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IL CINEMA SI INGINOCCHIA AL “POLITICALLY CORRECT”, MA SIAMO SICURI CHE DIVERSITÀ SIA SINONIMO DI QUALITÀ? – A HOLLYWOOD, LE CASE DI PRODUZIONE ADOTTANO RIGIDI STANDARD D'INCLUSIONE CHE, DI FATTO, EMARGINANO MOLTI SCENEGGIATORI BIANCHI E L’ENTE CHE GOVERNA L’OSCAR HA IMPOSTO CRITERI DI RAPPRESENTATIVITÀ AI QUALI UN FILM DEVE UNIFORMARSI PER ESSERE CANDIDATO AL PREMIO – QUENTIN TARANTINO: “L'IDEOLOGIA UCCIDE LA CREATIVITÀ E L'ARTE”
Massimo Gaggi per il "Corriere della Sera"
Gli americani amano gli acronimi e BIPOC a Hollywood ora è il più gettonato. Sta per «black, indigenous and people of color», cioè neri, indigeni, gente di altri colori. La CBS ha deciso che dall'anno prossimo la metà dei suoi sceneggiatori e autori dovranno appartenere a queste minoranze etniche. Anche la ABC e gli altri studi cinematografici hanno codificato rigidi standard d'inclusione che, di fatto, emarginano molti sceneggiatori bianchi.
Da più di un anno, poi, l'Academy of Motion Pictures, l'ente che governa gli Oscar, ha definito una serie di criteri - la piattaforma con acronimo RAISE che definisce standard di rappresentatività e inclusione - ai quali un film deve uniformarsi se vuole essere candidato al premio per la migliore produzione.
Per anni la cancel culture - la campagna per l'eliminazione delle statue di personaggi invisi alle minoranze, come i generali confederati, esploratori come Cristoforo Colombo e gli stessi Padri della Patria, da Washington a Lincoln - è stata vissuta come un parto delle accademie liberal americane nelle quali docenti e studenti cancellavano colleghi e compagni «fuori linea».
Ma è Hollywood che ha sempre avuto la capacità di anticipare (o produrre) i mutamenti socialmente più rilevanti. È appena scomparso Sidney Poitier che nel 1967 sul set di Indovina chi viene a cena aprì la strada ai matrimoni interrazziali. Anche stavolta sarà il mondo del cinema a definire i nuovi canoni sociali? Magari con una politica di inclusione delle minoranze etniche, delle donne e delle comunità gay talmente marcata da schiacciare i maschi bianchi?
Molti di loro non protestano nel timore di essere cancellati definitivamente. Sono pochi ad avere la forza di denunciare. Come Quentin Tarantino: «Ideologia che uccide la creatività e l'arte». I neri che animano la cultura woke non negano gli eccessi ma li considerano una reazione legittima ai tanti anni di forzata subalternità.
Ci sono agenzie che hanno creato database di donne, gay e neri registrati come sceneggiatori, cameramen, aiuto registi, direttori artistici, tecnici del suono: ai produttori conviene scegliere lì la squadra per un film se vogliono avere successo. I giurati dei Golden Globe hanno fatto grossi errori, ma la repentina scomparsa dalla tv e da Internet, per l'accusa di mancanza di diversity, di un evento che era il terzo show più visto al mondo fa riflettere.
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