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DAGOREPORT - DOPO APPENA TRE SETTIMANE ALLA CASA BIANCA, TRUMP HA GIA' SBOMBALLATO I PARADIGMI…
Alle 16 e 27, con quasi mezz'ora di ritardo, è arrivata Elisabetta, tutta di bianco vestita, il velo da sposa trasparente. à scesa dalla Maserati tenendo per mano la figlia Vittoria, anche lei in abitino color panna. Bene, possiamo cominciare, ha sussurrato il parroco davanti all'altare.
Antonio Conte era entrato 40 minuti prima, ore 15 e 47, completo grigio luccicante con bordi bianchi, sorriso felice e sguardo lungo: aveva fatto per salire sul sagrato, poi era tornato indietro ed era andato a stringere le mani, una per una, di tifosi e fotografi assiepati lì di fronte, Chiesa dei Santi Angeli Custodi, Torino Crocetta, a due passi da corso Vinzaglio, dove abita l'allenatore della Juventus e dove ha conosciuto sua moglie, sulle scale di casa, quasi un'epoca fa, nel 1991, salutandosi distrattamente come dei vicini qualunque per quasi 10 anni interi: «Aveva 16 anni quando la vidi la prima volta. Era troppo piccola».
Per il «fatidico sì», c'è voluta ancora un'altra oretta buona, dopo tutti questi anni volati via sulle loro vite: alle 17,55 è partito l'applauso. Antonio Conte ed Elisabetta Muscarello sono marito e moglie, lungo una storia d'amore senza notti brave, senza veline, senza tv, così lontana dai cliché dei calciatori che fanno tendenza. Una storia qualunque, proprio come quelle dei film.
Anche a guardarlo da qui, questo matrimonio sembra mettere insieme due mondi e due vite, non solo nella fila degli juventini che entrano in Chiesa, quelli che c'erano e quelli che ci sono, da Giampiero Boniperti a Luciano Moggi, che si beccano applausi quasi in egual misura, passando da Antonio Giraudo a Giuseppe Marotta e Fabio Paratici che arrivano assieme ad Aldo Mazzia, il dg, il ds e l'uomo dei conti della squadra di oggi, fino ad Andrea Agnelli, il presidente, che si presenta - lui sì - puntuale come un orologio, alle 16.
Ma tra Massimo Carrera, Ciro Ferrara, Angelo Alessio, il suo ex vice Christian Stellini e il tifosissimo Massimo Giletti (che vince all'applausometro assieme ad Antonio Conte, ma dopo Elisabetta), la Juve che ha perso e la Juve che ha vinto tutto, c'è un lungo elenco di gente senza nome con il vestito della festa, facce anonime come le nostre, che forse sono davvero la maggioranza, quelli che non vincono mai alla domenica.
Anche fuori dalla chiesa ci sono due mondi che non si mischiano mai, qualche decina di tifosi assiepata con i fotografi e i giornalisti di fronte all'uscita, e centinaia di curiosi sistemati nella via San Quintino, appoggiati alle grate, molte donne tutte elegantemente agghindate, tanti vecchi e grappoli di bambine invidiosissime delle loro coetanee che corrono con i pizzi e i fiori sulle pietre del sagrato. Fra i tifosi, c'è pure Alberto che è arrivato da Milano e aspetta pazientemente la fine della Messa in abito nero sotto al sole con un grande poster dove c'è scritto «Conte mister 30 e lode» e un mazzo di lilium e rose da consegnare agli sposi quando risalgono sulla Maserati davanti alle tv.
Poi si parte. E in questo matrimonio dai due volti, anche i posti sono così diversi e così lontani. La Messa si tiene nella parrocchia di famiglia, a due passi da casa, dove Elisabetta è cresciuta e per un certo periodo ha insegnato pure catechismo ai bambini del quartiere, con i testimoni che sono i due fratelli Gianluca e Daniele per lui e il fratello Marco e la cugina Roberta per lei, e gli ospiti che arrivano a piedi o sulle Panda, mentre la festa, invece, accende le luci nell'esclusiva Galleria Diana alla Reggia di Venaria, con 340 ospiti più 40 bambini.
Se in Chiesa c'erano i colleghi di lavoro e le memorie della vita (come il suo primo allenatore Eugenio Fascetti assieme al suo primo ds nella carriera da mister, Giorgio Perinetti) e un clima quasi familiare, a Venaria si sfoggiano abiti di lusso, belle donne e grandi nomi, tutti blindatissimi.
Adesso, dietro le ombre lunghe dell'ultimo sole, anche i giornalisti sono tenuti a distanza. In fondo, è giusto così. Questo è diventato il matrimonio dell'anno, a Torino. Ma di questa cosa i meno contenti sono proprio gli sposi. Lui dev'essere un vero duro. Lei una donna molto forte, così forte da restare normalissima. Una che quando lui arrivò a prenderla in Porsche per la prima volta, storse il naso: «Guarda, preferisco di no. Non mi piacciono queste macchine».
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