, fumetti, caricature irrispettose mie e dei clienti, inventò le improbabili indagini di un altrettanto improbabile Ispettore Magallagan (un nanetto grasso per il quale non ho mai capito a chi si sia ispirato) e divenne popolare!
I clienti al mattino correvano a farsi dare la loro copia del Giornalino e ridevano come pazzi leggendo le opere dell'Uomo Che Li Odiava.
Lui continuava a nascondersi, ma non durò. Io l'anno successivo mi dimisi e Disegni divento il nuovo Capo Animatore. Imparò a baciare i ragionieri ed a chiamare le culone "bella signora". Confesso il mio godimento.
Ecco, ben lungi dal volermi assumere una qualsiasi paternità del Disegni sciagurato vignettista di ora, ho solo voluto rendere testimonianza del fatto che persona non per bene si nasce. Però la mia viva speranza è che Stefano Disegni resti così com'è, e continui a scorbacchiare ed a deridere quelli che si credono furbi, ma soprattutto quelli che ci credono fessi e quelli che si meritano il ridicolo perché è nel ridicolo che hanno trascinato il nostro Paese, anche chiamando culona una culona!
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