
DAGOREPORT - MENTRE ELLY SCHLEIN PENSA DI FARE OPPOSIZIONE VOLANDO A BUDAPEST A SCULACCIARE ORBAN…
AVVISO AI BRONTOSAURI D'ITALIA: BISOGNA SAPERE QUANDO FARE UN PASSO INDIETRO - DOPO 37 ANNI, LA 75ENNE INGLESE ANNA WINTOUR LASCIA LA DIREZIONE DI "VOGUE" (RIMARRA' DIRETTRICE EDITORIALE DELLA RIVISTA E RESPONSABILE DEI CONTENUTI DI "CONDÉ NAST") - "BURATTINAIA" DELLA MODA, WINTOUR HA INFLUENZATO LA NOMINA DI MOLTI DIRETTORI CREATIVI DELLE GRANDI AZIENDE: DI LEI SI SUSSURRA CHE ABBIA AVUTO UNA LIAISON CON BOB MARLEY - LE SUE GIORNATE INIZIANO ALL'ALBA CON UNA PARTITA DI TENNIS, POI DAL PARRUCCHIERE E VIA IN REDAZIONE (LA SUA VITA HA ISPIRATO IL FILM "IL DIAVOLO VESTE PRADA") - LA SUA PRIMA COPERTINA, NEL 1988, IN CUI UNA MODELLA INDOSSAVA JEANS DA 50 DOLLARI...
1 - ANNA WINTOUR L’ADDIO A VOGUE
Estratto dell'articolo di Matteo Persivale per il “Corriere della Sera”
È uscita dal suo ufficio al 25esimo piano della grande torre del nuovo World Trade Center, alzandosi dalla scrivania senza cassetti — esemplare unico, non poteva essere altro, un Alan Buchsbaum — per incontrare la redazione, ieri mattina, e spiegare da dietro le lenti scure più famose del mondo che ci sarà un cambiamento, a breve.
Cambiamento che lei è troppo bon ton per definire la fine di un’era, per giornalismo e moda insieme, ma senza dubbio lo è. Uno che conosce benissimo Anna Wintour, cioè Graydon Carter direttore di Vanity Fair per un quarto di secolo, dice che con lei non si sa mai bene se ti tratterà come il suo migliore amico o come il parcheggiatore: ed è per questo che un pensiero di solidarietà va alla persona che verrà scelta, adesso che lei dopo 37 anni lascia la carica di direttore di Vogue, non a sostituirla ma a diventare «responsabile dei contenuti editoriali» della rivista.
Mentre Wintour manterrà il ruolo di responsabile dei contenuti globali di Condé Nast e di direttrice editoriale globale di Vogue , supervisionando tutti i marchi internazionali. È un dato di fatto che la sua carica finisce con lei, ultima direttrice di Vogue dopo Edna Woolman Chase, Jessica Daves, Diana Vreeland, Grace Mirabella.
Un’inglese a New York, ultima imperatrice di un’epoca strana, cominciata negli anni Ottanta delle spallone imbottite (che lei utilizzò con parsimonia per non esserne inghiottita, esile com’è) e dei capelli gonfi (giammai, noblesse oblige della frangia più famosa del mondo) e che finisce adesso, con l’industria del lusso in cerca di identità e, letteralmente, di autori tra i valzer delle poltrone di direttori creativi trasformati in bond dalla finanziarizzazione spietata del sistema.
Wintour non è mai stata un bond, è un direttore, ultimo esemplare di timoniere dal potere temporale indiscusso, la giornalista più famosa del mondo sulla quale hanno fatto un film (e solo Meryl Streep poteva osare, e ha intelligentemente evitato di imitarla).
Ora qualcuno si occuperà della fattura del giornale al quale lei ha dato nuove identità attraverso i decenni, capace di governare la transizione digitale, osservando l’ascesa e la caduta di direttori, direttrici, fashion editor, stilisti, marchi, sempre dal suo scranno. Lei arrivata sulla vetta quando alla Casa Bianca c’era Ronald Reagan e Mosca era in Urss, conservatrice solo agli occhi di chi non ha visto o non ha capito la sua rivoluzione permanente,
la prima copertina (novembre 1988) con la modella in jeans da 50 dollari, (prima apparizione del denim appariva sulla copertina di Vogue) ma il maglione Lacroix da 10mila davanti all’obiettivo di uno dei suoi preferiti (e di Franca Sozzani) Peter Lindbergh che, come la sua amica Franca, non c’è piu.
Ecco, le copertine: da lei gestite con piglio da generale Patton in abitino floreale Marni, termometro del presente ma senza veti (a parte quello per l’attuale first lady), le top model ma anche le sorelle Williams e Beyoncé, disponibile a cambiare idea su Kim Kardashian, per esempio, perché il mondo cambia e la moda morirebbe se non cambiasse con lui.
Wintour stakanovista che comincia le giornate prima dell’alba per giocare a tennis, l’autista che dalla casetta nel village la porta al suo club sulla 27esima strada («Lavora più duramente di chiunque altro io conosca. Ed è bravissima a convincere gli altri, soprattutto gli uomini, ad accettare il suo punto di vista. La maggior parte di noi è creta nelle sue mani», sempre Carter, in una intervista a 7 il mese scorso).
