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Marco Giusti per Dagospia
Bolgia totale di Matteo Scifoni
Bang! Torna il poliziottesco violento all’italiana. Se una donna taglia quattro dita a uno con una mannaia, quello prima le spara in testa, poi urla, “Ahi!Cazzo!”, e infine se ne va mettendosi le quattro dita in tasca. Magari riesce a riattaccarsele. Ma dove l’abbiamo vista la stessa scena?
Non è affatto male questo poverissimo, ma molto sentito Bolgia totale, opera prima e romanissima di Matteo Scifoni, ex-Giulio Cesare, tesi su Paul Thomas Anderson, prodotto da Domenico Trapani Lombardo per la Mescalito Film e distribuito dalla quasi inedita Asap Cinema Network. Tutto girato a Roma, in pieno agosto. Il vecchio ispettore del Prenestino Cruciani, Giorgio Colangeli, otto mesi alla pensione, dedito a tutti i vizi, con un bel conto da pagare dagli strozzini, deve riacciuffare un ragazzo che gli è scappato durante un’operazione antidroga.
Rischia parecchio, gli ha detto il suo capo, il sempre perfetto Gian Marco Tognazzi. Il ragazzo, tal Michele Loi, cioè Domenico Diele, il protagonista di ''1992'', è un trafficante psicopatico di basso rango, che lavora per uno slavo, Felix, interpretato ancora una volta da Ivan Franek. Michele ha momenti di violenza e di pazzia, ma ha una passione per una bella prostituta albanese muta, Zoe, cioè Xhilda Lapardahaja. Decide di fare un colpo che sistemerà lui e lei.
Ma siamo in un noir alla Di Leo, con molte citazioni da classici di Robert Rodriguez, ma anche da Miami Blues di George Armitage con Fred Ward. Non ci sono né buoni né cattivi e la gente muore sotto un bel cielo pieno di nuvole. 130 mila euro di budget, nulla o quasi, il film, girato nel 2013 e finito nel 2014, trova un distributore solo ora. Pienamente indipendente, qualche giro nei festival francesi, 20 sale, anche il Fiamma e Cineland a Roma. Non ti accorgi mai che è povero, pieno di idee, buoni attori. In sala dal 3 settembre.
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