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Aldo Grasso per "Il Corriere della Sera"
Cosa ci insegna la tv generalista, a proposito di elezioni? Che in Italia vincono quei partiti che hanno un leader, non importa se sotto forma di conduttore, di capo carismatico, di guitto, di imbonitore.
L'audience è impregnata di populismo, ha sempre bisogno di un referente, il progetto non basta, tanto meno il ragionamento. Quasi tutti i fenomeni di massa in Italia, da Sanremo ai bestseller in libreria, dai cinepanettoni alle elezioni, si rivolgono più alla pancia che alla testa, facciamocene una ragione.
I talk di lunedì sera, praticamente a reti unificate, pestavano acqua nel mortaio, qualunque cosa voglia dire questa espressione. Non c'è maggioranza ma ci sono ancora Bruno Vespa e Paolo Del Debbio, dove c'era ospite Corradino Mineo (e poi uno si chiede...). Le cose più interessanti le ho sentite a «Piazza pulita», non dai politici, ma da due che non c'entrano niente: Roberto D'Agostino e Carlo Freccero (La7, ore 21,15).
Ci voleva D'Agostino per spiegare che Bersani ha perso perché è andato a cercare voti all'estrema sinistra e non al centro, con il suo carico di metafore obsolete e la sua impareggiabile capacità di regalare voti a Grillo.
Ci voleva D'Agostino per ribadire che Berlusconi è capace di fare propaganda ma non di governare. E ci voleva Freccero per spiegare che Berlusconi è ancora il re della tv generalista, che ha fatto numeri degni di Alberto Sordi, che nessuno come lui sa parlare a quel tipo di audience che è ancora lo zoccolo duro del paese. Ci voleva Freccero per ribadire che Grillo ha saputo triangolare fra giovani, Rete e piazza reale.
Quando manca il leader (né Bersani né Monti lo sono) succede esattamente quello che succede in tv: la trasmissione appare senza identità , trasmette incertezza. Aggiungici tristoni come Fassina, Camusso, Bindi, Sechi e il gioco è fatto.
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