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Marco Giusti per Dagospia
Reduci del 68, preparate i fazzoletti. Nascosto sotto un titolo assurdo come fosse un film di Bombolo o una commediola leggera, "Qualcosa nell'aria", esce l'ultimo film di Olivier Assayas, "Après Mai", cioè "Dopo il Maggio", visto che siamo già ai primi del 1970, presentato con successo lo scorso settembre al Festival di Venezia, dove ha vinto l'Osella d'Oro per la Miglior Sceneggiatura e dove ha già fatto piangere masse di critici ex-militanti più o meno attempati.
Del resto Olivier Assayas dedica il suo film alla sua e nostra giovinezza di cinefili militanti, divisi tra cinema, rock e rivoluzione. Ovviamente qualcuno si è anche stranito. Eravamo davvero così? Non eravamo così? Chissà ? Io e il mio vecchio compare Tatti Sanguineti ci siamo riconosciuti abbastanza.
C'è di tutto. La A di anarchia incisa sui banchi di scuola, la citazione da Pascal del professore di liceo, "tra noi e l'inferno, tra noi e il nulla c'e' la vita", l'idea che si possa partire da un giorno all'altro con Alighiero Boetti per l'Afghanistan o come tecnico delle luci del tour dei Soft Machine, o come assistente di Jean-Luc Godard in Italia per girare "Lotte in Italia", che si possa passare dalle molotov ai set di fantascienza, che si pomici in sala guardando "Joe Hill" di Bo Widerberg o in un prato tra Pink Floyd, Amazing Blondel, Nick Drake, Phil Ochs, Captain Beefheart, Incredible String Band, il gran parlare di operai ma non vederli mai, di cinema e rivoluzione.
E poi i grandi dibattiti sul nulla, le feste alto-borghesi dove qualcuno prima o poi si butta dalla finestra. Tutto questo ci rende incredibilmente attratti da questo film, scritto, strutturato e diretto con la stessa precisione che aveva mostrato Assayas nel suo capolavoro "Carlos". Forse con un po' di distacco anti-bertolucciano e con un grande uso di un cast di giovanissimo e di quasi sconosciuti, da Lola Creton a Clément Metayer, da Carole Combes a Nathan Rodrigue, tutti bei volti credibili.
Qui si tratta di raccontare se stessi e la propria generazione del dopo maggio, con le idee, gli amori, le passioni, i film, i dischi, le contraddizioni. Tutti in Italia a conoscere i cineasti militanti! Tutti a Reggio Calabria con gli operai! Diamo a loro la cinepresa e anche la moviola! Ironico e più che anticomunista, in quanto anarchico, assolutamente onesto nel descrivere le manie, i vizi della rivoluzione culturale europea degli anni 70, sprofondata nei salotti borghese a parlare della classe operaia, "Apres Mai" segue i suoi ragazzini con l'amore della riscoperta dei propri errori e delle proprie debolezze, ben sapendo che dovendo rivivere la nostra vita li rifaremmo tutti.
Perché quella, cullata dai Soft Machine, da Frank Zappa, dagli Amazing Blondel è stata la nostra vita. E nessuno potrà togliercela. Mentre "The Dreamers" di Bertolucci era chiuso dentro all'appartamento borghese di Parigi-Parma in un gioco erotico di scoperta e massacro familiare, "Apres Mai" si apre al mondo e all'ironia della borghesia in vacanza con la rivoluzione (o viceversa), dove si imparano lezioni di rock e di vita e non di Verdi e vita, dove si cresce per formarsi un gusto e un lavoro e non per rimettere in scena all'infinito il teatrino di Visconti e Cocteau. Se "The Dreamers" era più compatto e glamour, "Apres Mai" è più aperto e rock. Tanto le lacrime le abbiamo già piante tutte... In sala dal 17 gennaio.
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