comancheria hell or high water

LA CANNES DEI GIUSTI - BANG! BANG! FINALMENTE SI SPARA. UN BEL WESTERN MODERNO QUESTO ''COMANCHERIA'', CHE HA RISVEGLIATO I CRITICI STESI DAI FILM RUMENI DI TRE ORE. TUTTO GIÀ VISTO, MA BEN IMPACCHETTATO - MATERIALE MERAVIGLIOSO E RARISSIMO NEL DOCUMENTARIO ''CINEMA NOVO'', DEDICATO AL GRANDE MOVIMENTO BRASILIANO ANNI '60

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Marco Giusti per Dagospia

 

comancheria  hell or high watercomancheria hell or high water

Cannes. Quinto giorno. Finalmente si spara. Bang! Bang! ‎insomma un bel western moderno questo "Hell or High Water" o "Comancheria" (gran titolo), diretto dallo scozzese David Mackenzie, scritto da Taylor Sheridan, sceneggiatore anche di "Sicario", e interpretato da un Jeff Bridges in gran forma, il nuovo Capitano Kirk di Star Trek, il bonazzo Chris Pine, e il sempre piu' cattivo Ben Foster.

 

E' passato oggi a Un Certain Regard e ha risvegliato i critici stesi dai film rumeni di tre ore e dalle file interminabili del weekend. Tutti a applaudire come ragazzini. In realta', nulla che non si sia gia' visto cento volte, ma fa sempre piacere vedere i fratelli rapinatori di banca e il vecchio sceriffo che gli da' la caccia assieme al suo vice mezzo indiano e mezzo messicano. Siamo in Texas dove le banche depredano i pochi bianchi e i Comanche non sono piu' da tempo i signori della prateria.

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"Siamo i signori di niente", dice un comanche giocatore di poker che ha pure perso. E poi spiega che Comanche vuol dire uno che odia tutti, ma proprio tutti. Uno incazzato col mondo, insomma. In realta' non solo il regista e' scozzese e le musiche sono degli australiani Nick Cave e Warren Ellis (belle), ma il Texas e' stato ricostruito in Nuovo Mexico per problemi di Film Commission, come la Campania girata in Puglia da noi, e chissa' se questi indiani sono proprio indiani.

 

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Fa lo stesso. I due fratelli che rapinano banche lo fanno in realta' per uno scopo. Uno, il piu' grande e piu' cattivo, Ben Foster, perche' gli piace. E il vizietto gli ha gia' regalato dieci anni di gabbio. L'altro, Chris Pine, perche' si vuole vendicare della banca texana che ha spolpato la madre appena morta con ipoteche su ipoteche sul suo terreno. Cosi', pensa di ricomprarlo in un tempo strettissimo, o sara' troppo tardi, e quindi di regalarlo ai suo figli. Anche perche' sia lui che la banca sanno che li'  c'e' il petrolio. Buoni motivi.

 

cinema novo  cinema novo

Ma anche Jeff Bridges e il suo vice hanno buoni motivi per acciuffare i rapinatori prima che si facciano tutte le banche del Texas. Bel ritmo, ottime situazioni fra il vecchio "Solo sotto le stelle" di David Miller e l'ancora piu' vecchio "Una pallottola per Roy" di Raoul Walsh. Grandi numeri da commedia di Jeff Bridges, soprattutto quando fa cambiare canale al suo partner indiano che sentiva un predicatore alla tv. I fan di western saranno contenti. Pine ha una bella faccia, Ben Foster fa il pazzo e Jeff Bridges funziona alla perfezione. Su tutto si stende un'aria malinconica che gia' conosciamo.

 

Molto piu' malinconico, anche se con del materiale meraviglioso e rarissimo, il documentario "Cinema Novo" di Eryk Rocha, figlio di Glauber, presentato a Cannes Classics e dedicato al grande movimento cinematografico brasiliano nato a meta' degli anni '60. Basterebbe vedere i primi dieci minuti di immagini di grandi classici di Rocha, Paulo Cesar Saraceni, Leon Hirszman, Carlos Diegues, Nelson Pereira do Santos, per capire la forza ancora intatta del movimento.

 

Il dramma e' che la gran parte di questi geniali cineasti se ne sono andati ancora giovani, visto che e' esattamente la generazione di Bellocchio e Bertolucci, non a caso amici di Saraceni, Gustavo Dahl, Rocha. Un intero gruppo di cineasti, importanti non solo per il Brasile, ma per tutto il cinema degli anni 60, e' scomparso lasciando davvero un vuoto culturale incolmabile. Sentire parlare Rocha, Dahl, Saraceni ci mostra quanta intelligenza e creativita' ci fosse in quel cinema, quanta pratica politica, quanta idea di un cinema militante e assieme poetico, anche se tutto si fermera' molto presto.

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Eryk Rocha, il figlio cubano di Rocha , gia' responsabile di bei documentari legati al cinema, non ci ha fatto vedere quanto il cinema novo fosse legato al nostro cinema, ma si vede inquadrato Marco Bellocchio e Saraceni accenna ai tempi di Roma e al legame col neorealismo.

 

Non ci mostra neanche quello che fu il fratello o figlio degenere del Cinema Novo, cioe' l'underground brasiliano, detto "udigrudi", che venne ingiustamente combattuto dallo stesso Glauber e che e' invece parte integrante del movimento. Ma i materiali che scorrono sotto i nostri occhi, interviste d'epoca, backstage, film, sono talmente emozionanti che non facciamo critiche.

 

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Anche se proprio gli amici del Cinema Brasiliano che abbiamo perso in questi anni, da Dahl a Saraceni a Rogerio Sgancia, ci hanno insegnato quanto invece sia necessario parlare e scontrarsi per costruire un movimento, per farlo vivere. "Un'idea in testa e una camera nella mano non era un'idea di scrittura, ma un'idea di produzione", dice a un certo punto Gustavo Dahl. Come non dargli torto. Ma erano altri anni. Allora ci credevamo davvero.