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Marco Giusti per Dagospia
Cosa fare se da bambino sogni un diavolone tutto rosso con pisello ritto che ti passa per casa? E cosa ti capita se da tua moglie pretendi solo sesso anale? Nessuno ci aveva capito niente un anno fa a Cannes di fronte a questo misterioso, segreto, perverso e autorialissimo "Post Tenebras Lux" del messicano Carlos Reygadas, che esce solo adesso in Italia. Ed erano partiti i fischi, pesantissimi, che si ripresentarono quando il film vinse il premio per la Miglior Regia, togliendo a "Holy Motors" di Léos Carax ogni possibilità di premio minore.
Va detto che Carlos Reygadas è un regista di tutto rispetto che Cannes ha particolarmente coccolato negli anni. E che stupì tutti con "Japon Japon", con il cupissimo "Battaglia nel cielo", provocando i cattolici col suo pompino metafisico reale.
Ma "Post Tenebras Lux" lasciò veramente stupiti un po' tutti, e ci domandammo il perché di quest'opera così poco comprensibile che Reygadas definì come impressionista, immagini che aveva tratto dai suoi ricordi e dalla sue memorie più segrete, mischiandole con la sua stessa vita reale, visto che le azioni si svolgono nella sua casa in montagna, con sua figlia e sua moglie. Come in "Battaglia nel cielo" anche qui si segnalano sesso, violenza, differenze di classe e angoscia cucite in salsa autoriale e messicana.
Il film inizia alla grande con una bambina molto piccola, appunto la figlia del regista, sperduta in un campo in mezzo ai buoi e ai cavalli, protetta dai cani mentre stanno scendendo le tenebre e un brutto temporale. Al posto della luce prevista dal titolo latina, arriva però il già citato diavolone rosso con codone e pisellone che se ne va in giro per una casa (ma di chi?) con una borsa da dottore.
Un bambino lo vede e lui entra nella stanza, pare, dei genitori. La storia segue poi la famiglia della bambina della prima scena in una villa in piena foresta messicana. Siamo nello stato di Morelos. La mamma, Nathalia, vera moglie del regista, Nathalia Acedevo, e i due bambini, deliziosi, svegliano il padre, che è un alto borghese problematico, Adolfo Jimenez.
Nel corso del film scopriremo che la moglie non lo regge più, lui è un violento, massacra un cagnolino mordace ("distruggo tutto quello che amo di più" è la sua scusa), vorrebbe scopare sempre, le dice addirittura "stasera dammi il culo" (giuro) e lei accetterebbe pure per disperazione, poi litigano e lei promette di mollarlo.
Ma soprattutto parla sempre, e questo lei proprio non lo regge. C'è pure un sogno (di lei, ovviamente) che vede i due in un bagno turco pieno di uomini e donne nude, dove lei si fa scopare davanti a lui da altri uomini con la testa fra le tette di un personaggio materno.
Alla fine ci pensa un villico a calmarlo con un colpo di pistola (non ci si può fidare della servitù nemmeno in Messico), poi torna il diavolo e parte un finale con una partita di rugby che dovrebbe farci capire che Reygadas ha studiato in Inghilterra. Mah! Le singole scene sono notevoli, traspira una violenza tra i sessi e fra le classi reale, ma non si riesce a percepire, come nei suoi precedenti film, un piano complessivo. Resta, in questi ultimi film d'autore, una gran richiesta di sesso anale. In sala dal 9 maggio.
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