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“IL PD NON SPERI IN UN PAPEETE BIS” – FOLLI: “SALVINI È IL SOLO AD AVERE IL POTERE DI FARE CADERE IL GOVERNO MELONI COME UN CASTELLO DI CARTE. ACCADRÀ? NO, È UN’ILLUSIONE, LA LEGA NON SOPRAVVIVREBBE. A SINISTRA NON POSSONO AFFIDARSI ALL’IPOTESI DI UN SECONDO 'HARAKIRI' DEL PADANO. CI SONO DISCRETI MARGINI PER ELABORARE UNA LINEA POLITICA ANTI-MELONI SENZA PASSARE PER IL SOGNO DI UN PAPEETE-2. IL TERZO MANDATO DI ZAIA COME PRESIDENTE DEL VENETO E' DECISIVO PER IL LEGHISTA. SE FOSSE AUTORIZZATA UNA RICANDIDATURA “IN EXTREMIS” DEL PRESIDENTE USCENTE, SALVINI TROVEREBBE PACE PER QUALCHE TEMPO…”
Stefano Folli per “la Repubblica” - Estratti
arianna polgatti matteo salvini al papeete 1
Il dinamismo di Matteo Salvini non è una novità. È semmai un’attitudine ricorrente per un capo politico che sa di avere molto da fare per frenare il declino del suo partito. Di conseguenza, quanti sperano o temono un colpo di testa irreparabile del leghista sono fuori strada. A temerlo sono, è ovvio, i colleghi/rivali del centrodestra, soprattutto negli ambienti di Fratelli d’Italia.
A sperarlo, invece, c’è qualche settore del centrosinistra. È evidente: Salvini è il solo ad avere in questo momento il potere di fare cadere il governo Meloni come un castello di carte.
Accadrà?
No, è un’illusione, almeno per il futuro prevedibile.
(...) È logico pensare che al vertice del Carroccio siano consapevoli che il partito rischierebbe di non sopravvivere a un altro passo falso di tale portata.
Quindi, se a sinistra vogliono ridefinire una linea alternativa al governo, non possono affidarsi all’illusione di un secondo “harakiri” del padano temerario. Questo è il primo punto. Ci sono discreti margini per elaborare una linea politica anti-Meloni senza passare per il sogno di un Papeete-2. Il fatto che finora l’area Pd-5S-Avs non sia uscita dal proprio recinto e si limiti a rispondere agli errori della destra in un estenuante ping-pong, non significa che la partita sia persa. Siamo appena a metà legislatura e il tempo non manca; semmai mancano le idee e forse il coraggio.
Secondo punto. Riguarda più direttamente Salvini e il suo immediato futuro. Vale a dire che il terzo mandato di Zaia come presidente del Veneto costituisce un passaggio decisivo. Se fosse autorizzata una ricandidatura “in extremis” del popolare presidente uscente, c’è da credere che il capo leghista troverebbe pace almeno per qualche tempo. Non c’è peggiore prospettiva per lui di uno Zaia disoccupato e desideroso di rivalsa. Il compromesso, come è stato già scritto, sarebbe un candidato espresso dalla Lega e gradito allo stesso Zaia.
Viceversa, una candidatura decisa da FdI contro l’alleato avrebbe l’effetto di una mina, con il rischio di perdere il Veneto, regione-simbolo per la destra. Bisogna abituarsi al nervosismo di Salvini, che è l’altra faccia della sua inquietudine. Avrà bisogni di posti nelle partecipate e di più potere locale. In poche parole, di tutto ciò che consolida la sua immagine all’interno del piccolo mondo leghista, dove un tempo il leader era il “capitano”. E oggi non si sa bene cosa sia.
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arianna polgatti matteo salvini giovanni toti al papeete 1
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