DAGOREPORT - ‘’RESTO FINCHÉ AVRÒ LA FIDUCIA DI GIORGIA. ORA DECIDE LEI”, SIBILA LA PITONESSA. ESSÌ,…
di Be. Mon. per Corriere.it
David Bowie è stato aiutato a morire? A meno di nove mesi dall’improvvisa scomparsa del «Duca Bianco» la domanda continua a circolare. Non solo tra fan della rockstar - che in vita ha venduto oltre 140 milioni di dischi - e «complottisti» ma anche tra chi lo conosceva bene. Adesso è un articolo della giornalista musicale britannica Lesley-Ann Jones, amica di Bowie, a rilanciare l’ipotesi sul «Daily Mail».
L’ipotesi è che lo scorso gennaio, due giorni dopo il suo 69esimo compleanno, David Bowie si sia spento per una morte assistita, scegliendo dunque di porre fine alla sua lotta contro il cancro con l’eutanasia. «È morto di domenica, il 10 gennaio - scrive la giornalista - Nessuno, tranne chi gli era più vicino, sapeva che era malato. Così aveva voluto. Morire come era vissuto. Secondo le sue regole».
Quindi la giornalista ricapitola le testimonianze di chi pensa che Bowie abbia scelto l’eutanasia. In primo luogo le parole del dj - e noto personaggio radiofonico britannico - Andy Peeble che aveva intervistato Bowie più volte. «Due singoli pubblicati praticamente insieme, il più grande album della sua carriera lanciato per il suo 69esimo compleanno, e poi, due giorni dopo, la morte. Io non so voi, ma io non riesco a vedere tutto questo come una coincidenza - ha dichiarato Peeble in una recente trasmissione sulla Bbc radio - In un certo numero di telefonate mi è stato suggerito che la sua morte è stata il risultato di un suicidio assistito. Chi potrebbe averlo aiutato, ed esattamente come sia stato fatto, non lo sapremo mai. Nessuno coinvolgerà in questa storia parenti o amici. Ma sapendo come abbia sempre organizzato e deciso tutto nella sua carriera e nella sua vita, è davvero così strano che abbia deciso anche come morire?».
Lesley-Ann Jones ricorda poi che anche il rock manager e producer Simon Napier-Bell aveva, poco dopo la morte di Bowie, ipotizzato un suicidio assistito ricordando le foto della star uscite pochi giorni prima in cui non sembrava affatto un malato terminale. «Il suo è stato un atto deliberato - ha detto il manager - Come era tutto ciò che faceva. Sapeva che stava morendo. Lo sapeva da circa 18 mesi. Ed è così che voleva essere ricordato: ottimista e felice.
Ha deciso di avere il controllo sulla sua immagine fino all’ultimo». I primi dubbi erano infine stati sollevato da Ivo Van Hove, il regista di «Lazarus» - il musical scritto da Bowie - che in un’intervista non escludeva che l’artista fosse stato aiutato per l’ultimo passo. Era stato proprio il regista, tra l’altro, a rivelare che Bowie aveva un cancro: «Abbiamo lavorato insieme per piu’ di un anno - aveva raccontato alla radio pubblica olandese - a un certo punto mi prese da parte e mi disse che era malato, e che non si sarebbe piu’ fatto vedere in giro».
Certo è che i misteri attorno alla morte di Bowie non sono mancati. L’uscita dell’ultimo disco, «Blackstar», ha avuto in effetti tutta l’aria di un addio in grande stile, il giorno del 69esimo compleanno, solo tre giorni prima dell’annuncio della morte per cancro al pancreas. Cancro di cui nessuna notizia era stata diffusa prima. Secondo molti osservatori soprattutto grazie alla barriera che i suoi familiari hanno saputo costruirgli intorno.
Bowie aveva obbligato amici, medici e collaboratori alla consegna del silenzio sulla sua malattia, un cancro al pancreas diagnosticato nel 2014, le cui cellule si erano diffuse al fegato. E nulla era trapelato neppure sui sei infarti che, a detta della biografa Wendy Leigh, lo avrebbero colpito negli anni recenti. I dubbi restano e alimentano gli interrogativi: Bowie voleva solo proteggere la sua privacy o anche coloro che l’avrebbero aiutato a togliersi la vita?
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