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Alessandra Muglia per “il Corriere della Sera”
INDIA STUDENTI IN UNA SCUOLA DI CHENNAI
Un lungo applauso ha scosso la sala di controllo del centro spaziale di Bangalore ieri poco prima delle 8 quando è giunta la notizia che la navicella indiana Mangalyaan era arrivata nell’orbita di Marte.
Al primo tentativo, come nemmeno americani e russi sono riusciti a fare (finora è fallita oltre la metà delle missioni sul Pianeta rosso). Prima dei cinesi e dei giapponesi. E con un budget ridotto (55 milioni di euro), un decimo di quello impiegato dalla Nasa. Per questo la prima missione interplanetaria dell’India appare come un’impresa memorabile. «La storia è stata creata oggi — ha esultato il premier indiano Narendra Modi in gilet rosso mentre seguiva l’operazione con gli scienziati dell’Isro, l’agenzia nazionale per la ricerca spaziale — .Abbiamo osato raggiungere l’ignoto e abbiamo realizzato quasi l’impossibile».
Il successo ha messo a tacere le polemiche che avevano accompagnato il lancio della missione nel novembre scorso, quando era stata definita da più parti come «un’inutile e costosa ricerca di prestigio internazionale» in un Paese dove un terzo della popolazione è analfabeta e solo il 50% ha accesso ai servizi igienici.
A ricompattare il Subcontinente è l’orgoglio di una nazione entrata nel club esclusivo delle potenze andate sul Pianeta rosso (solo Usa, Russia ed Europa finora erano riuscite) ma con una spesa di gran lunga inferiore. C’è la soddisfazione di essere diventato il primo Paese asiatico a riuscire nell’impresa, battendo sul tempo le potenze rivali («l’India è riuscita dove Cina e Giappone hanno fallito» titolavano ieri alcuni media locali).
A galvanizzare gli indiani poi, più che gli obiettivi scientifici (la ricerca di metano o di altre indicazioni di una possibile vita biologica) sono i risvolti economici dell’operazione. L’India ha dimostrato che può svolgere missioni complesse a basso costo e diventare trampolino di lancio per satelliti: si candida così ad attirare investimenti stranieri, che danno speranza alla nuova generazione di tecnici e scienziati. «L’India va su Marte ed è al settimo cielo» titolava il Financial Times .
narendra modi xi jinping in india
L’entusiasmo si è riversato anche sui social network. E con un tweet è stata accolta Mangalayaan nell’orbita di Marte: «Namaste @Mars Orbiter» ha scritto la sonda americana Curiosity Rover che è da due anni sulla superficie del Pianeta rosso, facendo riferimento al popolare saluto indiano e congratulandosi con gli scienziati di Bangalore. E la navicella spaziale Mangalyaan, nel suo primo tweet, ha risposto: «Howdy @MarsCuriosity? Keep in touch. I’ll be around.» (Come va Mars Curiosity? Teniamoci in contatto. Sarò qui intorno»).
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