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Marco Giusti per Dagospia
Si era parecchio diviso il pubblico lo scorso maggio a Cannes su questo kolossal della lacrima e della crisi firmato da Jacques Audiard, il Matteo Garrone francese, che con l'eccellente "Il profeta", grande film carcerario, aveva vinto il Grand Prix della Giuria nel 2009. "Un sapore di ruggine e ossa" (meglio il titolo originale "De rouille et d'os"), mélo con paraplegica, con l'eterna piangente Marion Cotillard (stavolta piange al 35esimo minuto) e l'astro nascente Matthias Schoenaerts, ritenuto gioiello nazionale di un festival interamente dominato dalle produzioni e coproduzioni francesi, malgrado le ottime recensioni, non ha però ottenuto lo stesso successo e neanche il maggior premio per la lanciatissima Cotillard.
Costruito un po' come un "Quasi amici" romantico, cioè con la coppia extracomunitario cafone e paraplegico francese raffinato che si incontrano e diventano inseparabili, i paraplegici andavano fortissimo questa primavera, è in realtà ispirato all'omonimo ("Ruggine e ossa", uscito da Einaudi nel 2008) libro di racconti del giovane scrittore anglo-canadese Craig Davidson, una specie di Chuck Palahniuk pazzo per la boxe, e per i suoi protagonisti disperati, teneri e violenti.
La storia, pur se trasportata nella Francia dei giorni d'oggi, attraversata dal Nord del belgio al Sud di Antibes, riprende un clima da grande depressione del romanzo, coi suoi combattimenti clandestini, la lotta tra operai e crumiri pagati dai padroni e la bestialità venata da dolcezze del personaggio maschile, il gigantesco Ali, che dovrà lottare e soffrire per crescere e per accettare l'amore della disgraziata Cotillard che ha perso le gambe in un tipico incidente col delfino.
Audiard non ci risparmia nulla, la storia di amicizia e pietà tra due persone diverse e sofferenti, come già fece in un suo vecchio film, "Sur mes lévres", qui lei ricca e lui povero, lei intelligente lui un po' de coccio. E non ci risparmia la lotta di classe, il rapporto di Ali col figlioletto, la ormai insopportabile musica romantica di Alxandre Desplat (un flagello anche in "Reality" di Garrone) e soprattutto le scene di nuoto e di sesso con la paraplegica, con tanto di effetti speciali perfetti che mostrano la Cotillard senza gambe.
Girato e interpretato benissimo, perfettamente dosato nel pianto e nella paraculaggine da film destinato al successo, può non piacerci del tutto, irritarci, ma alla fine, anche se non ne possiamo più delle istruttrici di delfini come se fossimo in un film di Brizzi o di Moccia, il film funziona. Resta la domanda, rivolta ai critici più raffinati, soprattutto francesi, del perché abbiano storto il naso di fronte a "Quasi amici" e non di fronte a "Ruggine e ossa". Misteri della critica... In sala dal 4 ottobre.
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