DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
1 - UMBERTO ECO CELEBRA IL FUNERALE DELL’ITALIA CON “NUMERO ZERO”
Simonetta Fiori per “la Repubblica”
UN sorridente epitaffio il nuovo romanzo di Umberto Eco, annunciato da Bompiani per il 9 gennaio (e già comprato da una trentina di editori, che lo pubblicheranno tra primavera e autunno). Un allegro requiem che alla solennità della messa cantata preferisce la leggerezza del jazz. Invenzioni, paradossi, aneddoti, battute e giochi colti. Lo scrittore italiano più famoso al mondo ci intrattiene per oltre duecento pagine, ma chiuso il romanzo si ha la sensazione di aver partecipato a un funerale. Quello di un’Italia ormai perduta, declinante verso il Sudamerica e la sua spensierata corruzione.
Numero zero, titolo del romanzo, è anche la condizione di un paese mancato, che non riesce mai a trovare forma compiuta. Un paese dove la «réalité dépasse la fiction, e di meglio, ormai, nessuno potrebbe inventare niente». La stessa storia italiana, dai barbari al sacco di Roma, ci ha abituato a ogni cosa. E vuoi stupirti per i servizi deviati, le stragi rimaste senza colpevoli, Gladio e i depistaggi? «Cose da ridere rispetto ai Borgia», dice Maia, l’unica donna del romanzo e anche l’unica luce (con Colonna) nella tenebrosa redazione di Domani.
Siamo a Milano nella primavera del 1992, l’anno di Tangentopoli. Nel terremoto politico cerca di farsi strada il commendator Vimercate, che aspira al salotto buono della finanza. Per ricattare i potenti e bastonare i nemici, mette in piedi un giornale fasullo: solo numeri zero, che non arriveranno mai in edicola. Una potente macchina del fango, dove vero e falso sono sapientemente intrecciati e l’insinuazione è elevata a genere giornalistico. Ecco il magistrato immortalato mentre fuma nervosamente, con l’aggravante dei calzini verde pisello: potrà mai esser un giudice savio? E poi le campagne contro gli omosessuali, in redazione li chiamano “froci”. (Storie già viste? Forse perfino Eco non ha potuto inventare niente di meglio della realtà).
Nella fabbrica del cattivo giornalismo viene arruolato anche il dottor Colonna, studioso di Heine e traduttore dei tedeschi. Un perdente colto, che è andato elaborando un’interessante teoria: «Il piacere dell’erudizione è riservato ai perdenti: se vuoi vincere devi sapere una cosa sola e non perdere tempo a saperle tutte».
È Colonna il disincantato antieroe che si muove in una città sepolcrale, tra i passaggi segreti di via Bagnera e la chiesa di San Bernardino alle Ossa. Un profumo di morte pervade anche il paese e la storia fangosa degli ultimi decenni. Trame oscure su cui indaga il complottista ossessivo Braggadocio, fino a divenire schiavo dei suoi deliri: è convinto che a Giulino di Mezzegra non fu ammazzato Mussolini ma il suo sosia.
Un pazzo, che però ogni tanto dice la verità. E soltanto davanti a un insospettabile documentario della Bbc, Operation Gladio, presentato da un insospettabile Corrado Augias, Colonna si convincerà che la storia d’Italia somiglia a un’allucinazione. Poco resta da fare, se non coltivare «una calma sfiducia» nel mondo circostante. Ed è forse lo stesso stato d’animo che Umberto Eco ha voluto comunicarci, mentre con ironico distacco benedice il feretro nazionale.
2 - 2015, RITORNA TANGENTOPOLI. DAL ROMANZO DI ECO ALLA TV
Luigi Mascheroni per “il Giornale”
«Tangentopoli non è morta. La politica è sempre corrotta». Il futuro è sempre nel nostro passato, soprattutto quando entra in scena l'invenzione narrativa. Le storie di ieri prefigurano sempre i nostri giorni, e ai nostri giorni le storie di ieri sono sempre sicuri successi. Soprattutto in Italia. Soprattutto nei grandi romanzi e nelle grandi serie televisive. Se poi il plot, cui tutto gira intorno, è Tangentopoli, anno di scarsa grazia 1992, punto del non-ritorno (?) politico e morale, allora...
E così, sarà un caso, oppure sarà una intersecazione matematica della creatività italica (alla disperata ricerca di vecchie storie cui ispirarsi per ri-raccontarne di nuove) con l'ancora vergine decennio dei Novanta, sta di fatto che tra pochissimo assisteremo a uno spettacolare repêchage del 1992, in chiave pop.
