NON SI PUO’ MAI STARE TRANQUILLI – LUCI A STOCCOLMA: VECCHIONI È TRA I CANDIDATI (CON DYLAN E COHEN) AL NOBEL PER LA LETTERATURA!

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Andrea Laffranchi per "Il Corriere della Sera"

A questo punto non sono più solo canzonette. Bob Dylan, Leonard Cohen e Roberto Vecchioni sono fra gli autori in corsa per l'assegnazione del Nobel per la Letteratura. Che il 10 dicembre sia uno dei tre a ritirare il premio o meno, il fatto che strofe e ritornelli siano stati presi in considerazione dall'Accademia di Svezia è una svolta storica per il mondo della letteratura e della musica.

Dylan è il nume tutelare dei cantautori. Da anni si parla di lui come di un potenziale Nobel, per il valore letterario e sociale delle sue liriche, ma ogni volta viene bruciato. Cohen ha le carte più che in regola: il songwriter canadese, che domani compie 79 anni, ha iniziato la sua carriera come poeta. Per Vecchioni i giurati hanno analizzato sia i testi dei suoi brani (sono oltre 200, uno proprio intitolato «Leonard Cohen») che il resto della produzione letteraria. Racconti, libri per bambini, raccolte di poesie e soprattutto due romanzi: Il libraio di Selinunte e Scacco a Dio .

Il processo verso il Nobel è lungo. Nel mese di settembre il Comitato per il Nobel invia circa 6-700 lettere a istituzioni e letterati chiedendo di esprimere delle candidature che devono arrivare entro il 31 gennaio dell'anno successivo. Parte quindi la selezione e il Comitato screma gli autori fino ad arrivare a cinque candidati (i cui nomi vengono tenuti segreti per 50 anni) le cui opere vengono poi inviate ai membri dell'Accademia di Svezia per essere lette e giudicate.

Anche se Italo Calvino (con le musiche di Sergio Liberovici), Roberto Roversi (assieme a Lucio Dalla), Pasquale Panella (con Lucio Battisti), Pierpaolo Pasolini (per Sergio Endrigo, Modugno e Laura Betti), Alberto Moravia (sempre per la Betti) e altri uomini di lettere hanno regalato dei versi alla canzone popolare, soltanto a cavallo fra anni 80 e 90 le antologie scolastiche hanno iniziato a ospitare testi di canzoni inserendo De André e altri fra gli autori degni di nota del Novecento. E nel 1996 la Treccani ha aperto al pop dedicando una voce dell'enciclopedia a nomi come Battisti, Gaber, Jannacci, De André, Dalla, De Gregori, Vasco, ma anche a interpreti come Mina e la Vanoni.

Il mondo degli intellettuali ha sempre guardato con sospetto alla canzone, come se fosse una poesia di serie B. Secondo Giovanni Raboni i testi dei nostri cantautori erano «nel 99 per cento dei casi di una pochezza terrificante». Aggiungeva però che anche considerando tutta la poesia pubblicata in Italia la percentuale non sarebbe stata diversa. Forse proprio i tre nomi scelti, Dylan, Cohen e Vecchioni, servirebbero come avvicinamento più che come strappo. La canzone non più come poesia di serie B, ma come una diversa forma di espressione letteraria. La candidatura possibile riporta poesia e musica sullo stesso livello. Sono altro e hanno pari dignità. Per dirla con Ivano Fossati: «Sono espressione di "mestieri" diversi».

2. ELOGIO DELLA MUSICA, LA TENTAZIONE DI STOCCOLMA

Enrico Tiozzo per "Il Corriere della Sera"
Venticinque anni è il periodo più lungo in cui l'Italia sia rimasta in attesa di un premio Nobel per la Letteratura. Avvenne tra il 1934 (premio a Pirandello) e il 1959 (premio a Quasimodo), ma in quel quarto di secolo si erano verificati eventi storici di una portata che superava di gran lunga il desiderio di un giudizio esclusivamente letterario da parte dell'Accademia di Svezia. L'Italia, insieme alla Germania, era considerata la principale responsabile della Seconda guerra mondiale e gli scrittori italiani in blocco dovettero rimanere a lungo seduti in castigo fra quelli ritenuti improponibili per un riconoscimento che, nei desideri del suo ideatore, deve premiare chi «ha reso il massimo servigio all'umanità».

I tedeschi dovettero attendere addirittura 43 anni: dal premio a Thomas Mann nel 1929 a quello ad Heinrich Böll nel 1972. Del resto la pubblicazione recente dei documenti, segretati per 50 anni, sul premio a Quasimodo, hanno dimostrato come la commissione Nobel nel 1959 avesse deciso di premiare Karen Blixen e che, soltanto grazie al ricorso di uno dei giurati, il premio all'ultimo momento andò invece allo scrittore italiano.

