DAGOREPORT - COSA POTREBBE SUCCEDERE DOPO LA MOSSA DI ANDREA ORCEL CHE SI È MESSO IN TASCA IL 4,1%…
1- "ABBIATE PIETÃ" E ALTRE CASTRONERIE
Enrico Paoli per "Libero"
Nemmeno la cronaca in diretta dal Quirinale, dove il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha ricevuto gli azzurri, riesce a far volare sopra papere e gaffe (con le quali devono aver stretto un solido patto d'acciaio), i giornalisti della Rai. Ma come fai a dire che nel Salone dei ricevimenti del Quirinale «ci sono gli uomini e non gli sportivi» e che Pirlo «è concentrato»? Concentrato? Che vuol dire, mica starà pensando a come aggirare la difesa dei Corazzieri?
Ci prova Jacopo Volpi, vice direttore di Rai sport, a correggere il tiro della collega Simona Rolandi: «Forse è ancora provato dalla sconfitta». Ecco, forse, è meglio così. Stendiamo un pietoso velo, visto che Pirlo doveva consegnare un «presente» al capo dello Stato.Magari era così concentrato per quello. Il problema è che quanto sentito in queste settimane di campionato europeo, prima, durante e dopo le partite, passerà alla storia. A partire dal colpo di genio finale di Andrea Fusco: «E ricordatevi che quelle di quest'anno saranno le Olimpiadi della Rai».
Una minaccia più che un promemoria. Insomma, nell'era della parabola e dei canali satellitari, uno sa come regolarsi. E come salvarsi. Perché siparietti come quello fra il «bullo della diretta» Marco Mazzocchi, giornalista sportivo a metà strada fra Easy Rider e Grease, e l'attore-doppiatore Francesco Pannofino sono da antologia delle cose da non dire in diretta: «Ma tu adesso da tifoso a cosa ti attaccheresti?». Anche per il conduttore dell'ultima edizione del Concertone dei sindacati quando è troppo è troppo. Meglio il silenzio. Al quale, però, se stai facendo una telecronaca non puoi far ricorso.
E allora se non sei allenato come i giocatori cadi e non ti rialzi. La critica maggiore rivolta a Bruno Gentili, voce della Nazionale assieme a Beppe Dossena, è stata quella di non azzeccare nemmeno il nome di un giocatore straniero (e talvolta, pensate, nemmeno di un italiano). Su Youtube e Facebook impazzano i video e i link che documentano gli svarioni. E dunque De Rossi, da Daniele diventa Damiano, Montolivo si tramuta in Montolivio, Balzaretti e Prandelli si chiamano ora Andrea e Mario.
Con gli stranieri poi siamo oltre: Uèlbac risponde al nome di Welbeck, Joo Tòrry a quello del glorioso capitano del Chelsea, John Terry, e Sergio Ramos è diventato Sergio Ramo. E quando non sono i nomi sono i tempi. In postazione, a Kiev, Gentili e Dossena sostengono che la Spagna «non riesce ad andare in profondità ». Trenta secondi e le furie rosse realizzano il primo gol. Poco dopo bissano: «Ci temono».
Due a zero per la Spagna. Che sfiga. Non è sfiga, invece, quella che si abbatte su Amedeo Goria, quando deve intervistare il presidente del Consiglio, Mario Monti. «Marco Mazzocchi mi chiede di chiederle quando usciremo dalla crisi». Due geni. Ora, se proprio volete consolarvi provate anche voi ad avere pietà di questi signori della parola che si sentono delle star, visto che loro, Gentili e Dossena, hanno invocato la pietà degli spagnoli. Sì, «abbiate pietà ». Ma di noi però. Perché sennò il canone chi lo paga più...
2- PANNOFINO, IL CALCIO E L'EFFETTO BORIS
Aldo Grasso per il "Corriere della Sera"
Effetto Boris. Cose indimenticabili di questi Europei: la vittoria dell'Italia sulla Germania, con i due gol di Mario Balotelli; la presenza in tribuna di Mario Monti contro la Spagna che faceva presagire il peggio (per lui il calcio andava sospeso per qualche anno), l'effetto Boris. Dunque la grande idea di Marco Mazzocchi (o chi per lui) era questa: far leggere le formazioni dell'Italia da Francesco Pannofino, il doppiatore italiano di George Clooney, Denzel Washington, Kurt Russel, Antonio Banderas, Kevin Spacey, Mickey Rourke.
Una strizzatina d'occhio (anzi, d'orecchio) al pubblico femminile. Purtroppo le grandi idee spesso sfuggono ai loro creatori e fin dalla prima serata si è capito che Pannofino non è Clooney, né gli altri; Pannofino ha una tendenza a debordare e a metterci del suo; Pannofino è irrimediabilmente «effetto Boris».
Com'è noto, «Boris» mette in scena il dietro le quinte di un set televisivo alle prese con una serie tv fasulla, il classico telefilm nostrano. Che finge di ispirarsi alla serialità americana ma non fa altro che ingigantire tutti i difetti di quella italiana, a partire dalle condizioni materiali di realizzazione: budget risicati, attori improbabili, piani di lavorazione approssimativi, troupe al limite della professionalità , telefoni cellulari sempre spenti, ecc. Spesso «Boris» additato come un esempio di satira riuscita, di atto d'accusa contro la tv.
Star indiscussa del racconto è proprio Renè Ferretti (Francesco Pannofino), «il Roberto Saviano della fiction», la caricatura del regista cialtrone, figlio di quella tv italiana che vive di budget risicati, di approssimazioni, di balle, di facilonerie, di romanità folkloriche, di indotto Rai.
Ecco, a un certo punto, forse ispirato dalla presenza di Mazzocchi, Pannofino si trasformava irresistibilmente in Renè Ferretti, l'effetto Boris prendeva il sopravvento e la Spagna faceva il resto.
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