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Estratto dell’articolo di Greta Sclaunich per il "Corriere della Sera"
Ascesa, trionfo, declino. Tutto questo in poco più di dieci anni: che sia questa la (velocissima) parabola delle app di dating? Dal lancio di Tinder nel 2012, che ha fatto da apripista, al boom durante gli anni del Covid, si è arrivati oggi alla crisi delle piattaforme per gli incontri. Scontano il generale rallentamento dei big del tech ma soffrono anche il ricambio generazionale. Esaurito il bacino dei Millennial (primi, entusiasti iscritti, molti accasatisi grazie a queste app e ora al giro di boa dei primi «figli di Tinder»), le app di dating devono conquistare la Generazione Z.
Cioè i giovani dai 18 ai 27 anni, «mobile-born» nati e cresciuti con smartphone e tablet. Che, almeno per ora, alle app di dating sono poco o per nulla interessati: ne rappresentano infatti solo il 26% degli iscritti contro il 61% dei Millennial stando a un sondaggio realizzato da Statista negli Usa l’anno scorso. Tra i motivi della loro freddezza c’è, secondo il report D.A.T.E. 2024 dell’app di dating Hinge, la paura del rifiuto.
Ironico, se pensiamo che Tinder era stato creato per esorcizzarla: il «match», cioè la possibilità di due persone di entrare in contatto fra loro solo se reciprocamente interessate, era stato inventato per non far sentire nessuno rifiutato. O, peggio, frustrato come si sente oggi l’utente medio: ci si iscrive (e spesso si paga) per conoscere persone nuove e magari per uscirci insieme, si resta invece invischiati in infiniti swipe e innumerevoli match senza conseguenze. Quella che è stata definita «dating fatigue» si traduce nella cancellazione delle app stesse (in media entro un mese dal download).
Risultato: il valore di mercato di Match, il gruppo che possiede Tinder, Hinge, Match.com, OkCupid è sceso a dieci miliardi (nel 2021, era 50) mentre quello di Bumble, la principale concorrente, a tre (dai 14 dall’Ipo, anche quella nel 2021, passando per il taglio del 30% del personale). Conquistare la Gen Z è difficile. Perché, come spiega il demografo Gianpiero Dalla Zuanna, «non vogliono definirsi e questo si riflette in una sperimentazione personale che si ripercuote nella messa in discussione dei modelli di dating tradizionali». […]
Come spiega Giovanna Cosenza, professoressa di Filosofia e teoria dei linguaggi all’Università di Bologna: «I ventenni usano i social come se andassero al bar: ci vanno per fare quattro chiacchiere e bere una cosa e, chissà, magari conoscono pure qualcuno di interessante. […]».
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