jeremy alan white - the bear matthew broderick painkiller

IL DIVANO DEI GIUSTI/1 - CHE VEDIAMO STASERA? SU DISNEY+ CI ASPETTA IL POTENTE “THE BEAR 2”, LA SERIE SULLO CHEF CHE FINISCE A GOVERNARE LA BETTOLA DEL FRATELLO DEFUNTO INSIEME A UNA MASSA DI CUOCHI E SGUATTERI NON PROPRIO DI PRIMA CLASSE - IO IERI SERA MI SONO VISTO BEN QUATTRO PUNTATE DELLA SERIE NETFLIX “PAINKILLER”. PIÙ CHE VEDIBILE E BEN SCRITTA. IL PROBLEMA PRINCIPALE È CHE PETER BERG, IL REGISTA, È UN GRAN TECNICO NELL’ACTION, MA NON HA L’IRONIA E LA GRAZIA PER TRATTARE TEMI PIÙ FORTI, PERSONALI E SOCIALI… - VIDEO

 

 

jeremy alan white ayo edebiri the bear

Marco Giusti per Dagospia

 

Che vediamo stasera? Ovviamente ci aspetta su Disney + il potente “The Bear 2” ideato da Christopher Storer, la serie sullo chef che finisce a governare la bettola del fratello defunto insieme a una massa di cuochi e sguatteri non proprio di prima classe.

 

Ritroviamo Jeremy Alan White nel ruolo di Carmy Berzatto, Ayo Edebiri come la sua assistente Sydney, Ebon Moss Bachrach come Richie.

 

painkiller 3

Io ieri sera mi sono visto ben quattro puntate, su un totale di sei, della serie Netflix “Painkiller” diretta da Peter Berg e ideata da Micah Fitzerman Blue e Noah Harpster con Uzo Aduba come l’inflessibile Edie Flowers che combatte l’oppiaceo antipanico OxyContin, Matthew Broderick come il mostruoso Richard Sackler a casa della famiglia farmaceutica che lo produce invadendo coscientemente l’America con una droga mascherata da antipanico più letale del crack, Taylor Kitsch il poveraccio che ci rimane sotto diventandone schiavo, West Duchovny come Shannon, la spacciatrice bionda di medicine che corrompe i medici scoprendosi sempre più ricca.

 

 

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E’ la stessa storia che racconta Laura Poitras nel documentario vincitore a Venezia un anno fa, “Tutta la bellezza e il dolore”, partendo da un punto di vista diverso e più nobile, quello dell’artista Nan Goldin che ne divenne anche lei schiava e iniziò una guerra contro i Sackler, grandi mecenati dell’arte in America.

 

Più che vedibile, ben scritta, il problema principale di “Painkiller” è che Peter Berg, il regista, è un gran tecnico nell’action, ma non ha l’ironia e la grazia per trattare temi più forti, personali e sociali. Se ci fermiamo all’azione, insomma, la serie funziona benissimi, un po’ meno se cerchiamo qualcosa di diverso.

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