Mentre infatti in marzo andrà in onda su Sky Atlantic la fiction-kolossal 1992 (già di culto?), nata da un'idea di Stefano Accorsi, anche protagonista, e diretta da Giuseppe Gagliardi, che ricostruisce la stagione di Mani Pulite - un'inchiesta si sperava fosse la medicina di un'Italia malata in cui circolava un mare di denaro, tra affari e politica, e tutto era a portata di mano, un'Italia così banalmente simile a quella di oggi, del Mose, dell'Expo o di Mafia-capitale - nei primissimi giorni di gennaio, il 9 per la precisione, Bompiani manderà in libreria il nuovo romanzo (già bestseller?) di Umberto Eco.
Brosio davanti al palazzo di giustizia durante tangentopoli
Titolo: Numero Zero (all'ultima fiera di Francoforte è stato presentato agli editori stranieri col titolo inglese That's the Press, Baby, «È la stampa, bellezza...», come da ultime parole del personaggio di Humphrey Bogart nel film-capolavoro L'ultima minaccia, in originale Deadline-Usa).
Pagine: soltanto 180, inusuale per un libro dello scrittore semiologo. Prezzo: già prenotabile su Amazon a euro 13,60. Curiosità: Umberto Eco iniziò a scriverlo nel 1994, dopo L'isola del giorno prima, poi però si fermò per scrivere Baudolino, poi sono sopravvenuti sempre nuovi progetti e finalmente, dopo Il cimitero di Praga, del 2010, ha deciso di concluderlo.
Trama: coperta come sempre dal segreto-Bompiani. Comunque, si sa che il romanzo si apre in una «allucinata» Milano del 1992, dove un gruppo di giornalisti fonda un nuovo quotidiano che, in cerca di popolarità e influenza, vive di storie a buon mercato, ricatti, denigrazione, falsi scoop (una «macchina del fango» ante litteram?) mentre qualcuno, non diversamente dagli intellettuali annoiati del Pendolo di Foucault, architetta un mostruoso piano immaginario di dominio del mondo, dando vita a una catena di eventi inspiegabili che sembrano pura fantasia fino a quando un programma della BBC rivela che, forse, è tutto vero...
E infatti, partendo dalla Milano di Tangentopoli, il romanzo, retrocedendo cronologicamente, in puro stile Eco, tra complotti e (fanta)storia, tocca i segreti e le tragedie degli anni del dopoguerra: Gladio, la loggia P2, il neofascista golpe Borghese, il terrorismo delle Brigate Rosse, la misteriosa morte, forse è un omicidio, di Papa Giovanni Paolo I, fra servizi segreti corrotti, longa manus della Cia, stragi e piste false...
Una pista (falsa?) di lettura l’ha data, forse involontariamente, Paolo Mieli, presidente di RCS Libri, cioè il gruppo che edita il romanzo di Eco, quando pochi giorni fa, alla festa degli auguri di Natale di Rizzoli, annunciando l'uscita imminente del libro (il professor Eco annuiva sornione seduto in fondo a una sala affollatissima) si è lasciato scappare che la lettura di Numero Zero, ambientato nel mondo dell'informazione, «costringe noi giornalisti a fare i conti col nostro lavoro». Un mea culpa?
E così, nel racconto di cinquant'anni di misteri italiani e collusioni tra potere politico e (contro)potere dell'informazione, in cui c'è spazio anche per la storia d'amore fra i due protagonisti, due perdenti nati, un ghostwriter fallito e una ragazza disturbata, Numero Zero (se le poche notizie lasciate filtrare in Rete non sono pura disinformazione) si propone come un perfetto manuale di cattivo giornalismo, dove il lettore è incerto sul fatto che ciò che legge sia pura finzione o qualcosa di fedele alla vita.
Una storia - in cui risuonano consumate ricorrenze letterarie di Eco e echi di criminali cronache recenti - che inizia e ritorna nell'anno-chiave 1992. Un anno che faceva presagire molti misteri e follie dei successivi venti, e che la cronaca di oggi, lungo l'asse Roma-mafia, sembra suggerire l'idea che non sia mai del tutto passato. Un incubo che pensavamo, allo stesso modo dei due protagonisti del romanzo, fosse finito. E che invece...
Pensiamo alla fiction 1992, la prima produzione Sky girata a Milano, una serie in dieci puntate per un viaggio nell'anno che ha cambiato, o doveva cambiare..., il Paese, attraverso gli occhi di cinque personaggi comuni: dal 17 febbraio 1992, giorno dell'arresto di Mario Chiesa e simbolico inizio della maxi inchiesta, al 17 dicembre 1992.
«La fiction è di assoluta attualità: molte delle vicende ripercorse evocano gli attuali scandali: lo spettatore si troverà a rivivere l'entusiasmo con cui ai tempi venne accolta l'inchiesta Mani Pulite e proverà delusione nel riflettere sul presente», disse qualche tempo fa, presentandola, il regista Giuseppe Gagliardi. Una fiction di assoluta attualità, ha detto proprio così. «Tangentopoli non è morta. La politica è sempre corrotta». Anno 1992: a volte, tutto ritorna.
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