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Annalena Benini per “il Foglio”
“Allora fammi capire. Primo Topolino, secondo
Salgari, terzo Manzoni…”
“No. Manzoni primo assoluto.”
“Ma a sei anni cosa ne capivi?”
“Lo so, ma non c’è più rimedio ormai, se
però ti dà sui nervi…”
“No no. Allora primo Manzoni”
“Spostalo da dov’è…”
Carlo Fruttero, “Da una notte all’altra”
La prima risposta di Carlo Fruttero alla figlia Maria Carla che gli chiedeva di schedare i suoi cento libri preferiti fu: “Ma tu mi vuoi proprio morto! Ma poi, a chi diavolo può importare dei libri che piacciono a me?”. Era l’ultimo agosto, quello del 2011, e Carlo Fruttero non si alzava più dal letto. La figlia insisteva, voleva dargli un ultimo slancio, un motivo per chiacchierare, ricordare, stare allegro.
I libri avevano folgorato Fruttero a sedici anni (con “Il 42° parallelo” di John Dos Passos) e da allora sono stati “una vera passione, feroce, esclusiva, come il gioco o il terrorismo, che fa sembrare insignificante qualsiasi altra cosa” (sono parole di Fruttero, riportate nell’introduzione di Ernesto Ferrero a “Da una notte all’altra, passeggiando tra i libri in attesa dell’alba”, appena pubblicato da Mondadori).
I libri sono stati la vita, il lavoro, il divertimento, le cose più amate, e il modo di pensare il mondo. Con gli occhi di Madame Bovary, di Micol Finzi Contini, del corsaro nero, con la definizione che Benjamin Constant diede di quello che può essere e spesso è l’amore, in “Adolphe”: “Mi faceva sentire sempre necessario, mai sufficiente”.
Lo spettacolo del mondo dentro la letteratura, e la “sconfinata, disastrosa tenerezza” che Fruttero attribuiva a Franco Lucentini e che permetteva anche a lui di non guardare mai le cose dall’alto. Quindi la libertà di mettere anche Topolino fra i libri della vita, perché i libri della vita sono quelli che allenano alla scoperta e che non si possono dimenticare.
Non in ordine di importanza, nè di tempo: Fruttero rideva delle classifiche ma si era lasciato convincere da Fabio Fazio a costruire con lui, in tivù, una specie di biblioteca ideale, in cui tenere insieme “Pinocchio” e Tucidide, “Don Camillo” di Giovanni Guareschi e “Addio alle armi” di Ernest Hemingway, il libro più bello sulla Grande Guerra.
Non se ne fece nulla perché Fruttero si aggravò, ma la figlia riuscì a convincerlo a dettarle, dal letto, un elenco di libri preferiti. In una settimana Fruttero ne trovò settantadue, si mise di buonumore e cominciò a dettare anche le schede, oltre a una conversazione immaginaria con Fabio Fazio per legare i libri insieme.
Un giorno il computer si spense, nel modo ottuso e indifferente che hanno a volte i computer di non corrispondere il nostro amore, e venti libri, compreso Topolino, sono scomparsi per sempre.
Ma “Il conte di Montecristo”, di Alexandre Dumas, si è salvato, e così “I promessi sposi” di Alessandro Manzoni, con il commento sulla monaca di Monza: “Sono pagine assolute: o così o niente. L’educazione della bambina spinta fin dai primi mesi verso il convento appartiene al tragico. Vediamo la piccola vittima correre dibattendosi verso il suo destino ma non possiamo far nulla per fermarla. Il celebrato ‘la sventurata rispose’ che chiude il ritratto è il massimo che si possa chiedere alla letteratura”.
Nel primo elenco di Fruttero ci sono anche libri non ancora decisi: Verga da scegliere, un dialogo di Platone da scegliere, un pezzo di “Arcipelago Gulag da scegliere”, e di Jane Austen lui si chiede: “Emma” o “Orgoglio e pregiudizio”?
C’è il gusto di pensarci ancora un poco, di far tornare i dettagli alla memoria, come si fa con i vecchi amici, di ricordare tutto Shakespeare e trovarlo indispensabile (“si toccano qui i confini estremi della bellezza, della poesia, della turpitudine, dell’odio e dell’amore… Chi non applaude con una standing ovation può tornarsene a casa a guardare le ballerine in tv”).
Maria Carla, la figlia, in quegli ultimi giorni gli leggeva ad alta voce “Pinocchio”, la Bibbia, le “Fiabe italiane” di Italo Calvino (“come lettura serale per i bambini che vanno a dormire non c’è assolutamente niente di meglio né di più utile”), per scrivere le quali, scrive Fruttero, Calvino si prese un anno sabbatico e cedette poi i diritti all’editore per un misero due per cento. “Abbiamo dimenticato “Moby Dick”! Domattina te la detto”. Ma il tentativo di spiegare l’amore non ha avuto abbastanza tempo.
Carlo Fruttero
CALVINO ndex
Carlo Fruttero e Franco Lucentini
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