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LA CANNES DEI GIUSTI – IL FILM CHE HA APERTO LA SEZIONE UN CERTAIN REGARD, “PROMIS LE CIEL”, È UN DRAMMA-COMMEDIA FRANCO-TUNISINO TUTTO INCLUSIVO E AL FEMMINILE – È AMBIENTATO A TUNISI, DOVE TRE DONNE AFRICANE DIVIDONO CASA. CON LORO ANCHE UNA BAMBINA DI CINQUE ANNI, RECUPERATA DAL NAUFRAGIO DI UN BARCONE CHE ANDREBBE REGOLARIZZATA – NON È UN GRANDISSIMO FILM, È POCO PIÙ CHE UNA VERSIONE SCENEGGIATA DI UNA SITUAZIONE NEOREALISTICA CHE PUOI RACCONTARE CON UN SERVIZIO DI “REPORT” – VIDEO

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Marco Giusti per Dagospia

 

Promis le ciel

Seguendo la linea tracciata da Robert De Niro nel giorno di apertura, un discorsetto da mandare diritto diritto al nostro ministro Giuli (“L'arte è inclusiva. Unisce le persone e include la diversità. Ecco perché rappresentiamo una minaccia per gli autocrati e i fascisti di questo mondo), e le scelte di cinema al femminile e di cinema politico del concorso, non possiamo non osservare che anche il film che ha aperto ieri sera la sezione Un certain regard, è un dramma-commedia franco-tunisino tutto inclusivo e tutto al femminile.

 

Promis le ciel

Si tratta di “Promis le ciel” diretto da Erige Sehiri, ambientato a Tunisi, dove tre donne africane dividono casa, la ivoriana Marie, Aissa Maiga, che si occupa seriamente di immigrati, la divertente ma senza documenti Naney di Deborat Christelle, e la studentessa Jolie di Laetitia Ky. Con loro troviamo anche una bambina di cinque anni, probabilmente ivoriana, recuperata dal naufragio di un barcone che andrebbe regolarizzata.

 

Se la prima parte del film è costruita un po’ come una commedia con le tre ragazze del tutto diverse che vivono assieme come una famiglia, nella seconda parte vengono a galla i problemi del vivere in Tunisia.

 

Promis le ciel

La polizia che ti ferma senza un perché, il razzismo dei tunisini bianchi verso i sub-sahariani, la difficoltà di sopravvivere senza documenti.

 

Malgrado la bellezza di Laetitia Ky, non è un grandissimo film, diciamo, è poco più che una versione sceneggiata di una situazione neorealistica che puoi raccontare con un servizio di Report, ma ha la grazia di raccontare in maniera civile e popolare una situazione complessa che in Italia facciamo finta di non voler sentire e di illuminarci su quel che accadde dall’altra parte del Mediterraneo.

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