Wintour figlia d’arte, cioè d’un altro direttore, e sorella del capo del politico del Guardian , di politica capisce moltissimo e parla molto più volentieri che di moda:
in una delle rare interviste (a 7, nel 2019), inorridì per la Brexit anche se da quando vive e lavora in America ha scelto di non votare più in patria — questione di sportsmanship e di forma che per lei omnia vincit , ovviamente. Wintour regina del Met cioé del Met Gala che è una chiassata (lo vede anche lei) ma che in trent’anni le ha fatto raccogliere quasi mezzo miliardo di dollari per il Costume Institute del museo e consegnato un potere difficile da quantificare, quello che adesso perderà, ma non del tutto [...]
2 - FINISCE L 'ERA WINTOUR LA DIRETTRICE LASCIA LA GUIDA DI VOGUE AMERICA
Estratto dell'articolo di Serena Tibaldi per “la Repubblica”
Anna Wintour, 75 anni, lascia Vogue. Possibile che la papessa della moda, la donna più potente del sistema, quella che non si muove foglia che lei non voglia lasci il suo regno? Sì, ma non proprio. Con una riunione di prima mattina, Anna ha comunicato alla redazione di Vogue America che dopo 37 anni lascerà la sua posizione: è già partita la ricerca per un nuovo responsabile dei contenuti editoriali. Attenzione: non un direttore.
Perché, in Condé Nast, i direttori dei giornali non esistono più. È stata Anna a volere così. Adesso in tutto il mondo Vogue, Vanity Fair e GQ hanno head of editorial content. Tutti riportano a una sola persona, il direttore editoriale della Condé Nast. Che poi, sarebbe lei. E a quel ruolo non rinuncia: anche perché non è immaginabile la casa editrice senza di lei.
anna wintour e baz luhrmann parigi 2024
«Ora penso che il mio più grande piacere sia aiutare la nuova generazione di direttori a sbaragliare il campo con nuove idee», ha scritto sui social. Londinese di nascita, newyorchese d'adozione, Anna è figlia d'arte: suo padre, Charles Vere Wintour, è stato per due volte alla guida dell'Evening Standard.
Da lei ci si aspetta una carriera onorevole, ma nel 1966 molla la North London Collegiate: vuole lavorare nelle riviste di moda. Dimostrando al padre di essere alla sua altezza. Volitiva Anna, da sempre. La nomina a direttore di Vogue America arriva nel 1988, dopo oltre venti anni di collaborazioni con testate inglesi e americane (e, leggenda vuole, una storia con Bob Marley. Non ci sono conferme, ma è bello anche solo che si dica).
All'inizio, lei è solo una delle direttrici di Vogue. Ma presto dimostra di proiettarsi in avanti. Molto in avanti. Mass with class, si dice sia il suo mantra: Vogue America è venduto anche nei supermercati. Deve far sognare, piacere a tutti, anche all'élite. La sua prima cover è con una modella in jeans e giacca d'alta moda di Lacroix.
Assieme a Gianni Versace e Karl Lagerfeld crea le top model, da Naomi a Linda a Claudia, che negli anni 90 ribaltano il costume, per poi sostituirle nei Duemila con le attrici, scatenando la corsa alle testimonial dei brand.
I marchi scelgono anche i designer in base a quello che pensa lei. "C'è dietro Anna", è la frase che ci si sente ripetere, sussurrata, dopo ogni nomina di direttori creativi. Ed è quasi sempre vero. Capisce anche un'altra cosa: va bene essere la burattinaia della moda, ma può tornare utile anche diventare un personaggio. È così che è nata "Anna Wintour", il nome che tutti conoscono, quello che i curiosi assiepati alle sfilate invocano a gran voce.
anna wintour e bill nighy met gala 2023
Il caschetto perenne, che un parrucchiere le pettina ogni mattina alle 7, dopo un'ora e mezzo di tennis. I completi, preferibilmente Chanel, sempre colorati, al contrario dei modaioli non ama il nero. Gli occhiali da sole che non toglie mai. Nemmeno quando le siede accanto la Regina Elisabetta a una sfilata a Londra: le due hanno chiacchierato amabilmente. [...]
Quando la sua ex-assistente Lauren Weisberger scrive Il diavolo veste Prada, modellandolo su di lei, la prima reazione è l'indifferenza. Salvo poi abbracciare il progetto quando diventa un film, e farsi intervistare assieme a Meryl Streep che la interpreta. Mass, with class. Potere e popolarità, insieme. [...]
Democratica di ferro, con il giornale ha supportato i Clinton, Barack Obama e Kamala Harris. Certo, nel 2006 sulla cover di Vogue America c'era finita pure la neo signora Trump, Melania, in abito da sposa di Galliano per Dior. Ma la politica lì non c'entrava: l'aveva aiutata a scegliere il vestito. Si è detto spesso che sarebbe diventata ambasciatrice in Inghilterra: magari ora avrà il tempo, ma con la presidenza Trump pare improbabile. [...]
jeff bezos e lauren sanchez con anna wintour allo show di tom ford
miranda di il diavolo veste prada
la regina elisabetta con anna wintour
anna wintour karl lagerfeld
anna wintour
anna wintour con figlia bee
anna wintour e roger federer
ANNA WINTOUR E KARL LAGERFELD
Anna Wintour al Met Gala
melania donald trump anna wintour
anna wintour
ANNA WINTOUR
la regina elisabetta e anna wintour 1
met gala 2018 anna wintour 1
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anna wintour la biografia di amy odell
edward enninful anna wintour 5
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