L'importanza culturale e letteraria del nostro Paese ha altrimenti comportato, nella storia del Nobel, un riconoscimento in media ogni 15-20 anni, e ne sono passati 16 dal premio a Fo. Il criterio del «politicamente corretto» insieme a quello geografico della nazionalità, con la conseguenza di un'inevitabile rotazione tra le nazioni (e le relative lingue) premiate nel corso degli anni, resiste infatti da oltre un secolo, al di là delle rituali dichiarazioni «di facciata» dei componenti dell'Accademia di Svezia, che amano ripetere in ogni situazione che l'unico metro di giudizio è quello estetico-letterario e che scrittori della stessa lingua e addirittura della stessa nazione, purché meritevoli, potrebbero essere premiati uno dopo l'altro per molti anni di seguito, evento peraltro mai verificatosi dal 1901 ad oggi.

In realtà il complesso lavoro di scrematura del quintetto degli attuali componenti della commissione (Per Wästberg, Kjell Espmark, Katarina Frostenson, Kristina Lugn, Horace Engdahl) si concentra, da febbraio a settembre, su un ricorrente nucleo centrale di candidati «forti», non più di una quarantina, tra le centinaia che ogni anno vengono candidati al premio da chi ne ha facoltà e da varie parti del mondo. I nomi dei nuovi arrivati vengono provvisoriamente messi in lista di attesa ed esiste da tempo addirittura una regola statutaria che vieta di premiare chi sia stato candidato per la prima volta.

Negli ultimi anni a questi due criteri «evergreen» si sono aggiunti quello del programmatico inserimento nel premio di Paesi mai premiati prima, e quello, molto più gratificante dal punto di vista letterario, dell'allargamento del Nobel a generi nobili e di antica tradizione ma da sempre trascurati o ignorati dai giurati di Stoccolma. Nel campo specifico della poesia - come recentemente ha dichiarato Kjell Espmark (presidente di lungo corso della commissione e suo membro autorevole) - si tratta di riconoscere l'importanza centrale di chi ha saputo lasciare il segno in letteratura non solo attraverso raccolte di liriche, romanzi e saggi, ma anche attraverso eccellenti testi e musiche di canzoni.

Sono stati fatti esplicitamente i nomi di Bob Dylan, di Leonard Cohen e di Roberto Vecchioni come esempi concreti di chi sia oggi meritevole del Nobel (e il professore italiano è infatti tra i candidati ufficiali al premio del 2013).

È un segnale molto positivo quello che viene da Stoccolma sulla candidatura di Vecchioni, non solo nella direzione di una opportuna nuova modernità di visione da parte di un'Accademia che, per tante ritualità, è invece ancora legata alla sua nascita settecentesca, ma anche, segnatamente, in direzione del nostro Paese che, già nel 1997, con il premio a Fo, ha aperto un capitolo completamente nuovo nella storia del Nobel per la Letteratura.

Premiando il teatro di Fo infatti, come l'Accademia ha messo chiaramente in luce tanto nelle dichiarazioni ufficiali quanto negli approfondimenti successivi, si è voluto premiare proprio un antico e nobile genere letterario (quello fruibile del teatro in piazza, della farsa, dell'improvvisazione, della sfida al potere, ecc.) rimasto fino ad allora escluso dai ragionamenti della commissione Nobel, che si era limitata a prendere in considerazione esclusivamente testi pubblicati, anche nei casi in cui ad essere insigniti del premio erano stati autori di teatro (mai attori però) come Bernard Shaw, Pirandello, O'Neill e Beckett.

La nuova tendenza è stata poi confermata dal premio del 2005 ad Harold Pinter, anch'egli abituato a calcare con successo le assi del palcoscenico, oltre che a mietere successi anche in campi fino ad allora considerati letterariamente «minori» come le sceneggiature per il cinema.

Adesso l'Accademia, i cui diciotto membri del resto sono appassionati cultori di musica, ha preso attentamente in considerazione (con particolare interesse per il recente Scacco a Dio ) sia l'intera ed ampia opera letteraria di Vecchioni, scandita da riconoscimenti prestigiosi (il «Giorgio La Pira», il Choice-Montale, attribuito anche al Nobel Derek Walcott, il Castelfiorentino, il Lunezia Antologia, il premio Goethe a Taormina), contrassegnata da temi filosofici profondi e da una inesausta ricerca sul significato dell'esistenza, sia la forza lirica e musicale delle sue canzoni, capace, nello stesso tempo, di far arrivare questi temi, con forza immutata, agli strati più vasti del pubblico.

Se già per il Nobel di quest'anno i favori dell'Accademia dovessero convergere sull'Italia, oltre a quella di Vecchioni, appare forte anche la candidatura di Corrado Calabrò, da tempo seguito con interesse, e quella di Curzia Ferrari. La Commissione di Stoccolma valuta con grande attenzione anche le candidature di lungo corso di Dacia Maraini e di Claudio Magris.

Anche ignorando poi le continue rimostranze degli statunitensi anch'essi da parecchio tempo in attesa del premio per la letteratura, e le pressioni di una piccola pattuglia di scrittrici canadesi (Munro, Atwood), non è del tutto escluso infine che dopo il riconoscimento del 2012 ad un romanziere cinese, l'Accademia decida di insistere ancora sulla strada delle ricognizioni geografiche ad ampio raggio in Paesi (Corea, Libano, Albania, Israele, ecc.) finora presi scarsamente in considerazione per il Nobel, rimandando cosi ancora di qualche anno il premio alla nostra letteratura.

* Docente di Letteratura italiana all'Università di Göteborg

 

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