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Lettera di Enrico Vanzina* a la Stampa
Caro Direttore, la prima capitale italiana del Cinema fu Torino.
Nel 1896, proprio a Torino, i Fratelli Lumière esibirono per la prima volta in Italia il loro film destinato a cambiare la cultura del pianeta. E fu sempre a Torino che, nel 1907, nacquero i primi studi cinematografici nazionali; quelli dove Giovanni Pastrone girò il mitico «Cabiria».
Per questo ho deciso di rivolgermi a Lei, direttore del giornale simbolo del capoluogo piemontese, con l' urgenza di lanciare un grido d' allarme che riguarda la vita del cinema italiano contemporaneo.
Paolo Genovese con Enrico e Carlo Vanzina
Fino a poco tempo fa, in Italia, quando arrivava l' estate, i cinema chiudevano «per ferie». In estate, gli italiani preferivano andare al mare, ai monti, in campagna, disertando le sale cinematografiche. Colpa del caldo, dei riti storici delle lunghe villeggiature, delle città abbandonate, delle fabbriche, degli uffici, dei ristoranti e dei negozi tutti chiusi. Ma il mondo è andato avanti.
Oggi le piccole sale di una volta (talvolta con rammarico) sono state sostituite dai moderni multiplex. E con l' arrivo delle multisale, il cinema adesso viene programmato anche d' estate. Aria condizionata e luoghi di aggregazione commerciale hanno reso questa innovazione possibile.
Il merito va anche alla politica delle grandi major americane che hanno distribuito, con risultati eccellenti, i loro film nuovi e importanti a giugno, luglio e agosto. D' altronde all' estero, in America, in Francia, in Inghilterra, addirittura in Spagna dove fa caldo come da noi, la stagione estiva è il clou della programmazione, visto che gli studenti, insomma i giovani, sono in vacanza. Eppure, il cinema italiano si rifiuta di uscire nelle sale durante questo lungo periodo estivo. Come mai?
Semplice: in estate, produttori e autori nostrani temono d' incassare meno. E quindi si concentrano, con ottusa visione lobbistica, nei mesi autunnali, invernali e primaverili. Così creano un danno irreparabile sia al cinema italiano che a tutto il sistema. Questa loro ottusità, infatti, provoca, per nove mesi l'anno, un affollamento di titoli nelle sale. E ciò impedisce il sano sfruttamento economico di ogni singolo film. La tenitura è compromessa, i film spariscono dai cinema dopo una settimana, la concorrenza diventa autolesione.
Tutti lo sanno ma nessun cineasta italiano è pronto a sacrificarsi per il bene comune. Come accade spesso nel nostro Paese, tutti pensano solo al loro orticello.
Negli ultimi anni, mio fratello Carlo ed io abbiamo intuito la gravità del problema, decidendo di fare uscire alcuni dei nostri film a fine stagione: «Un' estate al mare» e «Un' estate ai Caraibi» sono stati dei grandi successi. Altri hanno faticato un po'. Ma questa è la via giusta da percorrere. Una via di sopravvivenza per tutto il nostro settore. Se altri colleghi, dopo di noi, non seguiranno questa strada, il fatturato del cinema italiano sarà destinato a scendere sempre più in basso. L' anticamera di una crisi nera.
*Sceneggiatore
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