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“I 5 GIORNI DI LUTTO NAZIONALE PER PAPA FRANCESCO SEMBRANO FATTI PER METTERE UN SILENZIATORE AL 25 APRILE” – LA STAMPA: “È NOTA L’INSOFFERENZA DI GIORGIA MELONI PER LA FESTA DELLA LIBERAZIONE. VICEVERSA SERGIO MATTARELLA, CHE È SOBRIAMENTE FERMO SUI PRINCIPI E SUI VALORI, SARÀ A GENOVA, NON CONSIDERANDO, COME NATURALE, LA CELEBRAZIONE DELLA RESISTENZA IN CONTRASTO CON IL SENTIRE DEI CREDENTI, CHE ATTIENE ALLA SFERA PRIVATA. LA DISTANZA TRA MELONI E MATTARELLA È LA DISTANZA TRA DUE IDEE OPPOSTE DI NAZIONE…”
Alessandro De Angelis per “La Stampa” - Estratti
sergio mattarella giorgia meloni
Vabbè, è nota l’insofferenza di Giorgia Meloni per il 25 aprile. Non l’ha mai considerata una festa di tutti, ma l’occasione, per una parte, di continuarle a fare l’esame del sangue e chiederle abiure, ricordando il suo peccato originario.
Ed è nota la sua contro-narrazione “anti-antifascista”, secondo cui la Resistenza è opera solo di chi voleva fare come in Russia e secondo cui, poi, quel mito, negli anni Settanta, diventa l’occasione per giustificare la violenza politica nelle strade e nelle piazze.
Insomma, […] non l’ha mai vissuta come una data in cui si celebra il riscatto morale e politico di un paese intero, anche di chi scelse la parte sbagliata o non scelse.
GIORGIA MELONI - IGNAZIO LA RUSSA - SERGIO MATTARELLA
È un copione eternamente uguale a se stesso. Quest’anno, per sottrarsi alla ricorrenza e alle polemiche domestiche, la premier aveva fissato una visita ufficiale in Azerbaijan e Uzbekistan. Un modo, elegante, per sancire con un altrove fisico un altrove politico. I funerali del Papa hanno imposto un cambio di agenda, ma anche la nuova disvela l’animus di fondo.
Per Wojtyla, furono fissati tre giorni di lutto nazionale. Si può maliziosamente notare che i cinque giorni per Bergoglio, accompagnati dalla richiesta di celebrazioni “sobrie”, sembrano fatti apposta per mettere un silenziatore alla giornata. E l’aggettivo “sobrie” è davvero tutto un programma, neanche si parlasse del carnevale di Rio. È chiaro il tentativo di contrapporre la devozione religiosa alla devozione laica. E se qualcuno è un po’ meno composto rispetto alle richieste si dirà che è irrispettoso della memoria del Santo Padre.
giorno della memoria quirinale mattarella la russa meloni
Viceversa Sergio Mattarella, che è sobriamente fermo sui principi e sui valori, sarà a Genova, non considerando, come naturale, la celebrazione della Resistenza, che attiene alla Repubblica e alle sue fondamenta, in contrasto con il sentire dei credenti, che attiene alla sfera privata. Andrà la mattina, poi il pomeriggio, quando arrivano i tanti capi stranieri per il funerale, sarà a Roma. In fondo, semplice.
Genova non è una città scelta a caso, in questo ottantesimo anniversario della Liberazione: è memoria, simbolo e messaggio potente per quel che rappresenta. Lì la città fu liberata dalle forze della Resistenza senza l’intervento bellico degli Alleati. Arrivarono solo il 27 aprile e trovarono una città “governata”, dove l’ordine pubblico era sotto il controllo del Cln, cioè della nuova classe dirigente che avrebbe ricostruito il paese su fondamenta democratiche.
Lì c’è cioè la rappresentazione icastica del senso profondo dell’antifascismo, che smentisce i tanti revisionsismi sull’operato dei partigiani. E Genova di quell’antifascismo resta trincea nel 1960, quando il governo Tambroni sdogana l’Msi che proprio lì annuncia il suo congresso, presieduto da un ex repubblichino. Fu Sandro Pertini, che sarebbe diventato capo dello Stato quasi un ventennio dopo, a chiamare la città all’insurrezione contro la “bestemmia” di quel tentativo. Che fu poi fermato, dopo giorni di scontri furibondi in quella e in altre città, compresa Reggio Emilia, sui cui morti fiorì una nuova generazione dell’antifascismo.
SERGIO MATTARELLA GIORGIA MELONI
Genova è questo. E ci risiamo. Qui il tema non è il fascismo come progetto politico per l’oggi, diventato anch’esso caricatura da parte di chi, nella discussione quotidiana, supplisce alla mancanza di idee sfidanti cantando Bella ciao. Il tema sono i valori di fondo. E la distanza tra Meloni e Mattarella è la distanza tra due idee opposte di nazione. L’una si fonda su un patto comune, tradizioni che si inverano e si coltivano anche grazie a liturgie laiche, inni e bandiere condivise: il plebiscito di tutti. L’altra è pressoché “destoricizzata”, perché la sua radice non è un passato, ma un suolo e una italianità da proteggere dalla contaminazione: un plebiscito di parte.
SERGIO MATTARELLA MATTEO SALVINI GIORGIA MELONI
sergio mattarella giorgia meloni ignazio la russa
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