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Vittorio Zucconi per la Repubblica
È morto un altro dio, nell' Olimpo di stagnola di Hollywood. Harvey Weinstein, la corpulenta incarnazione del potere maschile nel paradiso dei successi cinematografici. È stato abbattuto dalla rivolta delle donne, delle attrici come Ashley Judd e dozzine di altre che hanno denunciato il creatore di Miramax, il distributore di Oscar, il tiranno che con un cenno del capo faceva e distruggeva stelle per quel molestatore seriale che era e che lui ha ammesso di essere.
«Sono un figlio della cultura degli anni '60 e '70», ha scritto Weinstein per giustificarsi in una recalcitrante confessione dopo che il New York Times aveva pubblicato la lista di attrici, stelline, impiegate, donne che avevano subito le sue prepotenze sessuali e poi erano rimaste zitte.
Sono un figlio del tempo nel quale i "mogul", i signori degli studios consideravano la scuderia dei propri attori e attrici come proprietà personale e le donne, ma non solo le donne, conoscevano la prima legge di Hollywood: la strada per il set passa per il divano nello studio del produttore.
In un' epoca di cinematografia industrializzata, dove sono le grandi corporation anonime e non più i signori con l' accogliente divano a dominare il "business", Harvey era un anacronismo, un dinosauro resuscitato. Dalle strade di Queens - lo stesso "borgo" di New York dove è nato Donald Trump - il figlio di Max, un tagliatore di diamanti arrivato dalla Polonia, e di Mira, aveva preso con il fratello Bob la strada più lunga per arrivare al vertice del potere hollywodano.
Aveva cominciato come organizzatore e promotore di spettacolini e distributore di filmetti che altri non volevano, costruendo una piccola fortuna finanziaria che tradusse nella casa cinematografica, in realtà sempre più agente che produttore, battezzata con i nomi dei genitori: Miramax, poi venduta alla Disney.
Un cammino ammirevole, un esemplare paradigma del "sogno americano" dalle strade di Queens al boulevard d Beverly Hills dove viveva con la prima e poi con la seconda moglie, Georgina, e i cinque figla avuti da loro, che ne avevano fatto un dio, come Meryl Streep, ricevendo un premio, lo aveva pubblicamente definito. Il suo portafoglio di produzioni, prima con la Miramax e poi con la Weinstein, è formidabile.
Comprende di tutto, spazzatura girata in poche settimane e capolavori come Pulp Fiction. Oscar come Il Paziente Inglese, ll Signore degli Anelli, Il discorso del Re, Chicago, flop come Marco Polo e hit come Django. Non c' era nessuno che fosse qualcuno a Tinseltown, nella città di stagnola, che non fosse passato per l' ufficio di Harvey.
leonardo dicaprio e il produttore harvey weinstein
Il suo strapotere aveva raggiunto tali livelli da aver costretto l' Accademia che assegna gli Oscar a cambiare procedura per limitare la sua influenza. Oggi, lo shock che non ha scioccato nessuno e nessuna, nel mondo del cinema. Ashley Judd e una decina di attrici sono uscite sul New York Times, puntellate da denunce giudiziarie e da transazioni per tacitarle, raccontando che il Dio era nudo.
Realmente nudo, come lui le riceveva nel proprio appartamento, spesso direttamente sotto la doccia, uno Psycho alla rovescia, invitandole a rilassarlo con non meglio precisati, ma intuibili massaggi. Weinstein ha querelato il giornale di New York per certi dettagli, ma ha dovuto ammettere la sostanza.
Si è affidato ad avvocati per difendersi e a terapisti per guarire, autosospendendosi dalla società, che non stava andando affatto bene dopo vari insuccessi. Anche se la fortuna personale di Harvey è calcolata attorno ai 150 milioni di dollari. Hollywood perdona molto, soprattutto a coloro che sanno produrre successi, e Oscar, ma la collera delle donne offese, come insegna il poeta, è un inferno dal quale difficilmente si fugge.
harvey weinstein con la moglie
Weinstein è soltanto l' ultimo in ordne di tempo a sentirne la furia, dopo Bill Cosby, la amatissima star demolita dalla scoperta del suo essere un molestatore seriale, dopo Roger Ailes, il creatore della Fox, la tv più amata dall' America perbenista e ultraconservatrice, cacciato, insieme con alcuni dei suoi più roboanti anchorman, sempre per lo stesso vizio.
E, ora, un deputato repubblicano gran difensore della vita antiabortista, costretto a dimetters per avere convinto le sue amiche incinte ad abortire, pagandole. La vendetta contro l' ipocrisia smascherata può essere implacabile. Ma non sempre. Clinton si salvò, ma almeno moralista lui non era.
E oggi a Washington regna un sovrano che di quella stessa "cultura" da spogliatoio anni '60 è un campione. L' uomo che si vantava di rimorchiare le donne allungando la mano e afferrandole per le parti intime: Donald Trump. Per un dio maschilista abbattuto, un altro sale.
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