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DESTINAZIONE OSCAR - “FUOCOAMMARE” VINCE IL PREMIO PER IL MIGLIOR DOCUMENTARIO EUROPEO AGLI “EUROPEAN FILM AWARDS” - ROSI: “IL VOTO CONTRARIO DI PAOLO SORRENTINO PER LA DESIGNAZIONE AGLI OSCAR? MAGARI AVEVA RAGIONE LUI, IL FILM, PER ORA, È ENTRATO NELLA SHORT-LIST DEI DOCUMENTARI...”

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Fulvia Caprara per “la Stampa”

 

GIANFRANCO ROSIGIANFRANCO ROSI

Ci sono film che fanno miracoli. E Fuocoammare, miglior documentario europeo l'altra sera agli Efa, è fra questi. In America, durante la campagna promozionale preOscar iniziata già due mesi fa, è successo, racconta il regista Gianfranco Rosi, che «il Mediterraneo sia diventato il deserto» attraversato dai messicani che cercano di varcare il confine con gli States: «In questo particolare momento di passaggio, con lo shock e i timori che hanno accompagnato l'elezione di Trump, il film suscita, nel pubblico, una fortissima adesione. La componente universale spicca, si fanno paragoni tra paesaggi in cui accadono cose simili. E mi è tornata spesso in mente una frase pronunciata da Obama alle Nazioni Unite: "Chi erige muri non fa altro che costruire prigioni per se stesso"».

 

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Le domande più frequenti, durante gli incontri che seguono le proiezioni, dimostrano che Fuocoammare muove domande profonde: «La cosa più bella che mi è successa è stata incontrare spettatori che, guardandomi negli occhi, mi chiedevano: "Che cosa posso fare io perché tutto questo non succeda più?"».

 

E poi, naturalmente, ci sono i commenti e i paragoni, a iniziare dalla simpatia verso il protagonista ragazzino: «Samuele è stato già definito il Woody Allen di Lampedusa». Per non parlare dell'impegno profuso in prima persona dalla diva Meryl Streep: «Ha organizzato una grande presentazione del film a New York, è stata davvero molto generosa».

gianfranco rosi  lampedusagianfranco rosi lampedusa

 

Ogni anteprima, ogni dibattito, comporta, per Rosi, un notevole carico emotivo: «È come se, tutti i giorni, dovessi andare a un matrimonio dove lo sposo sono io». In più, su Fuocoammare pesa l'emozione legata al tema del film: «Girandolo ho filmato la morte, un'esperienza che è sempre rimasta con me...Anche quando vinci un premio non puoi mai essere completamente felice perché conosci bene tutta la sofferenza che c'è dietro quelle immagini. Spero che averlo fatto possa creare consapevolezza su una tragedia che riguarda tutto il mondo».

FUOCOAMMARE A LAMPEDUSA PIAZZAFUOCOAMMARE A LAMPEDUSA PIAZZA

 

Abbandonare il fronte di un documentario è più difficile che terminare le riprese di un film di finzione: «I personaggi, in verità, non li lasci mai, anche se non li vedi o li senti con la frequenza giornaliera di quando si è sul set...In quella fase le sensazioni sono fortissime e staccarsene diventa doloroso. È successo, in passato, che i protagonisti di altri miei documentari mi abbiano chiamato perché per un po' non ci eravamo più sentiti. Ho risposto dicendo la verità: "Non vi chiamo ma vi penso ogni giorno"».

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Dopo gli Efa, Rosi riprende il tour statunitense, il 14 gennaio sarà a Tokyo, e poi, per scaramanzia, è meglio fermarsi qui, senza parlare di Oscar, di candidature, e nemmeno dei commenti che hanno accompagnato la designazione italiana, a iniziare da quello contrario di Paolo Sorrentino: «Magari aveva ragione lui, il film, per ora, è entrato nella short-list dei documentari, ma non sappiamo che cosa succederà. E comunque penso che il tono polemico della sua dichiarazione sia stato accentuato».

 

fuocammare fuocammare

La gara, comunque, sarà tesa: «Penso a O.J. Made in America e a Cameraperson , film bellissimi». All'orizzonte c'è il nuovo film («Sicuramente non girato in Italia, ma chissà, l'avevo detto anche dopo Sacro Gra »), cui è difficile anche solo pensare, mentre si è ancora presi dal lungo viaggio di Fuocoammare : «Il linguaggio del documentario è cambiato - dice Rosi -, la differenza con quello del cinema esiste e resta, ma sempre di più leggo nel primo influenze del secondo».