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Marco Giusti per Dagospia
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Credo che “Il ragazzo dai pantaloni rosa”, diretto da Margherita Ferri, appena quarantenne, lunga gavetta tra corti e fiction come tante ragazze registe (“Bang Bang Kid”), sia il capolavoro dell’idea di cinema teen e sentimentale di Roberto Proia, produttore, soggettista e sceneggiatore, già autore del successo della serie con la ragazzina bruttina iniziato con “Sul più bello” diretto da un’altra ragazza regista, Alice Filippi, e di una dei primo film teen sul coming out dei ragazzi gay, “Come non detto”.
Un lacrima gay movie, estremamente ben fatto e ben recitato da un gruppo di esordienti o quasi esordienti, come Samuele Carrino e i più navigati Andrea Arru e Sara Ciocca, ma con la partecipazione di una Claudia Pandolfi di grande spessore, tratto da una storia vera e terribile accaduta a un ragazzino di quindici anni, Andrea Spezzacatena, che dodici anni fa ha preferito uccidersi che sentire il peso della gogna dei social.
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Tema forte, reso ancor più forte da un cast e da una direzione degli attori che rende il tutto credibile e da una costruzione narrativa che non punta alla pornografia dei sentimenti. Andrea, interpretato da Samuele Carrino, è infatuato del più bello della classe, il Christian Todi di Andrea Arru, cosciente di suscitare il desiderio degli altri ragazzi, ma incapaci di gestire i propri sentimenti.
Al punto da compiere atti contraddittori, di amicizia, tenerezza e bullismo da fascistello romano, che fanno impazzire Andrea, che si butta tra le braccia della sua unica amica, la Sara di Sara Ciocca, ormai una vera professionista del nostro cinema, l’unica che lo capisca. Con lei vanno al cinema (è il cinema dei Piccoli a Villa Borghese) a vedere “Jules e Jim” di François Truffaut, scrivono recensioni, anche se Andrea non capisce dove siano i limiti tra amicizia e qualcosa di più che prova per Christian.
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Se la scuola, il liceo, è un campo minato di sentimenti e rivalse, la casa, la famiglia, con i genitori, Claudia Pandolfi e Corrado Fortuna, che si stanno separando, non è un luogo protettivo come dovrebbe essere per Andrea, che non trova lì la solidità che cerca per superare i suoi traumi giovanili. Tutto qua.
Il fatto è che non esistono film di questo tipo in Italia per il pubblico dei ragazzi. “Il ragazzo dai pantaloni rosa”, forte dell’esperienza dei precedenti film ideati e prodotti da Proia, arriva al momento giusto, col pubblico giusto, e copre un genere ritenuto dal nostro cinema difficile se non imbarazzante. Anche questo spiega il successo in sala che va oltre le aspettative. Non avevo mai visto tante lacrime di ragazzi e ragazze. Come ai tempi di “Love Story”.
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