festa del cinema lo chiamavano jeeg robot

IL CINEMA DEI GIUSTI – ALLA FESTA DI ROMA È IL GIORNO DI UN FILM ROMANISSIMO E PARECCHIO DIVERTENTE: “LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT” DI GABRIELE MAINETTI – CLAUDIO SANTAMARIA VESTE I PANNI DI UN SUPER EROE DI TOR PIGNATTARA, IN LOTTA CONTRO “O’ ZINGARO”, UN CATTIVONE CHE VUOLE SANGUE E SOLDI E CANTA LE CANZONI DELLA BERTÈ

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Marco Giusti per Dagospia

 

gabriele mainetti con alice vicariogabriele mainetti con alice vicario

Festa di Roma. Secondo giorno. “Scusa, ma te lo devo proprio di’. Cambiati le scarpe. Un supereroe con le scarpe de camoscio nun se po’ vede’”. Buone notizie. E’ sentito, ben fatto, magari con qualche ingenuità, ma divertente, questo Lo chiamavano Jeeg Robot, via coatta al supereroe romano che ha firmato alla sua opera prima Gabriele Mainetti con Claudio Santamaria protagonista nei panni del Jeeg Robot di Torpigna e Luca Marinelli come arcicattivo svalvolato, ’o Zingaro, che vuole sangue, soldi e notorietà youtubbara e canta le canzoni anni ’80 della Berté.

 

Mainetti è cresciuto a cartoon giapponesi e new cinema coatto, al punto che, dopo un passato da attore vanziniano, è stato il protagonista di Il cielo in una stanza, e da attore televisivo, Un medico in famiglia, dedicandosi al corto ha ottenuto un certo successo con Basette, variazione coatta sul mito di Lupin con Valerio Mastandrea e Marco Giallini protagonisti, e con Tiger Boy, dove un ragazzino non abbandona mai la sua maschera da Uomo Tigre.

 

LO CHIAMAVANO JEEG ROBOTLO CHIAMAVANO JEEG ROBOT

Arrivando al primo lungometraggio, autoprodotto assieme a Rai Cinema con Lucky Red come distribuzione, ma non se ne sa l’uscita, ha unito il mito delle bande coatte di Tor Pignattara con il culto immortale di Jeeg Robot grazie a una sceneggiatura scritta assieme a Nicola Guaglianone, come Basette.

 

In questo Lo chiamavano Jeeg Robot seguiamo la storia di Enzo Ceccotti, cioè Claudio Santamaria, bravissimo e credibile, sbandato che vive da solo con un frigo vuoto e vecchi pornazzi in dvd, che si ritrova superpoteri da Jeeg Robot dopo un colpo finito male nel quale è stato coinvolto da un vicino, Sergio, con figlia sciroccata, Alessia, l’inedita Ilena Pastorelli, fissata di jeeg Robot e del suo mondo.

 

LO CHIAMAVANO JEEG ROBOTLO CHIAMAVANO JEEG ROBOT

Colpito da un proiettile alla spalla, precipitato da nove piani e spiaccicato a terra, Enzo si è rialzato senza un graffio e ha scoperto così di possedere una forza sovrumana. Tanto che, armato di passamontagna, ha divelto un bancomat con le mani e se l’è portato a casa scatenando i writer del posto che lo hanno visto immortalato su You Tube grazie al video di sorveglianza. Per Alessia è lui il suo Jeeg Robot tanto aspettato.

 

LO CHIAMAVANO JEEG ROBOTLO CHIAMAVANO JEEG ROBOT

Solo che il colpo finito male di Sergio, che doveva recuperare degli ovuli di cocaina da due poveracci, ha scatenato la banda dello Zingaro, Luca Marinelli, e dei suoi uomini, che non sanno più dove sia finito il bottino e ne devono rispondere a un gruppo di pericolosi napoletani capitanati da una femmina coattissima, tale Nunzia, Antonia Ruppo. Lo Zingaro sbrocca, i napoletani sono cattivi, e Alessia vorrebbe sapere che fine ha fatto il padre. In tutto questo Enzo si sente sempre più nella parte del potente Jeeg Robot, anche se lo Zingaro gli ha staccato un dito del piede, e finisce per proteggere come un fratello la ragazza sciroccata.

 

LO CHIAMAVANO JEEG ROBOTLO CHIAMAVANO JEEG ROBOT

Diciamo che il mondo della periferia romana è già molto visto, fra Non essere cattivo, dove c’era Marinelli già sbroccatissimo, e Suburra, anche qui ci stanno cani feroci e teste spaccate, come sono un po’ visti certi atteggiamenti da sciroccati fra Timi e la Ramazzotti, ma l’idea del supereroe di Torpigna è nuova e viene risolta da Mainetti e Santamaria con una certa inventiva.

 

Anche se poi il film scivola in situazioni un po’ ovvie, la parte cartoonistica e da graphic novel alla Zerocalcare è molto divertente e piacerà ai pischelli, soprattutto romani. Ce credi? Sì, ce credi, dai.

 

Dell’altro film della giornata, vi riporto le impressioni di un vigile del fuoco che era appena uscito dalla sala. “Ma che era? Ma perché se fanno sti firm?”, seguitava a domandarsi senza risposta. Diciamo che questo raffinatissimo The Whispering Star (Hiso Hiso Boshi), terzo film dei sei che ha girato solo nel 2015 il prolificissimo regista giapponese Sion Sono, è piuttosto duro da smaltire.

 

THE WHISPERING STARTHE WHISPERING STAR

Impaginato da un elegante bianco e nero del direttore della fotografia Hideo Yamamoto, è una sorta di fantascienza molto intellettualoide dove una bella femmina androide, Yoko Suzuki, interpretata dalla musa del regista Megumi Kagurazaka, vive da 14 anni su una navicella spaziale e, come qualsiasi postina, porta di qua e di là nello spazio pacchie  pacchetti ai pochi esseri umani rimasti, sembra che siano il 20 per cento della popolazioni, visto che il resto è composto da androidi.

 

THE WHISPERING STARTHE WHISPERING STAR

Ciò che resta della terra è immortalato da Sono nei pressi di zone desolate che ci riportano direttamente al dopo esplosione di Fukushima, tema già celebrato dal regista nel bellissimo The Land of Hope. Già presentato con successo, ma anche con grande noia di molti, al festival di Toronto, è ovvio che questo complesso, soprattutto visivamente, The Whispering Star, possa non piacere a tutti. “Nun ce se po’ crede”, seguitava a dire il tormentato vigile spettatore col cornetto in mano. Ma forse non era un vigile del fuoco…