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OSCARAMMARE! - GIUSTI: ''IL FILM DI ROSI È QUELLO CHE HA PIÙ CHANCE DI ENTRARE NELLA CINQUINA'' - SORRENTINO: ''UNA SCELTA MASOCHISTICA, SARÀ SCARTATO'' - ASPESI A MUSO DURO: ''I 'POTERI FORTI' DEL CINEMA SI SONO SCHIERATI. SEMPRE STORIE IN DIALETTO, TRA POVERI, CRIMINALI, SFRUTTATORI, IMMIGRATI, COME SE IN ITALIA NON CI FOSSE ALTRO

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1. OSCARAMMARE!

Marco Giusti per Dagospia

 

La verità è che candidare agli Oscar Fuocoammare di Gianfranco Rosi è una scelta giustissima. Non solo premia l’unico film e l’unico autore italiano che in questi ultimi anni ha vinto festival importanti come Venezia e Berlino, un autore, inoltre, che si è formato più in America che in Italia, ma offre al nostra paese una delle rare chanches di vittoria agli Oscar. Chanches che i nostri film di fiction, purtroppo, per motivi diversi, budget-scrittura- messainscena, non credo che riuscirebbero a avere.

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I film di Rosi, che di solito cataloghiamo come documentari, sono veri e propri film, più vicini alla costruzione autoriale da fiction che al documentario classico. Per questo hanno vinto i festival importanti a fianco di film di fiction più tradizionali. Non è facile questa divisione in genere e ben venga questa discussione a riproporcela, ma di fatto è così. Non credo, come sostiene Paolo Sorrentino, che sia una scelta masochistica.

 

E, detto questo, sarei stato contento, per motivi totalmente opposti, se fossero stati candidati altri film papabili, come Jeeg Robot, Indivisibili, Perfetti sconosciuti, che ho sempre difeso e che rappresentano, attualmente, la parte sana del nostro cinema. Ma Fuocoammare è più vicino di loro all’idea di grande cinema internazionale d’autore, con tema universale e importante, che anche un giurato degli Oscar può capire. Può darsi che abbia ragione Sorrentino e che finirà come è sempre finita in questi ultimi anni.

 

gianfranco rosi  lampedusagianfranco rosi lampedusa

Ma non abbiamo tra le nostre commedie qualcosa di così forte e innovativo come il tedesco Toni Erdmann di Marion Ade, non abbiamo un film di genere così forte come Elle di Paul Verhoven, candidato dalla Francia. Il nostro cinema-cinema è di anno in anno più svuotato, tutti i bidget importanti vanno alle serie televisive, al punto che a Venezia se l’unico film da spostare in concorso era Indivisibili, va detto che l’unico film a livello delle produzioni internazionali era Young Pope di Sorrentino.

 

Era molto più cinema e molto più cinema internazionale dei tre film italiani presenti al concorso. Ma si può candidare una serie agli Oscar? No. Si può candidare un documentare d’autore in quanto film? Sì. La tragedia è che Fuocoammare, oltre a avere dalla sua, ripeto, un tema importante e ben attuale, una visione pacifista e non cattolica, dimostra in maniera esemplare che il nostro cinema di fiction non riesce, con i mezzi e gli strumenti che ha, a trattare gli stessi argomenti come li tratta il documentario o come li tratta Rosi con un documentario.

paolo sorrentinopaolo sorrentino

 

Abbiamo (ho) spesso rimproverato a Sorrentino una magniloquenza di messa in scena, un eccesso di autorialità, ma almeno accetta le grandi sfide e vede in grande. Come il Garrone di Gomorra. Ma la gran parte del nostro cinema si limita da subito a piccole storie, piccoli budget, piccoli voli autoriali e non riesce mai a liberarsi dal realismo un tempo post-rossellianiano ora post-garroniano o post-sorrentiniano.

 

Jeeg Robot e Indivisibili dimostrano quanto sia difficile cercare di far cinema innovativo in Italia tra produttori che non ti ascoltano e film commission, dimostrano che c’è una guerra che non è ancora vinta, purtroppo. Fuocoammare dimostra quanto il documentario italiano sia più libero dagli incastri produttivi e dagli schematismi critici.

 

Per questo, in qualche modo clamoroso, riesce a liberarsi perfino dalle maglie del post-rossellinismo o, forse, ci torna, ma facendo un lungo giro autoriale. No. Credo che sia la scelta giusta, Che vinca, ovviamente, è un’altra cosa.

 

 

2. SORRENTINO: SCELTA MASOCHISTICA

Valerio Cappelli per il “Corriere della Sera

 

Fuocoammare , il docu-film di Gianfranco Rosi che dovrebbe unire le coscienze sugli sbarchi dei migranti, divide i selezionatori incaricati di designare il film italiano nella corsa agli Oscar. Hanno scelto il film sui migranti e la vita a Lampedusa. Il «caso» è acceso dal premio Oscar Paolo Sorrentino, uno dei nove addetti ai lavori che si sono riuniti all' Anica.

 

meryl streepmeryl streep

«Una scelta masochistica», ha detto, «non dò giudizi sul film di Rosi, che mi è piaciuto. Ma quando il 24 gennaio si arriverà alle nomination, prenderanno il nostro documentario e lo metteranno da parte. E' stato un segno di debolezza del cinema italiano. E puntando su un altro film avevamo la possibilità di candidarne due».

