BOB DYLAN CHI? IL PITTORE REVISIONISTA? - MOSTRA ALLA GAGOSIAN GALLERY: ESPOSTE TRENTA SERIGRAFIE DI MR. ZIMMERMAN - SI CHIAMA “ARTE REVISIONISTA”, COPERTINE “VEROSIMILI” DELLE RIVISTE PIU’ IMPORTANTI DEL MONDO CHE BOB REINVENTA CON PERSONAGGI E TITOLI – ORA SI STA DEDICANDO ALLA SCULTURA - “GLI ARTISTI NON RACCONTANO CHE COSA È DAVVERO SUCCESSO, MA CHE COSA SAREBBE DOVUTO SUCCEDERE…”

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Piero Negri per "la Stampa"

La rivista è Playboy , senza dubbio, la testata e la donna in abiti succinti in copertina lo dimostrano. Peccato che la modella fotografata non sia Sharon Stone, come sta in scritto sulla copertina medesima, e che «Basic Instinct», il film di cui si parla, sia uscito sette anni dopo la pubblicazione di quel numero, datato giugno 1985. Un falso, non c'è dubbio, oppure un'opera d'arte: la firma Bob Dylan, noto più che altro per aver reinventato la canzone pop, una cinquantina d'anni fa, e da allora impegnato a percorrere una strada creativa di cui lui solo conosce coordinate e punti d'arrivo.

Dylan dipinge più o meno da sempre, sono sue le copertine di Music From Big Pink (1968) di The Band, album che contiene pure diverse canzoni a sua firma, e dell'interamente suo Self Portrait (Autoritratto, appunto), che uscì nel 1970. Nel 2007 un museo di Chemintz, in Germania, stupì tutti organizzando una mostra di disegni realizzati da Dylan in tour tra il 1989 e il 1992. Poi ci fu un'altra mostra a Copenhagen e lo scorso anno la prima sul suolo americano, nella galleria d'arte contemporanea più nota al mondo, Gagosian. Il titolo era The Asia Series e i dipinti erano perlopiù scene di vita contemporanea in Giappone, Cina, Vietnam e Corea, dove d'altra parte Dylan aveva appena suonato.

In questi giorni, alla Gagosian Gallery di Madison Avenue, a New York, e fino al 12 gennaio, Dylan ha un'altra mostra, con un titolo bello e rivelatore: Arte revisionista. Se lo scorso anno ci furono polemiche, poiché molti dipinti delle The Asia Series apparivano più o meno consce rielaborazioni di celebri scatti fotografici, questa volta la revisione della Storia è messa a tema, resa esplicita. E il fatto che le trenta opere (serigrafie su tela) siano tutte finte copertine di riviste (quasi tutte realmente esistenti) è un modo per enfatizzare il gioco su vero e verosimile che sembra essere - da sempre, particolarmente ora - il suo tema forte.

Nell'ultimo album Tempest , Dylan ha inserito un lungo pezzo sul Titanic, con un racconto non proprio realistico dell'affondamento più celebre al mondo. A chi gli chiedeva spiegazioni, nell'unica intervista concessa negli ultimi tempi, ha detto, molto semplicemente: «Gli artisti non raccontano che cosa è davvero successo, ma che cosa sarebbe dovuto succedere».

Su questa mostra, Dylan non ha ancora dichiarato alcunché: alla galleria abbiamo chiesto se avesse l'intenzione di farlo, ma non abbiamo avuto risposta. Però abbiamo ricevuto un'opera, il Playboy con la finta Sharon Stone in copertina, e un po' di informazioni. La mostra è stata organizzata da John Elderfield, ex curatore capo del MoMA di New York, che a sua volta era stato contattato dal manager di Bob Dylan.

Elderfield, che si era già occupato delle The Asia Series , aveva visto buona parte delle opere lo scorso anno: «Era stato uno shock, erano così diverse. Però tutti sanno che Dylan cambia in continuazione, in fondo non è strano. Mi ha colpito la cura dei dettagli: per cercare i caratteri tipografici giusti, le etichette con gli indirizzi degli abbonati fittizi che ha riprodotto su tela ha lavorato a lungo. Ha una memoria visiva straordinaria e un sense of humour maligno». Elderfield inoltre rivela che Dylan si sta dedicando alla scultura, anche se non è ancora una volta chiaro quale sia la direzione intrapresa dalla sua vena artistica.

 

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