L’ARTIGLIO DELLA PALOMBA: LARGO A FO, MINA, CELENTANO!

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Barbara Palombelli per "Il Foglio"

Lo so. Siamo oltre l'orlo del baratro, appesi al ramo come Wile Coyote, basta un soffio e precipitiamo. Lo sappiamo. La crisi italiana sta per far saltare l'Europa, l'euro, la finanza mondiale, il destino dell'occidente. Non solo. Ci sono milioni di famiglie con il frigo vuoto, le bollette da pagare, il destino incerto: siamo tutti a rischio. Dietro l'angolo, c'è perfino chi immagina un'Apocalisse.

Eppure, c'è un aspetto comico che è impossibile non rilevare. Chi sono i leader che si stanno occupando del futuro del paese, in un frangente così drammatico? Costituzionalisti? Esperti di economia? Strateghi di politica estera e relazioni internazionali? Ex presidenti, giuristi di fama, manager o imprenditori di respiro mondiale? Macché. Pettinatevi con un po' di brillantina Linetti, digerite con un Antonetto, lavate le mani con Camay, sorridete Durban's e rilassatevi.

Sedete pure in poltrona, prendete un Amaro Cora, una Ferrochina Bisleri o un Biancosarti, tirate le tendine e godetevi lo spettacolo. Per arginare la catastrofe prossima ventura si sta muovendo una squadra senza precenti. I protagonisti della televisione degli anni Sessanta, quella diretta da Ettore Bernabei e presentata dalla Orsomando, dalla Vaudetti e dalla Farinon sono scesi in campo come i supereroi dei fumetti. Siamo nelle loro mani.

In prima linea il meraviglioso Dario Fo, che gioia vedere che non gli è passato un anno. Era sul palco in piazza Duomo a Milano, martedì 19 febbraio, passavo da quelle parti e mi sono fermata ad ascoltarlo: spiegava al pubblico dei Cinque stelle i problemi del lavoro meglio di un leader Cgil. Evviva. E' ogni giorno sui quotidiani, alla radio, in tv.

Accanto a lui, c'è Adriano Celentano: le sue formule anticrisi sono a giorni alterni lanciate dal Corriere e dalla Repubblica (ieri) come il vero toccasana, l'idea a cui nessuno aveva pensato prima. Il ragazzo della via Gluck si conservava snello e lucido per scendere in campo? No, dicono solo per dettare programmi di governo trasversali, musica e parole a disposizione di leader spompati e messi in discussione dalla base. Rischi? Zero.

Poteva mancare Paolo Villaggio, ligure come Beppe Grillo, comico come lui e arcitaliano come Fantozzi? Infatti, non manca. C'è. Pronto per diventare un ministro molto influente di quel governo che avremo - dopo un paio di tornate elettorali utili per sbriciolare quel che resta di partitocrazie e caste - appena il guru e il suo Casaleggio prenderanno la maggioranza assoluta. Invece che a Palazzo Chigi, potrebbero riunirsi a via Teulada. O allo studio uno, con la regia dell'adorabile Antonello Falqui.

Mina, dalla Svizzera, è grillina con tutta la sua forza: la tigre di Cremona ha covato anche lei, nei quarant'anni di esilio tv, un codice ideale per riformare la politica. Chi non le darebbe la fiducia, con passione? E il mago Zurlì, quel Cino Tortorella che ci faceva cantare e che ha spostato quell'uno per cento di Oscar Giannino decisivo per far superare a Mario Monti il 10 per cento alla Camera, lo vogliamo lasciare senza un incarico?

Dallo Zecchino d'Oro al Tesoro senza zecchini il passo è breve. Se pensate che sia uno scherzo, provate a sfogliare i quotidiani e a guardare i talk-show. Il vero dramma è che - nella sfilata delle star che corrono in soccorso della patria - mancano dei personaggi fondamentali. I moderati, ovvero i presentatori. Dove sono Pippo Baudo e Renzo Arbore? Se fossi nei leader sconfitti del centro, proverei a contattarli immediatamente. Soltanto loro potrebbero restituire un po' di ordine alla scaletta.

 

BARBARA PALOMBELLI dario fo