ELUSORE DI RICERCA: GOOGLE FINISCE NEL MIRINO DEL FISCO PER AVER PAGATO SOLO 1,8 MLN € DI TASSE

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Da "Repubblica.it"

Mentre il G20 e l'Ocse alzano il livello della lotta all'elusione fiscale, mossi dal grande clamore di alcune vicende internazionali che hanno riguardato colossi quali Apple e Google, emergono nuovi dettagli proprio sulle prassi fiscali del motore di ricerca di Mountain View. E, nel rapporto con l'Italia, un nuovo "dribbling" di Google al fisco italiano.

Nel 2012 la controllata Google Italy, secondo quanto ha verificato l'agenzia Ansa, ha pagato all'Erario solo 1,8 milioni di euro, come nel 2011. Le strategie fiscali del colosso di Mountain View - un fatturato nel mondo da 50 miliardi di dollari e un utile di oltre 10 - non a caso sono nel mirino di molti Paesi europei.

L'anno scorso, Google Italy ha realizzato 52 milioni di ricavi e un utile di 2,5 milioni; il suo fatturato è rappresentato quasi esclusivamente da servizi prestati alla filiale irlandese Google Ireland, vera macchina da soldi che incassa i ricavi pubblicitari del colosso. Attraverso una attenta pianificazione fiscale, Google è infatti riuscita già in passato a limitare al minimo il pagamento delle tasse, suscitando le ire di Paesi come Gran Bretagna, Francia e Italia, nelle cui casse ha versato importi irrisori.

Infatti l'attenzione verso Google è montata sempre più. Solo pochi mesi fa, precisamente nel novembre scorso, da alcuni controlli della Guardia di Finanza era emerso che la filiale italiana del motore di ricerca, nei cinque anni tra il 2002 e il 2006, non avrebbe dichiarato redditi per 240 milioni di euro, non pagando 96 milioni di tributi Iva e risparmiando 70 milioni di tasse.

Ai tempi, era emerso che gli scenari potevano essere di dimensioni ben maggiori se si pensa che il fatturato del quinquennio successivo a quello controllato dalla Gdf (e finito anche in una risposta del ministero delle Finanze a un'interrogazione parlamentare) è di almeno 1,7 miliardi, con altri 600 milioni di possibili tasse eluse.

Già in quei giorni, comunque, mentre Google dichiarava che avrebbe come al solito "collaborato" e che le sue prassi fiscali sono in linea con le norme dei Paesi nei quali opera, si puntava il dito contro le grandi società e in particolare quelle del comparto web.

Nei mesi a seguire, anche Apple ed Amazon sono finite nel mirino di numerosi Stati. Il caso più clamoroso è quello della società dell'iPhone, che è stata accusata dal Congresso Usa di aver sottratto più di 70 miliardi di dollari alle casse di Washington - tra il 2009 e il 2012 - trasferendo la propria tassazione sulla società irlandese del gruppo, sfruttando così la mano morbida di Dublino nei confronti delle aziende in forte utile.

In tempi di crisi per i bilanci pubblici, l'attenzione è cresciuta e ha portato l'elusione fiscale alla ribalta di un Consiglio europeo. Non mancano al riguardo le stime da pelle d'oca: secondo la britannica Oxfam, l'evasione costa 150 miliardi l'anno e recuperarne solo la metà annullerebbe la povertà globale. Un tema al quale, forse, tra tante difficoltà e giustificati scetticismi si prova a iniziare a dar risposta dal G20.

 

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