INTERNET SENZA PIÙ VELI - PER COLPIRE LA PEDOPORNOGRAFIA, L’FBI È ENTRANO NEL “DEEP WEB”, DOVE POGGIANO I SITI INVISIBILI

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Gabriele Martini per "La Stampa"

Per la prima volta trema l'universo del «deep Web». L'Fbi ha concluso una maxi-operazione contro la pedopornografia online chiudendo uno dei principali servizi su cui poggiano i siti dell'«Internet invisibile». All'apparenza questi portali non esistono: se si digita l'indirizzo non si ottiene nulla. In realtà stanno nascosti in un angolo buio della rete.

Per entrare in questo mondo virtuale parallelo si utilizza «Tor», un programma che rende anonima la navigazione, prezioso strumento per gli attivisti dei diritti umani che voglio sfuggire alla censura dei regimi. Ma l'Internet «sommerso» ha anche un lato oscuro. Ed è lì che le autorità americane hanno deciso di colpire.

L'offensiva è scattata domenica, a conclusione di un'operazione durata mesi. Tre giorni prima era finito in manette a Dublino il 28enne irlandese Eric Eoin Marques, fondatore di «Freedom Hosting», considerato dagli inquirenti «il più grande distributore di pornografia infantile del pianeta». Miglia di siti sono ancora oggi inaccessibili.

Con il blitz senza precedenti cadono i miti dell'inviolabilità e dell'anonimato del «deep Web». I profeti della non tracciabilità della connessione provano a reagire. Sui forum impazzano le discussioni. «La situazione è grave - avverte un internauta -, qui ci prendono tutti. Metà dei siti del deep web erano ospitati su Freedom Hosting. Disinstallate il programma e sperate che non sia troppo tardi». Per chi frequenta l'immensa zona franca della rete, senza controlli né regole, il colpo è durissimo.

L'Fbi per ora non ha ammesso la paternità dell'operazione. Ma gli indizi sono inequivocabili: i siti sono stati infettati con un codice che ha inviato i dati personali degli internauti ad un indirizzo registrato a Washington. E la tecnica utilizzata richiama quella adoperata in precedenti operazioni del Bureau. «È chiaro che si tratta di Fbi o di qualche altra agenzia Usa», commenta l'esperto Andrea Stroppa. Per Raoul Chiesa, uno dei primi hacker italiani, «usano tecniche del cyber-crimine per combattere il cyber-crimine».

«Freedom Hosting» era noto da tempo per ospitare sui suoi server materiale pedopornografico. Nel 2011, il collettivo Anonymous sferrò un attacco in grande stile contro il servizio, accusato dagli hacker di «ospitare il 95% dei materiali pedopornografici del deep web». Quello che è certo è che la battaglia è appena iniziata.

Dopo la pedopornografia, al secondo posto della lista nera delle autorità c'è la droga. Il prossimo obiettivo dell'offensiva delle agenzie di sicurezza americane potrebbe essere «Silk Road», sito simbolo dello spaccio online.

Resta da capire che fine farà Marques. Figlio di un architetto brasiliano, ha doppia cittadinanza irlandese e americana. L'ex primula rossa della rete ora è in prigione a Dublino. Il giudice ha rifiutato la scarcerazione su cauzione temendo la fuga. Le autorità locali non pensano che lui abbia diffuso in prima persona il materiale. Il guaio è che sui suoi server c'erano le foto e i video dell'orrore: abusi sessuali su minori, torture, stupri. Le autorità Usa hanno chiesto l'estradizione. La prossima udienza è fissata per domani. In America rischia trent'anni di carcere.

 

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