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SANREMO DIVENTA UN TALENT SHOW? LA SALA STAMPA RIBOLLE, SI SENTE DEFRAUDATA DEL POTERE DECISIONALE…
Marco Giusti per Dagospia
Scappa – Get Out di Jordan Peele
Vi dovete fidare. E’ uno dei film più belli dell’anno. Anche se non vi piacciono gli horror, e poi non è proprio un horror, ma un social-horror o un horror con venature satiriche, è uno di quei rari film che si inventano qualcosa, un genere, una storia, ma anche il modo di raccontarla. Scappa – Get Out, opera prima scritta e diretta dal comico televisivo afro-americano Jordan Peele è stato un vero e proprio caso in patria.
Non solo per il successo, 184 milioni di dollari di incasso con 4 milioni e mezzo di budget, ma anche per aver saputo descrivere una paura reale, addirittura di razza, proprio nei giorni delle elezioni vinte da un mostro come Trump. Ma i bianchi malefici mostrati da Jordan Peele non sono i soliti quattro o cinque nazistoidi del sud rincojoniti, ma dei tranquilli bianchi progressisti che si vantano di aver votato Obama e giurano che lo avrebbero eletto anche la terza volta se si fosse potuto candidare, dei professionisti, intelligenti e intellettuali.
Allora perché si comportano così? Il fotografo nero Chris Washington, interpretato da Daniel Kaluuya, decide di passare il weekend a casa dei genitori della sua ragazza bianca, Rose Armitage, interpretata da Allison Williams. Non sa come verrà accettato, ma al primo incontro sembra che vada tutto bene, il padre Dean, Bradley Whitfor, è un chirurgo di larghe vedute, la madre, Catherine Keener, una psicanalista solo un po’ bislacca fissata col fumo e sul volere imporre con l’ipnosi una cura sicura per smettere con le sigarette per sempre. Solo il fratello Jeremy, Caleb Landry Jones, sembra un po’ svalvolato.
Ma può capitare. La cosa più preoccupante che nota Chris è la servitù nera, totalmente sottomessa, quasi degli zombi. Nella notte Chris, che si è svegliato per fumare, incontrerà la mamma psicanalista che lo addormenterà portandolo mentalmente in un “pozzo oscuro” dove scaverà nel suo profondo. Ma la mattina dopo, durante una festa con gli amici, tutti bianchi, degli Average, capirà che non gli resta che scappare.
Da cosa e da chi lo capirà ben presto. E con lui lo capiranno gli spettatori. Jordan Peele, al suo primo film, si serve dei generi, l’horror, per raccontare qualcosa che non è facile descrivere senza scivolare nella banalità e che comunque ben rappresenta i sentimenti di paura e di oppressione di questi ultimi anni in America per gli afro-americani.
Non siamo di fronte a una favola scura o a una metafora, quanto a una situazione da horror anni ’70, il film che Peele più cita è il geniale The Stepford Wives – La fabbrica delle mogli di Bryan Forbes, dove conta quel che sentiamo rispetto alla nostra vita di tutti i giorni, piuttosto che quello che il regista descrive. Senza nulla svelare del racconto, è chiaro che la svolta narrativa finirà per banalizzare un po’ la situazione, più bella finché si rimane nel dubbio e nel terrore mischiato alla satira sociale, ma era inevitabile. Grande film della stagione. Assolutamente imperdibile.
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