DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
1. RAI, IL TETTO NON VALE PER GLI ARTISTI
Aldo Fontanarosa per la Repubblica
fabio fazio luciana littizzetto
L' Avvocatura dello Stato, principale consulente giuridico del governo, «dubita» che il tetto dei 240 mila euro lordi annui valga anche per gli artisti della Rai. Manager e dipendenti dovranno guadagnare al massimo questa cifra (come ha stabilito la legge sull' editoria del 2016); gli showman non è detto. La presa di posizione della Avvocatura, un parere formale, rappresenta un ottimo assist per il ministero dell' Economia che ora può autorizzare Viale Mazzini a pagare di più i presentatori di grido.
In un quadro che si rasserena ma resta incerto, Fabio Fazio annuncia il desiderio di essere «produttore di se stesso». Fazio, dunque, aprirà una sua società di produzione e andrà in video «ovunque sarà». In Rai e - sembra di capire - anche su qualche rete concorrente.
Come anticipato da Repubblica il 23 marzo, nel suo parere l' Avvocatura dello Stato sottolinea che è ancora in vigore, e non è mai stata modificata, la norma della Finanziaria del 2007. L' articolo 3, comma 44, della Legge 244 - mentre fissava già allora un primo tetto per le retribuzioni alla Rai - teneva fuori da ogni vincolo «la prestazione artistica o professionale che consenta di competere sul mercato». Gli artisti sono liberi, dunque. Inclusi gli attori, i registi e gli sceneggiatori delle fiction e del cinema che pure verrebbero schiacciati dal tetto stipendi a 240 mila euro lordi.
L' Avvocatura cita anche una lettera che il Garante della Concorrenza (l' Antitrust) ha inviato al ministero dello Sviluppo Economico il 7 luglio 2010. Nella lettera, l' Antitrust ha chiesto di evitare che i compensi delle star del servizio pubblico tv fossero resi pubblici. Questo regime di pubblicità avrebbe creato «una evidente asimmetria nel settore televisivo». In altre parole le emittenti private sarebbero state avvantaggiate rispetto alla Rai, se costretta a giocare a carte scoperte sugli stipendi dei presentatori. Dunque l' artista Rai gode di uno status privilegiato.
Tant' è vero che - scrive ancora l' Avvocatura - la legge Renzi di riforma della tv di Stato del 2016 conferma la linea tenendo fuori i compensi delle star dall' obbligo di trasparenza.
Ora, proprio la libertà di pagare come crede i suoi artisti «garantisce l' operatività della Rai in un regime concorrenziale».
Il parere dell' Avvocatura è già sul tavolo del ministero dell' Economia, azionista della televisione pubblica (insieme alla Siae). E il ministero si prepara a trasmetterlo a Viale Mazzini per incoraggiarla a compensare gli showman a prezzi di mercato. I soli showman e gli artisti, dunque. La Rai dovrà, poi, decidere come regolarsi con i professionisti che oggi le offrono una prestazione anche giornalistica come Alberto Angela, Bruno Vespa, Massimo Giletti e come Fabio Fazio. Come vanno classificate queste persone? Sono artisti anche loro?
Lui, Fabio Fazio, ha atteso proprio il parere dell' Avvocatura e la sdrammatizzazione del problema compensi per annunciare come una nuova vita. «In una tv che cambia - scrive su Twitter - bisogna assumersi responsabilità e nuovi rischi. D' ora in poi, ovunque sarà, vorrei essere produttore di me stesso ». Fazio creerà una sua società, ma questa iniziativa non sancirà il divorzio dalla Endemol (suo attuale produttore).
GLI STIPENDI DEI DIRIGENTI RAI
È possibile che la "Fazio srl" (nome di assoluta fantasia) si affianchi alla Endemol per dare vita a delle coproduzioni.
Fazio, poi, non è in fuga dalla Rai. Azienda dove ha esordito nel 1982 con le imitazioni radiofoniche a Black out. Il legame resta forte. Ma le tentazioni, per un artista del suo calibro, sono moltissime e si chiamano Sky e Discovery. Editori che hanno cambiato e tuttora stanno cambiando la nostra televisione.
2. FAZIO LANCIA LA BOMBA "D' ORA IN POI VORREI ESSERE PRODUTTORE DI ME STESSO"
Piero negri per la Stampa
GLI STIPENDI DEI DIRIGENTI RAI
Fabio Fazio, che dei social media fa l' uso limitato e giudizioso che si addice ai suoi 52 anni, ha sparato la bomba ieri, a metà pomeriggio, scrivendo su Twitter: «In una tv che cambia, bisogna assumersi responsabilità e nuovi rischi. D' ora in poi, ovunque sarà, vorrei essere produttore di me stesso...».
Poche parole, con diverse interpretazioni possibili. Un addio alla Rai, con la quale è vincolato da un contratto che scade a fine stagione? Un addio a Endemol, la società che produce Che tempo che fa ?
Una reazione all' ingerenza della politica nella gestione della Rai e al limite dei compensi a star e conduttori di 240 mila euro proposto dal Cda alcune settimane fa?
Proprio ieri l' Avvocatura dello S tato ha comunicato il parere sulla norma che stabilisce il tetto dei compensi, come richiesto dalla Presidenza del Consiglio. «Le prestazioni artistiche vanno considerate in maniera distinta, non gravano sul canone e i compensi vanno valutati considerando la necessità di garantire alla Rai di operare in regime di parità concorrenziale»: in sostanza, applicare anche agli artisti la norma pensata per limitare gli ingaggi di dirigenti e manager significherebbe far uscire dal mercato la tv di Stato.
Non può essere per caso che poco dopo l' uscita di questa notizia Fazio abbia sentito l' esigenza di comunicare i suoi futuri progetti professionali. Per quanto l' idea di applicare un tetto ai compensi delle star sia di fatto naufragata ieri, il dibattito che si è sviluppato in queste settimane intorno alla proposta è apparso ai professionisti della tv piuttosto sconfortante. In particolare a chi - come Fazio (e Carlo Conti, per fare un altro nome) - continua a portare alla Rai idee, ottimi ascolti e introiti pubblicitari.
In più, in uno scenario televisivo che si è finalmente aperto a qualcosa che assomiglia a una reale concorrenza, limitare le possibilità di movimento di chi la tv la fa per davvero è un controsenso, oltre che impossibile.
Con la fine di questa stagione, finisce anche il contratto di Fazio con la Rai. Da quasi quindici anni conduce su Rai 3 Che tempo che fa , che sul modello degli show americani ha rinnovato con «il tavolo degli ospiti» forse più per sfidare e divertire se stesso che per altro. Negli ultimi anni ha ideato programmi, trasmissioni-evento, due Festival di Sanremo, uno che andò molto bene l' altro piuttosto male, e dopo questo parziale fallimento ha cambiato squadra e metodo di lavoro.
Insomma, a 52 anni, in una situazione televisiva così fluida e in movimento, non sembra strano che gli venga voglia di salire di un gradino, guardare le cose dall' alto, assumersi qualche rischio d' impresa e produrre o co-produrre programmi magari per «clienti» diversi, magari per il gruppo Discovery che si è già accaparrato Maurizio Crozza, o per Sky, oppure per La 7. O ancora, su diverse reti Rai, non per la sola Rai 3.
Intanto, il Cda Rai iniziato ieri mattina resta formalmente aperto fino a domani, quando si riunirà nuovamente. Si parlerà ovviamente anche del tetto ai compensi: i dubbi espressi dall' Avvocatura dello Stato verranno girati al Ministero dell' Economia, azionista della Rai, che valuterà quale posizione prendere.
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