 

Si riferisce al fatto che Rosi molto probabilmente sarà candidato anche nella categoria dei documentari. Intanto è entrato nella short list non ufficiale dei documentari dal MoMa e da altri enti culturali USA. Sorrentino ha votato per Indivisibili .

 

«Sono felicissimo, è da otto mesi che giro il mondo e non mi sono mai fermato, ormai è un film di tutti, questa candidatura ha un abbraccio ampio», dice Rosi. Peserà l' amore per il suo film che le manifestò Meryl Streep, presidente della giuria alla Berlinale, quando le diede l' Orso d' oro? «Posso dire ciò che mi sussurrò all' orecchio durante la premiazione: vorrei che tu arrivassi agli Oscar, dimmi cosa posso fare per te».

 

gianfranco rosi gianfranco rosi

Ci sono volute quattro votazioni per arrivare a Fuocoammare , che l' ha spuntata di misura su Indivisibili , il film di Edoardo De Angelis sulle gemelle siamesi: 5 voti a 4. E De Angelis, sarcastico e sibillino sul verdetto: «Quando i conti tornano ci trovano qua». Il favorito alla vigilia era Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese, campione d' incassi con 18 milioni e prossimo al remake Usa; ma proprio il remake è stato valutato negativamente, come se l' originale versione italiana, con sottotitoli in inglese, non fosse adatta al pubblico Usa. Già alla seconda votazione il bel film di Genovese era fuori dai giochi, racimolando 1 preferenza. Anche Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti, caso dell' anno, alla seconda votazione (quando le preferenze scendono da 3 a 1) era sparito.

 

Sandro Veronesi Sandro Veronesi

In commissione: Nicola Borrelli direttore generale del ministero dei Beni Culturali, il regista Paolo Sorrentino, lo scrittore Sandro Veronesi, i produttori Tilde Corsi e Roberto Sessa, i distributori Osvaldo De Santis e Francesco Melzi D' Eril, i giornalisti Piera Detassis e Enrico Magrelli. Si cerca di mandare avanti chi ha più possibilità di avere una credibilità e un linguaggio internazionale. «Sono contento - dice Rosi - che anche l' Ucraina abbia candidato un documentario. Tante barriere fra i generi si stanno infrangendo». Una rivincita dopo l' amarezza ai David di Donatello: 4 candidature a vuoto? «No, però mi è dispiaciuto che non abbia vinto Jacopo Quadri per il montaggio».

 

In USA uscirà il 21 ottobre, è stato venduto in 60 Paesi, in Italia ha incassato 1 milione.

Berlino, ora la corsa agli Oscar: Rosi, che anno ha vissuto? «Un anno assurdo che mi fa una paura enorme. Mi ha impressionato ciò che ha detto Obama: chi costruisce un muro costruisce una prigione per se stesso. Vorrei fare mie queste parole, spero che accompagnino il cammino del mio film».

 

 

3. MA IN ITALIA ESISTE ANCHE UN ALTRO CINEMA

Natalia Aspesi per “la Repubblica

 

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Sono come sempre centinaia i film del mondo che aspirano a essere candidati all’Oscar per il miglior film straniero: sperando di arrivare se non alla vittoria, anche solo alla cinquina finale, o almeno alla prima scrematura. Si sa che per la prossima fatale notte di premiazione in febbraio si sono già messi in coda tra gli autori celebri, il russo Konchalovsky (con Paradise che alla recente mostra di Venezia ha vinto il Leone d’Argento), lo spagnolo Almodóvar, il cileno Larraín (con il film Neruda che sta per arrivare in Italia) e adesso l’italiano Gianfranco Rosi con il suo bellissimo film Fuocoammare: che però è un documentario e non c’è quindi la certezza che la categoria cui aspira ne tenga conto.

 

Ma siccome il film verrà presto distribuito negli Stati Uniti, potrebbe aspirare anche alla categoria documentari, in cui imporre tutta la sua drammatica attualità.

 

Nel 2014 Paolo Sorrentino vinse trionfalmente l’Oscar per il miglior film straniero, ma non capita spesso che un film italiano riesca almeno ad entrare nella cinquina: dagli altri paesi, asiatici, europei, sudamericani, nordafricani, arrivano film molto più belli di quelli che noi mandiamo agli Oscar, o per lo meno dialettali, meno locali, di umanità più comprensibile ovunque.

 

Dei sette nostri film tra cui la giuria italiana doveva scegliere quello da inviare agli Oscar, c’erano le nostre piccole storie di successo locale: tranne forse Perfetti sconosciuti che però gli americani stanno rifacendo, e quell’Indivisibili di Edoardo De Angelis che infatti si è battuto sino all’ultimo con Fuocoammare: però sempre storie in dialetto incomprensibile, tra poveri, criminali, sfruttatori, immigrati, come se in Italia non ci fosse altro.

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Comunque si sa che a parte le autentiche qualità il film di Rosi era molto sostenuto da quelli che i pentastellati chiamerebbero noiosamente “poteri forti”, ma che questa volta almeno nel ramo del cinema, lo sono davvero.