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Alberto D'Argenio per "La Repubblica"
«Dopo la direzione del Pd di giovedì discuteremo di tutto senza tabù, anche dell'intensità dell'eventuale rimpasto di governo». Nonostante le fibrillazioni che stanno scuotendo i palazzi della politica, Enrico Letta non ha voluto rinunciare alla «storica» visita in Messico, Paese che dopo le riforme avviate da Enrique Pena Nieto è destinato a diventare terra di conquista per le imprese di mezzo mondo.
Ieri il premier, accompagnato dalla moglie Gianna Fregonara, si è concesso una giornata di relax nella capitale messicana per ammortizzare il fuso (gli incontri ufficiali sono concentrati tra oggi e domani), ma non ha perso per un istante i contatti con Roma, con il caso De Girolamo che sembra avvicinare la necessità di rimettere mano alla squadra di governo insieme all'accordo su Impegno 2014, il nuovo patto di coalizione che sarà chiuso tra una decina di giorni.
Così tra la messa alla Madonna di Guadalupe, la visita alle piramidi di Teotihuacan e un giro in centro Letta non ha dato tregua al suo Blackberry. Le sentinelle a Roma gli hanno fatto sapere che il caso De Girolamo sta montando, costringendo il premier ad assicurare che approfondirà la vicenda al suo rientro in Italia, anche se ieri con Nunzia si è tenuto in contatto via sms. La De Girolamo, che ha parlato più volte anche con Alfano, ha assicurato di essere pronta a lasciare se il premier e il suo vice glielo chiederanno, ma ha anche annunciato di volersi difendere con le unghie in Parlamento.
E in effetti il caso del ministro dell'Ncd sembra regalare una freccia in più all'arco di chi vuole un ampio ricambio di ministri che alla fine potrebbe terremotare la maggioranza. Mentre ieri parlando con i fedelissimi Renzi è rimasto cauto spiegando che «sul rimpasto decide Letta, l'importante è che ci sia la nuova agenda di governo con dentro lavoro,
riforma del Senato e legge elettorale», il ministro Delrio, vicino al sindaco, ha spiegato in tv che «il tema del rimpasto verrà affrontato se ci sarà la nuova agenda». Alfano, che guida il Ncd, il partito della De Girolamo, dal canto suo ha minacciato: «Se ci sarà blocco, paralisi e stallo sarà bene andare a votare».
Da Palazzo Chigi si dà per scontato che insieme alla chiusura di Impegno 2014 verranno sostituiti Fassina e i sottosegretari di Forza Italia che hanno lasciato. Un ritocco minimo che comunque richiederà un nuovo voto di fiducia in Parlamento. Se invece ci sarà una revisione della squadra più ampia anche in grado di portare alle dimissioni e a un reincarico di Letta è tutto da vedere, ma ora questo scenario non viene più escluso dallo staff del premier.
«Su questo punto a seconda della situazione decideremo il da farsi dopo la cruciale direzione del Pd di giovedì», spiega Letta nei colloqui privati. Un suo fedelissimo aggiunge che «Enrico non ha pregiudizi, tutto dipende da cosa giovedì il Pd proporrà su riforme, legge elettorale e patto di governo.
A quel punto si capirà se Impegno 2014 avrà contenuti tali da richiedere una discontinuità rispetto alle caratteristiche evidenziate fino a qui dai singoli ministri». Chi accompagna il premier in Messico conferma l'approccio, spiega che un Letta bis è al contempo «un rischio e un'opportunità » e per questo bisogna soppesarne tutte le implicazioni e capire le richieste e le intenzioni dei partner, Renzi in testa, prima di decidere.
Già , perché se il premier ieri leggendo l'intervista di Renzi al Corriere davanti ai collaboratori è sbottato: «Matteo sbaglia, di lui mi fido», non si può dire altrettanto dei suoi fedelissimi che continuano a sospettare che il segretario voglia mandare «in cortocircuito» il governo per andare al voto. Fatto sta che nello staff di Letta ci si prepara ad ogni scenario, tracciando anche la strategia per affrontare l'eventuale nascita di un nuovo governo.
Passaggio che porterebbe, per dirla con le parole di un ministro, «il rischio di aprire il vaso di pandora e di far precipitare tutto» e contemporaneamente «l'opportunità di chiudere con successo l'operazione e, grazie all'accordo con Renzi, blindarci fino al 2015». Per azzerare i rischi si pensa a «una crisi pilotata con un accordo di ferro» con il segretario, scritto nero su bianco anche nell'accordo di governo, che preveda «una crisi lampo» con la nascita «immediata » del nuovo governo in modo da limitare al massimo incomprensioni e sbavature pericolose anche nella percezione del Paese da parte dei mercati e delle cancellerie europee.
Un passaggio che necessariamente dovrebbe avere il via libera del Capo dello Stato, che dovrebbe essere d'accordo a portare a termine l'operazione accorciando al massimo i tempi previsti dalla Costituzione e da chiudere prima del 29 gennaio, giorno in cui Letta dovrà presentarsi a Bruxelles da leader pienamente in sella.
In caso di ampio rimpasto i ministri più a rischio restano Saccommani (che ieri però ha detto di «non avere mai pensato alle dimissioni»), Giovannini, la Cancellieri, Zanonato e a questo punto la De Girolamo. Non sembra invece correre rischi Moavero, mentre Monti ha smentito di voler approdare al Tesoro dicendosi al più interessato a tornare protagonista in Europa.
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