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DRACULA UNTOLD DI GARY SHORE
Marco Giusti per Dagospia
Draculì-draculà draculiamo qua e là. Niente da fare. Al cinema siamo sempre più coatti. Certo, era Halloween e era giusto andare a vedere Dracula e signora, ma certo questo “Dracula Untold” dell’esordiente irlandese Gary Shore prodotto da Michael De Luca per la Universal pensato come un reboot del personaggio non è proprio il raffinato vecchio Dracula ultraclassico con Bela Lugosi o Christopher Lee.
E’ una versione Marvelizzata, robusta, piena zeppa di effetti digitali e un po’ di grana grossa della storia, che parte proprio da quando il vecchio Conte Vlad detto simpaticamente l’Impalatore (indovina perché?), interpretato da un buon attore inglese, Luke Evans, abbastanza muscoloso, se la vedeva con i turchi in quel di Transilvania.
Insomma, a un certo punto, dopo che sta finalmente vivendo in pace da una decina d’anni e ha messo su famiglia con la bionda canadese Sarah Gadon, favorita di David Cronenberg (“Maps To The Star”, “Cosmopolis”, ma era pure la moglie di Jung in “A Dangerous Method”) e un figlioletto, si ritrova un doppio problema.
Un pauroso vampiro mangiacristiani su una montagna sperduta, interpretato con gran classe da Charles Dance, ormai universalmente noto come Tywin Lannister ma un tempo anche D.W.Griffith per i fratelli Taviani. E l’esercito turco, capitano da Dominic Cooper come sultano, alle porte del suo castello. Il sultano vuole mille rampolli del regno di Vlad per farne dei soldati. Vuole anche il figlioletto del Conte. Non sia mai. Vlad preferisce farsi vampirizzare da Charles Dance e diventare un supereroe dai superpoteri per poter sconfiggere i turchi e salvare il suo popolo.
Così impalerà centinaia di turchi. Ma tra il master vampire e il new vampire c’è una sorta di patto. Se Vlad non succhierà sangue per tre giorni di seguito, tornerà umano e il vecchio vampiro prenderà il posto che aveva nella caverna piena di scheletri e pessimi odori. Se lo succhierà, Vlad sarà segnato a vita e il vecchio vampiro tornerà a piede libero tra gli umani. La sceneggiatura firmata dai novellini americani Burk Sharpless e Matt Sazama, scritta quando il film doveva dirigerlo Alex Proyas, diciamolo subito, non è rispettosa della grande tradizione vampiresca della Universal.
Il povero Luke Evans, fresco di “Hobbit”, subentrato a un ancora più assurdo Sam Worthington, fa quello che può con i suoi dialoghi e mostra quando può i pettorali come un qualsiasi Superman prima di lanciarsi in un duello finale con Dominic Cooper (insieme fecero “Tamara Drewe”). Sarah Gadon è un po’ sprecata, mentre Charles Dance si mangia tutti con un gran dialogo nella caverna, spiegando a Dracula che quello del vampiro non è che sia proprio un gran lavoro, e mette anche un po’ di pepe nella vicenda, che avrà sicuramente un sequel.
Anche se il film ha funzionato, con i suoi 52 milioni di dollari guadagnati solo in America e un totale globale di 188, e l’esordio alla regia di Gary Shore non è da sottovalutare, è evidente che la preparazione e la lavorazione del film siano state non poco pasticciate. Molte cose non tornano, altre si perdono proprio.
Ma il film, alla fine, è meno coatto nella sua esecuzione, grazia a regia e interpreti, di quanto non lo sia nell’impostazione del produttore Michael De Luca. Ovvio che sia stato massacrato dalla critica, che l’ha definito “senza denti”, “da rinchiudere in una bara cinematografica piena d’aglio e crocefissi”, ma è l’unico film di vampiri che ultimamente abbia portato i soldi a casa. E non è poco, per i vecchi succhiasangue. Già in sala.
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