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Nando Pagnoncelli per il “Corriere della Sera”
Il risultato del referendum sulla permanenza della Gran Bretagna nella Ue ha avuto l' effetto di uno tsunami, non solo sui mercati finanziari ma nell' opinione pubblica europea. Da tempo, infatti, nei singoli stati membri non si parlava di Europa come in questi giorni. Bisogna tornare alla fine del 2001, nelle settimane antecedenti l' arrivo dell' euro: allora gli europei erano ottimisti. Oggi, al contrario, prevalgono i timori che il sogno della costruzione dell' Europa svanisca e si ritorni a un passato denso di incognite.
A questo proposito, dopo la Brexit tra gli italiani prevalgono, sia pure di poco, i pessimisti: il 45% prevede un' Europa sempre più debole e a rischio mentre il 40% è di parere opposto ed è convinto che l' Europa saprà reagire, riducendo gli effetti negativi e rafforzandosi.
Insomma, si aspettano un cambiamento nelle politiche, un passo in avanti del progetto per evitare l' effetto domino e l' abbandono da parte di altri Stati.
La Brexit preoccupa gli italiani, infatti le previsioni delle conseguenze sull' economia del Paese sono abbastanza fosche: il 9% si aspetta riflessi drammatici, il 41% ritiene che ci sarà un impatto negativo anche se non drammatico, il 39% non prevede cambiamenti significativi e il 6% prefigura un miglioramento della nostra economia. Il pessimismo è più evidente tra i ceti deboli: le persone più anziane, quello meno istruite e i «non garantiti» (disoccupati, commercianti, artigiani, piccoli imprenditori).
Sarà quindi interessante verificare nei prossimi mesi i riflessi della Brexit sull' indice di fiducia dei consumatori rilevato dall' Istat che nel mese di giugno ha fatto registrare un' ulteriore flessione toccando il livello più basso dell' anno. E sappiamo quanto la fiducia sia importante per la ripresa che rischia di essere flebile.
Il risultato del referendum britannico ha indotto alcuni esponenti politici a reclamare un' analoga consultazione in Italia. Si tratta di una richiesta quanto meno improvvida, tenuto conto che l' articolo 75 della nostra Costituzione esclude esplicitamente i trattati internazionali dai temi che possono essere oggetto di referendum.
Nel nostro sondaggio abbiamo voluto comunque verificare il favore dell' opinione pubblica per questa eventualità. Sebbene la maggioranza degli italiani (51%) si dichiari contraria, nel Paese emerge una larga percentuale (42%) di cittadini molto o abbastanza favorevoli a indire un referendum. Nettamente più favorevoli gli elettori della Lega (79%) e più contrari quelli del Pd (78%). Gli altri elettori sono molto più divisi.
Il risultato di un ipotetico referendum vedrebbe prevalere il consenso per la permanenza in Europa (46%) mentre poco più di un italiano su quattro (28%) manifesta l' intenzione di uscire e il 26% si mostra incerto e non ha un' opinione in proposito. Ciò significa che, escludendo questi ultimi, circa due elettori su tre (62%) vogliono rimanere in Europa.
Gli atteggiamenti sono fortemente influenzati dall' orientamento politico e dalle condizioni economiche. Riguardo al primo, la volontà di uscita prevale in larga misura tra i leghisti (47% contro 20%) e in misura minore tra gli elettori del M5s (41% a 37%) e di Forza Italia (40 a 38%).
Al contrario la permanenza è nettamente prevalente tra gli elettori del Pd (80% a 13%) e tra quelli delle liste di centro (56% a 27%). Quanto alle condizioni economiche, sono le persone più in difficoltà, in particolare i non garantiti con basso livello di istruzione, a mostrarsi più propensi all' uscita perché si mostrano sempre più scettici, disillusi.
È trascorso un anno dal referendum greco e l' Unione europea non sembra aver imparato la lezione, ha visto ridursi ulteriormente il consenso tra i cittadini europei (secondo Eurobarometro solo il 32% ha fiducia nella Ue) e, soprattutto, ha perso un importante Stato membro. Urge una robusta correzione di rotta: è difficile immaginare che ci possano essere altre prove d' appello.
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