DAGOREPORT – MARINA E PIER SILVIO NON HANNO FATTO I CONTI CON IL VUOTO DI POTERE IN FAMIGLIA…
Alessandra Paolini per “la Repubblica - Edizione Roma”
Dalla poltrona nera e rossa a forma di grande fallo, si vede Castel Sant' Angelo che sembra quasi si possa toccare, tanto è vicino. Redazione di "Dagospia" lungotevere Marzio. È qui, tra crocifissi antichi ma tatuati, nani di Biancaneve, immagini di santi alle pareti alternati a foto di sederi di donna (il più bello quello di Moana Pozzi), che incontriamo Roberto D'Agostino.
Camicia a fiori sbottonata, tatuaggi ovunque, anelli quasi a ogni dito, orecchino con falce e martello, sigaro in bocca, parla della sua Roma. Di come era e come è adesso. E parla del suo sito che compie 18 anni. «È maggiorenne può cominciare a fottere», dice lui con voce pacata. Pacata perché, spiega D'Agostino, «da ragazzino ero balbuziente, a 19 anni mia madre mi mandò da una logopedista, alcune parole ancora non le pronuncio bene se non parlo piano».
RENZO ARBORE E ROBERTO DAGOSTINO
La sfottevano?
«Certo, ma essere preso in giro da piccolo mi ha dato la possibilità di leggere tanto. Ero sempre solo e mi immergevo nei libri».
Come mai tante immagini sacre? È credente?
«Sono un grande fanatico dell' iconografia religiosa. E poi amo le chiese: San Pietro in Vincoli, Sant' Agostino. Ogni chiesa ha una storia e spesso sono state costruite sopra templi pagani. Sa che la Cappella Sistina è sorta proprio in quel luogo perché lì sotto c' è la tana del diavolo?».
Ma chi lo dice?
«Federico Zeri che è stato un mio amico e maestro, ha passato 5 anni a studiare la Cappella Sistina e un giorno dopo il restauro mi fece vedere una grata in un angolo. "Lì sotto c' è il demonio", mi disse. Io però, ho anche Gesù Cristo tatuato sulla schiena. Un dolore per farlo...».
Quanti ne ha di tatuaggi?
ROBERTO D'AGOSTINO CON L ERMAFRODITO
«Tanti. Ho anche il nome di mia moglie e di mio figlio sulle braccia. Ho cominciato tardi però, il primo l' ho fatto a 60 anni: un Cristo che esce da una ferita. È stato un ex voto, dopo un' operazione ai polmoni».
Ha un tatuatore di fiducia?
«Gabriele a Campo dei Fiori. Il migliore che c' è a Roma».
Lei ha avuto tante vite, ha cambiato tanti mestieri.
«Ho cominciato a lavorare in banca, 12 anni ci sono stato. Filiale della Cassa di Risparmio a Centocelle. Una grande scuola: dovevi stare attento sennò ci rimettevi tu i soldi. Ero contento però, quel posto fisso mi permetteva di riempire il frigo, comprare la Cinquecento. Il lavoro, c'è poco da fare, dà dignità all' uomo. E stando dietro lo sportello avevo uno sguardo aperto sul mondo.
Federico Zeri (1921-1998) - Critico Darte
Vedevi di tutto: da me veniva Enrico Nicoletti, quello della banda della Magliana. All'epoca era ancora solo uno strozzino. In banca mi sono accorto per la prima volta come nessuno pagasse le tasse. La gente chiedeva prestiti ma poi non aveva le credenziali sufficienti. Dichiaravano redditi sotto la soglia di povertà ma non erano poveri affatto».
Quando è diventato disc jockey?
«La musica è sempre stata la mia passione, la sera a turno finito andavo in radio. E stando ancora in banca facevo il critico musicale anche per alcuni giornali. Barbara Palombelli, che avevo conosciuto durante la luna di miele del mio primo matrimonio in un villaggio turistico dove lei faceva l'animatrice, veniva a prenderli per poi farli pubblicare. Ma già nel '64 ero fisso a via Asiago, alla Rai, per partecipare a "Bandiera Gialla" con Renzo Arbore. La sera poi io, Loredana Bertè e Renato Zero, andavamo al Piper.
La svolta è arrivata con il Titan, un locale in via della Meloria che voleva portare a ballare i compagni. All'epoca la disco music era appannaggio dei ragazzi di destra, quindi bisognava creare un posto alternativo che piacesse anche a chi aveva fatto il '77. Gli anni precedenti, quelli dal '68 al '78 erano stati tremendi. Grande emancipazione sessuale, certo, finalmente le donne prendevano la pillola e al Titan si faceva sesso pure sui divani, ma c'era tanta violenza. A Roma era guerra civile e dovevi stare attento in quale quartiere giravi se avevi addosso l'eskimo».
I suoi amici dell'epoca?
«Arbore è e resta uno dei miei migliori amici. Un grande signore. Poi c'è Renato Zero. Lui abitava alla Montagnola in un palazzo di poliziotti e si vestiva da Zero nel mio portone. Una volta facemmo un incidente a piazza Fiume. Finimmo dentro un negozio di pompe funebri: tutti insanguinati tra le bare. Ci portarono al Policlinico e Renato, che ancora non era famoso ma già indossava tutine attillatissime ed era truccato, fu ricoverato nel reparto delle donne. Hai voglia a spiegare che era un maschio...».
I suoi ricordi dell' Estate romana?
«Renato Nicolini era un genio, aveva capito che l'unica vera rivoluzione era quella culturale. Mi chiamò per creare a Villa Ada una manifestazione dove si ascoltava musica e si ballava. Cinquemila persone a sera: tutti a dimenarsi con l'Ally Galli. Perché volevamo la spensieratezza degli anni Sessanta, far tornare la gente a divertirsi con leggerezza: la "guerra civile" era alle spalle».
Lei vive in centro, ma è nato a San Lorenzo.
«In via dei Volsci. Mamma bustaia, papà saldatore. San Lorenzo allora era un po' un ghetto: stretto tra il Verano, la ferrovia e la ferita mai rimarginata del bombardamento del '43. Pensi, da Pommidoro a mangiare i miei non mi hanno mai portato perché lì sotto c'era, in tempo di guerra, un rifugio antiaereo. E mia madre non se la sentiva di affrontare quei ricordi».
Lei è considerato un cattivone col suo "Dagospia". Riceverà un sacco di lamentele...
«Ogni giorno. Ma io non mi lascio intimidire, resto sempre un coatto di San Lorenzo. Una volta Sgarbi lo stavo per menare in tv... Ma so anche chiedere scusa, se sbaglio».
ROBERTO DAGOSTINO BARBARA PALOMBELLI
E il romano che tipo è?
«Il romano è accusato di essere cinico. In realtà è il re dello esticazzi!. È disincantato e si annoia subito. Per tre mesi, tanti anni fa, a Roma venne Liza Minelli col padre, mi pare dovesse girare un film. A una cena gli chiesero di cantare e lei si stizzì. La volta dopo però si concesse, la gente grata applaudiva. Lei ci prese gusto e cominciò a cantare a ogni party. Alla fine tutti a sbuffare: "Togliieteje er pianoforte: Ancora co' sto New York New York?...e mo' basta!".
Come si finanzia il suo sito?
«Con la pubblicità, ma i soldi mi servono tutti per pagare le querele».
Dago dal tatuatore foto Gilda Aloisi per Rolling Stone jimi hendrix al titanliza minnelli a fantastico titan titan titan interno ron galella liza minnelli con frank sinatra Enrico Nicolettititan Dago dal tatuatore foto Gilda Aloisi per Rolling Stone
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