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Valerio Cappelli per il “Corriere della Sera”
Bye Bye, grande schermo. Sono vent’anni che i produttori studiano come intercettare i giovani nelle sale, ingolosendoli con storie scritte per loro, costruite sui loro desideri, sui loro sorrisi. L’indagine che verrà presentata domani alla Festa del Cinema, a cura dell’Istituto Toniolo, in collaborazione con l’Università Cattolica e con il sostegno di Fondazione Cariplo, è impietosa. Sono stati interpellati 1600 giovani nati dal 1982 al 1994.
Le pellicole preferite, come risulta dal «Rapporto Giovani» commissionato dalla Fondazione Ente dello Spettacolo, sono americane (61,5 per cento), mentre gli italiani piacciono meno e ottengono il 33,6 dei favori. D’altra parte, secondo i dati Anica, nella top ten degli incassi nel 2014, solo tre sono titoli italiani (Un boss in salotto di Luca Miniero; Il ricco, il povero e il maggiordomo di Aldo, Giovanni e Giacomo; Sotto una buona stella di Carlo Verdone, tutte commedie).
Il funerale delle sale, tante volte minacciato, stando a questo rapporto irrompe come uno tsunami. Altro che rito della sala buia. Ci si chiede come sia potuto succedere, è come se un personaggio fosse sfuggito di mano al suo creatore, come se gli attori di La rosa purpurea del Cairo , i personaggi che fuoriescono dallo schermo, si fossero ribellati a Woody Allen.
Caro cinema, quanto mi costi. Solo il 26,1 per cento vede i film nelle sale (7 su 100 dichiarano di non andarci mai, e il 66,6 «raramente»). Il motivo è che «il biglietto è troppo caro»: sorprende che il problema sia più sentito al Nord (51 per cento). Potendo scegliere, la grande maggioranza preferisce il multiplex (70,6) perché «più ricco di servizi»; la cara vecchia sala di una volta è scelta dal 15,2 per cento.
Il 43,2 per cento preferisce vedere un film sulla tv generalista e il 20,4 li scarica illegalmente da Internet. Ma sull’utilizzo in ambito domestico, il dispositivo vincente è lo smartphone (79,4). Volete sapere che cosa influisce positivamente sulla visione del film? La possibilità di decidere quando cominciare e quante volte interrompere la visione.
L’indagine disegna un cambiamento culturale quasi «antropologico» che si affaccia dietro lo schermo e il «rito» della sala. Anche se non ha pretesa scientifica, fa capire l’aria che tira. Sembra anacronistico quello che diceva Fellini, contro le pubblicità che scheggiavano l’integrità del film in televisione («non si interrompe un’emozione»); oppure Godard: «La storia del cinema è più grande delle altre storie, perché la si proietta».
E il genere preferito del campione di giovani è infatti proprio la commedia (25,7), seguita dal thriller (18,6). Il genere sentimentale interessa a una nicchia (4,7). A dispetto del criterio di giudizio estetico ai festival, è la trama (59,3) a colpire i giovani, mentre gli attori incidono appena per il 17,1.
Quando decidono di andare al cinema si informano prevalentemente online (58,6). Andare al cinema è un’occasione per passare il tempo con gli amici e con il partner. Il cinema d’autore? Dipendesse dai giovani, resterebbe rilegato nella nicchia dei cineforum (peraltro in via d’estinzione): dicono che in futuro andare in sala sarà ancora un fenomeno diffuso, ma centrato sui blockbuster in un sistema di sale ipertecnologiche.
Altro che Nuovo cinema Paradiso . L’idea dell’emozione condivisa, per quei giovani, è un concetto astratto. Per rendersene conto basta entrare in un qualunque giorno al cinema e vedere la disabitudine a non parlare durante la proiezione o a mantenere il cellulare spento. Questa, forse, è la vera sconfitta «culturale». Per il cinema, è un brutto film.
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