L’INDECENTE “BUONUSCITA” DI CUCCHIANI - NON CACCIA NEMMENO I SOLDI PER I CONTRIBUTI PENSIONISTICI E ACCETTA DI ESSERE PARCHEGGIATO CON TANTO DI AUTISTA IN ATTESA DI ENTRARE NELL’UNIVERSO DEI PENSIONATI DI LUSSO

DAGOREPORT

Non c'è azienda o banca di grandi e medie dimensioni che in questi anni non si sia dotata di un codice etico.

Per anni la cultura d'impresa ha prodotto una letteratura sterminata sulla necessità di introdurre principi di trasparenza nei rapporti con gli azionisti, gli stakeholders, i fornitori e i collaboratori. Adesso è esploso il tema della sostenibilità e il mondo delle imprese brandisce quest'arma per apparire sempre più credibile.

Anche IntesaSanPaolo, la banca dove nella notte di domenica è rotolata la testa di Enrico Cucchiani, ha un codice etico di 24 pagine in cui c'è un paragrafo interamente dedicato alle relazioni con i collaboratori. Va detto peraltro che nell'istituto guidato dal patriarca Bazoli questo codice appare quasi superfluo, una sorta di cosmetico che ricorda i lucidalabbra delle signore che vogliono aggiungere una patina leggera per nascondere l'incipit delle rughe. È un codice superfluo perché dentro Banca Intesa l'etica si identifica da sempre con Abramo-Bazoli, interprete di una moralità che ha chiuso gli occhi di fronte ai fatti e ai misfatti di cui il suo Istituto è stato protagonista come banca di sistema.

E gli occhi sono rimasti chiusi anche nella notte di domenica quando i 29 consiglieri di amministrazione convocati per accogliere le dimissioni di Enrico Cucchiani hanno dovuto aspettare due ore prima che il manager "tedesco" mettesse a punto con Bazoli la sua buonuscita.

Secondo il quotidiano "La Stampa" i consiglieri, tra i quali spiccava un vicepresidente in jeans, si sono rifocillati con parmigiano nell'attesa che Cucchiani trovasse l'accordo per andarsene. La conclusione della lunga trattativa è stata semplicemente scandalosa e tale da mandare all'aria il presunto primato etico della banca e del suo ottuagenario presidente.

Non solo Cucchiani si porta a casa la liquidazione da 3,6 milioni che gli spetta per i quasi due anni di lavoro, ma resta pur senza poteri direttore generale dell'Istituto fino al 20 febbraio del prossimo anno quando compirà 65 anni e potrà incassare altri 1,6 milioni di stipendi prima della pensione.

Che il manager "tedesco" avesse un forte legame con i soldi si era capito sin dal suo esordio nell'aprile dell'anno scorso quando per una sola settimana di lavoro aveva portato a casa 66mila euro. Ciò che sorprende a questo punto non è soltanto la caduta verticale di reputazione della banca, ma l'abilità e la faccia tosta del dimissionario che,dopo aver ricoperto cariche rilevanti come la presidenza di Allianz, accetta di essere parcheggiato con tanto di autista in attesa di entrare nel piccolo universo dei pensionati di lusso.

È evidente che quest'uomo ,allevato nella palestra di McKinsey da cui sono usciti tra gli altri Profumo, Passera, Scaroni, Nicastro e Gotti Tedeschi, ha uno spiccato senso degli affari personali. Resta comunque il sospetto che tanta indulgenza da parte del patriarca Bazoli abbia origine non solo dal disprezzo nei confronti del lucidalabbra etico, ma da ragioni più misteriose che riguardano i dossier sui quali il presidente bresciano e Corradino Passera hanno invischiato quella che fino a ieri era la prima banca italiana.

 

ENRICO CUCCHIANI INAUGURAZIONE MITO ALLA SCALA FOTO FRANCO CORTELLINO ENRICO CUCCHIANI A BAGNAIAEnrico Cucchiani Pierluigi Toti Giampaolo Letta e la vedova Maccanico logo intesa san paoloASSEMBLEA GENERALI DI BANCA DITALIA GAETANO CALTAGIRONE E GIOVANNI BAZOLI FOTO LA PRESSE