IL CINEMA DEI GIUSTI - “VITA DI PI” È STATO UN BESTSELLER INTERNAZIONALE, MA IN ITALIA NON HA FUNZIONATO - ANCHE IL FILM DI ANG LEE SULLE AVVENTURE DELL’INDIANO PI, COSTRUITO CON UN ECCESSO DI EFFETTI DIGITALI E UN BELLISSIMO 3D, POTRà AVERE QUALCHE PROBLEMA COL NOSTRO PUBBLICO CHE NON RIESCE MAI A CAPIRE BENE I FILM APPARENTEMENTE PER RAGAZZI, MA CON FORTI CONTAMINAZIONI SURREALI O METAFORICHE…

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Marco Giusti per Dagospia

Da noi se leggi "Vita di Pi" pensi di aver capito Bi, come Berlusconi, tanto siamo fissati... E invece "Vita di Pi", il libro scritto nel 2001 dal franco-canadese nato in Spagna Yann Martel, è un vero e proprio best seller fra l'avventuroso e il mistico filosofico che ha fatto impazzire mezzo mondo, anche se da noi non ha funzionato granché. Forse perché di indiani francofoni e vegetariani che viaggiano con un'affamatissima tigre gigante del Bengala su una barchetta nell'oceano e scoprono all'improvviso Dio non ci importa poi così tanto. Abbiamo tutte quelle vite dei Santi da smaltire...

Invece il pubblico di tutto il mondo aspettava da anni la versione cinematografica di "Vita di Pi". Riesce a firmarla, dopo dieci anni di tentativi non riusciti della Fox, il taiwanese americanizzato Ang Lee, che ha già trattato tigri e dragoni, cowboy dalle chiappe chiacchierate, ecc. Ma ci sono stati molti trattamenti e tentativi falliti in questi dieci anni. Il film è passato così dalle mani dell'indo-americano M. Night Shyamalan, che sarebbe stato molto adatto, a quelle del messicano Alfonso Cuaron, da quelle del francese Jean-Pierre Jeunet, che lo aveva riscritto con Guillaume Laurant a quelle di Ang Lee, che lo fa scrivere a David Magee, lo sceneggiatore di "Neverland" di Marc Forster.

Ne viene fuori un polpettone in 3D da 120 milioni di dollari (ma ne ha già rifatti 166...) con la tigre ricostruita sulla barca in digitale e il povero protagonista, l'inedito sedicenne Suraj Sharma, che deve fingere di stare attento a non farsi divorare in un solo boccone. La storia vede "Pi", che sta per Piscine Molitor Paris in onore delle celebri piscine parigine, ormai adulto, sposato e diventato cittadino canadese, e interpretato dalla megastar indiana Irrfan Khan, raccontare la sua complessa storia a un finto Yann Martel, che in un primo tempo era stato addirittura interpretato da Tobey MacGuire, poi sostituito, con nuove riprese, da un attore più anonimo per non turbare la forza del racconto.

Così vediamo Pi bambino col padre, che gestisce un grande zoo a Pendicherry, capitale dell'India francofona, lottare più che con gli animali con i compagni di classe che lo chiamano "Pissing", cioè "Piscione", e per queste decidere di diventare solo Pi, come il p greco della matematica. Lo vediamo incantato dalla grande tigre del Bengala Richard Parker, che si chiama così per un errore di trascrizione al momento della cattura, dato che è il nome del cacciatore che l'ha catturata.

Ma Richard Parker rimanda anche a un personaggio del Gordon Pym di Edgar Allan Poe e al nome di un vero marinaio diciassettenne che venne mangiato dai suoi compagni dopo un naufragio in mezzo all'Oceano Atlantico. Quando il padre di Pi deciderà di trasferirsi con la famiglia in Canada portandosi dietro moglie, figli e animali, la vita del ragazzo cambierà totalmente. Perché, dopo una tempesta che ha fatto affondare la nave mercantile giapponese su cui viaggiavano, si ritroverà solo su una scialuppa di salvataggio proprio assieme alla tigre Richard Parker.

E dovrà convivere per 22 giorni con l'aggressività e la fame della tigre, abituata a cinque chili di carne al giorno. A questo punto il film prende una piega mistico-avventurosa, più vicina al mondo marinaro di Melville e del Gordon Pym di Poe. Come sanno bene i lettori del libro tutto quello che vivrà nel suo viaggio Pi potrà essere letto in modi diversi e il suo condividere la barca con la tigre e con una zebra ferita, una iena e una mamma orango che presto moriranno uccisi e mangiati da Richard Parker, potrà avere valore metaforico. Ma quello che interessa sia a Martel che a Ang Lee è l'immagine di Pi sulla barca assieme alla tigre che galleggiano sul mare.

Perché il mare, come nei romanzi di Melville, è un elemento fortissimo del racconto. Costruito con un eccesso di effetti digitali e un bellissimo 3D, "Vita di Pi" è un film che sta avendo già molta fortuna a livello internazionale e trova in Ang Lee il giusto illustratore in grado di combinare avventura e misticismo, ma è possibile che incontri qualche problema col nostro pubblico che non riesce mai a capire bene i film apparentemente per ragazzi, ma con forti contaminazioni surreali o metaforiche, o comunque adulte.

Come per "The Grey", dove Liam Neeson affronta i lupi grigi a pugni nudi, anche qui la ferocia animale è la nostra parte più nascosta e profonda che viene fuori nei momenti più tragici della nostra vita, ma è l'unica risorsa che abbiamo in grado di farci sopravvivere. Il problema, magari, è conviverci. Dopo.

 

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