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L'ULTIMO EROE-ROCK A MILANO - SI CONFERMA IL VECCHIO ADAGIO "IL MONDO DELLA MUSICA SI DIVIDE TRA QUELLI CHE AMANO SPRINGSTEEN E QUELLI CHE NON L'HANNO MAI VISTO DAL VIVO" - DOMANI SI REPLICA A MILANO, IL 16 APOTEOSI AL CIRCO MASSIMO DI ROMA - VIDEO

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Gino Castaldo per “la Repubblica”

 

Ci mette tanta di quella passione da sembrare l' ultimo guerriero ancora in piedi, un "braveheart" che mostra il sedere al soverchiante esercito invasore, un accecante lampo bianco lanciato contro le tenebre che accerchiano la città.

 

Che magnifica energia: 66 anni portati con l' elettrica leggerezza di una nuvola in tempesta, il Boss, l' indomabile eroe di infinite stagioni rock, colui per il quale è stato coniato l' incontestabile, vecchio adagio "il mondo della musica si divide tra quelli che amano Springsteen e quelli che non l' hanno mai visto dal vivo", è tornato a San Siro, uno dei "suoi" luoghi preferiti, accolto da una coreografia di colori sincronizzati organizzata espressamente dai fan.

 

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Il tour partito dall' America col titolo di The river, nell' idea di proporre all' interno dei concerti per intero il disco del 1980, è cambiato nel tempo. È il disco che fu la sua linea d' ombra, l' iniziazione definitiva, l' ingresso a trent' anni nell' età adulta ma, scatenando discussioni senza fine, l' idea del disco eseguito per intero se l' è persa per strada, in Europa non l' ha praticamente mai fatto, anche se lo spunto rimane in un corpo centrale di pezzi tratti da quel disco, oscillante tra dediche d' amore, disperazioni laceranti e una speciale inedita sincerità nel raccontare storie di persone vere.

 

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Come nella canzone-capolavoro del titolo, The river, cantata all' unisono col pubblico, a sua volta storia di un' iniziazione, ma al contrario, un modo di vivere una vita in cui la strada è già segnata ("vengo da una valle dove quando sei giovane ti crescono per renderti uguale a tuo padre" racconta) dove anche il rapporto con la sua bella diventa perdente, perché lei rimane incinta troppo presto.
 

Del resto, dice la canzone, "un sogno è una bugia se non diventa vero o è qualcosa di peggio che mi spinge giù al fiume, benché io sappia che il fiume è secco". Che è una delle frasi chiave della sua storia. I sogni dobbiamo farli avverare, altrimenti sono imbrogli.
 

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Il concerto - domani si replica a San Siro, il 16 al Circo Massimo di Roma, per un totale di 180.000 persone - infiamma lo stadio, si capisce che il Boss è in grande forma, che vuole lasciare un segno indelebile e proprio come faceva in The river passa da consapevolezze amare, profonde, a esuberanti celebrazioni di vita, si avvicina alla folla in delirio, si siede, si fa toccare, ci tiene a tornare sempre coi piedi per terra, fa sentire tutti parte di una famiglia, un' immensa nave di cui lui è solo il più alto ufficiale in carica, l' animatore, il predicatore invasato, lo sciamano.

 

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Raccoglie un foglio dai fan con su scritto Lucille, e in un attimo parte: uan-tu-tri-for, e subito la E Street band, ovvero la più affidabile macchina rock mai allestita, lo segue sulla canzone di Little Richard, puro rock' n'roll da stadio. Da The ties that bind passa a Sherry Darling e Spirit in the night, fa saltare tutti in piedi con Two hearts (in cui amoreggia col suo vecchio compare Little Steven) e soprattutto con Hungry heart, un' altra di quelle canzoni che Bruce pensava di dare ad altri perché incerto sul fatto che andassero o meno bene nel disco.

 

L' aveva scritta per i Ramones, ma per sua e nostra fortuna John Landau gli disse che non se ne parlava, quella canzone rimaneva a casa. Punto.
 

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Springsteen obbedì e diventò il centro esplosivo del progetto The river, il lato aperto, collettivo, gioioso, la sintesi di quell' appetito di vita che il Boss ha sempre raccontato nei suoi pezzi, ma soprattutto espresso "fisicamente" nelle sue performance. Perfino Lennon, uno che di canzoni se ne intendeva, lo chiamò per fargli i complimenti, poco tempo prima di essere barbaramente ucciso.
 

Le scalette cambiano di sera in sera, a volte accoglie le richieste del pubblico, regala chicche meravigliose come Point black, quasi mai eseguita dal vivo, o Drive all night (strepitosa) riempie l' aria di terre promesse, fughe romantiche, richieste brucianti, Working on the highway e I' m on fire, prima di lanciarsi nella sequenza finale dopo ore di instancabile performance con pezzi che sono come bombe potentissime:

 

Badlands, Dancing in the dark e altre ancora. In quasi tutti i concerti ha messo una dopo l'altra Born in the Usa e Born to run, i due modi di nascere, come fossero in parallelo, ai capi opposti del suo percorso centrale, in quel tratto temporale che va dal '75 all' 84, i dieci anni che hanno fatto la sua storia:

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essere nati in un paese che è stato il sogno della democrazia e che spesso tradisce le sue promesse, prima, e poi essere nati per scappare dalle mortificazoni di una vita marginale. Pensieri da guerriero che non molla mai, e che chiede ancora la principale delle domande: qual è il miglior modo per rendere la vita degna di essere vissuta?

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