FINCHÉ ORIETTA VA, LASCIAMOLA ANDARE - FULVIO ABBATE: “MAI UNA PAROLA FUORI POSTO, MAI UN GESTO DI SCORTESIA, LA BERTI COME PROVA VIVENTE CHE SI PUÒ ESSERE FELICE CON SE STESSI E IL PROPRIO STILE”

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Fulvio Abbate per ‘Il Fatto Quotidiano'

Orietta Berti è straordinaria (e mi sa che è pure comunista!), in ogni caso è una figlia dell'Emilia rossa e partigiana, come anche il suo Osvaldo, il compagno di sempre, il padre dei suoi ragazzi, Otis e Omar. Eccola improvvisamente a "Domenica in", ospite di Mara Venier che le cuce intorno un corredo di domande ovvie, e Orietta sta lì, incorruttibile, meravigliosa nel suo abito nero che sa d'alta moda e insieme di singer familiare, Orietta proprio lì a cantare "Fin che la barca va", e figurati se potrà mai esimersi da questa prova. Fin che la..., da sempre ritenuto un brano-crimine nella storia della musica leggera italiana.

Non per nulla lei ha sempre ricordato ai detrattori senza cuore che i pezzi migliori li assegnavano sempre agli altri! E che pensiero infame l'abitudine di tirare fuori contro di lei, l'immensa Orietta Berti, quel biglietto d'addio dove il poeta Luigi Tenco così avrebbe scritto: "Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tut'altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale... Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi."

Eccola, Orietta, microfono in pugno, nel focolare pomeridiano della Rai, al momento del crepuscolo, quando c'è da tirare fuori le glorie che furono per riempire il palinsesto e far figurare la scaletta presso i "vecchi", tra Festival di Sanremo e Cantagiro (per chi ancora ne ha memoria!), e chissà se, così pensa l'infame, se da qualche parte del Belpaese c'è ancora qualcuno che, tra cucirini e imparaticci, tra il tepore della pentola sul fuoco e l'orologio a muro, sempre lì nel calore di broccoli in cottura, c'è qualcuno che senta ancora come proprio quel suo repertorio che sa di merletti e ortensie sul balcone, canzoni in grado di far palpitare i cuori nella loro semplicità da gita in pullman.

Dimenticavo un dettaglio che taglia la testa al toro della supponenza e rende Orietta inarrivabile, parla di quando interpretò una quasi se stessa nei "Nuovi mostri" di Risi e Monicelli e Scola. Lei con Ugo Tognazzi marito crudele che la portava in giro per balere come "l'usignolo della Val Padana", e Fiorella-Orietta mansueta ad accettare tutto, perfino lo scherno rispetto al suo personaggio, davvero immensa Orietta Berti, nella sua naturalezza, nel suo modo di restituire il suo mondo tempestato di bambole e abiti da collezione personale - lo stesso, forse, che Alighiero Noschese riprese nella gag dell'abito zebrato che si ritrova per terra come striscia pedonale.

Che meraviglia Orietta Berti nella sua assenza di sovrastrutture, e che meraviglia vederla accanto alla berlusconesca Iva Zanicchi a dire che lei "no, mai che non l'avrebbe mai fatto di entrare in politica". E mai una parola fuori posto, mai un gesto di scortesia, Orietta Berti come prova vivente che si può essere felice con se stessi e il proprio stile.
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