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Marco Giusti per Dagospia
Insomma. Ho visto “Immaculate”, horror con suore indemoniate ambientato in un monastero italiano diretto da Michael Mohan, scritta da Andrew Label e interpretato da Sydney Sweeney. Brava, bravissima. Non solo deve interpretare la brava ragazza americana illibata incinta, non si sa da chi, se dal Diavolo o da Nostro Signore, ma non mostra neanche un centimetro di quello che mostrava in “Euphoria” e in tutti i suoi film precedenti. Si esprime solo attraverso il volto.
Attorno a lei una marea di attrici e attori italiani. Da Benedetta Porcaroli come suora amica che sa troppo e troppo parla a Giorgio Colangeli, torvo, minaccioso, da Simona Tabasco, suora impaurita che tenta la fuga, a Dora Romano, la cattiva di “Baby Gang”, fa paura. Il film non è male. Si vede volentieri. Come si vedono volentieri gli horror in estate. Anche se, finito l’effetto da tunnel della paura, le idee di regia meno banali di questo Michael Mohan, meno colto di Ti West, funzionano un po’ come la sceneggiatura del film, cioè provano a trovare una loro strada originale, ma poi si fermano per strada.
Un po’ ignoranza di quello che si sta mettendo in scena un po’ per ignoranza riguardo al genere stesso che trattano. E, allora, mi chiedo, in tutta onestà: ma, almeno questi horror a basso costo girati in Italia con le suore infami, i preti peggio, sangue dappertutto, mai una notte passata tranquilla, i chiodi della croce di Cristo in bella evidenza messi lì per risolvere qualche morte violenta, le lingue tagliate, le grandi abbazie, non potremmo farli scrivere e girare a sceneggiatori e registi italiani magari meno ignoranti in materia di quelli americani e produrli da soli?
Perché abbiamo bisogno di una messa in scena che nulla sa e nulla rispetta di monasteri, di suore, di preti. La grazia, l’attenzione, il rispetto del cinema americano verso questo tipo di horror e l’ambientazione italiana sembrano quelli che poteva avere il cinema di Hollywood per la cultura del terzo mondo. Pura exploitation un po’ razzista. E allora che mi importa se Sydney Sweeney è brava, se la Porcaroli funziona, se la Tabasco si fa vedere?
E’ un film che potrebbe essere girato da chiunque con una qualunque ambientazione. Se stiamo attenti alle scene di sesso sul set perché non dobbiamo stare attenti anche alla nostra cultura. A cominciare da quella cinematografica. Ci sono due omicidi, diciamo alla Dario Argento, rovinati da un montaggio alternato che vanno contro il minimo rispetto del thriller all’italiano. Ma vogliamo vederli i nostri film e rispettarli minimamente o vogliamo seguitare a usare l’Italia come turisti che mangiano la pizza e gli spaghetti nel primo ristorante che trovano? Ripeto. Il film, rispetto a altri horror, si vede. In sala.
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